Il coraggio e il catenaccio

Le notizie politiche più significative di questi giorni sono due: la nascita di “Coraggio Italia” e la proposta federativa di Lega e Forza Italia.

Diceva Sant’Agostino che la speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose; il coraggio per cambiarle. E Honoré de Balzac ripeteva che il coraggio è una virtù che non si può contraffare.

È probabile che i fondatori di “Coraggio Italia” abbiano gettato il cuore oltre l’ostacolo, proprio per provare a cambiare le cose, e che lo abbiano fatto senza ipocrisia.

È altrettanto probabile, però, che abbiano anche immaginato di determinare, con la loro iniziativa, uno smottamento all’interno del centrodestra. Smottamento che si è puntualmente verificato.

L’idea federativa, infatti, per quanto la si voglia infiocchettare, è in realtà la risposta frenetica, viene da dire fulminante, al progetto costitutivo di una forza politica centrale, riformatrice e liberale, europeista e atlantista. Quell’idea, se guardata con senso di realismo e senza false illusioni, appare chiaramente il tentativo del palazzo di frenare l’emorragia non solo di parlamentari di Forza Italia, ma anche di esponenti leghisti Salvini-scettici, pronti a traslocare in altri gruppi e partiti, magari proprio in Coraggio Italia. Trasloco al quale si potrebbero poi aggiungere parlamentari d’area appartenenti a forze minori e che, alla fine dei conti, potrebbe portare alla formazione di gruppi assai nutriti nelle due camere. La proposta federativa, in questo quadro, va letta come una sorta di risposta catenaccio alle fuoriuscite, un tentativo di dissuadere dalla fuga.

D’altra parte, che la nuova creatura possa costituire un richiamo seduttivo sta nelle cose. Il progetto che vi ruota intorno vuole andare a pescare al centro della destra, proprio dove Forza Italia non riesce più ad arrivare e dove la Lega, almeno quella a guida Matteo Salvini, difficilmente arriverà.

Tra il dire e il fare, lo sappiamo, c’è di mezzo il mare. Avere l’ambizione di raccogliere consensi in un determinato bacino elettorale, magari potenzialmente disponibile, non vuol dire avere già le schede nelle urne. E lanciare un gruppo in Parlamento non vuol dire avere già fondato un partito e averlo portato nelle case degli italiani, nelle città, nei luoghi di lavoro, in quelli di studio e via dicendo. L’ambizione e il gruppo parlamentare si devono tradurre in proposte concrete, in messaggi chiari, innovativi e, per attecchire, devono essere lanciati da una classe dirigente finalmente competente, dopo la sbornia populista di questi anni, dopo falsi profeti, falsi rivoluzionari e falsi statisti.

Tutte cose, queste, ancora da verificare. Ma per intanto l’iniziativa ha avuto un merito indiscusso: far balenare nella mente di molti che cambiare si può, che si può anche nel centrodestra e che qualcuno è pronto a farlo, scommettendo e rischiando in proprio su progetti alternativi a quelli storicamente dati. E questo è già molto.

Coraggio viene da “cuore” che, unito al verbo “avere”, significa “avere cuore”. Avere cuore è importante, ma avere progetti credibili, concreti, innovativi vale ancora di più per portare i voti nelle urne. Saranno i progetti, allora, la vera cartina di tornasole della solidità dell’iniziativa avviata in questi giorni.

Per ora scorrono i titoli di testa, tra poco inizierà il film e noi seguiremo la trama con grande attenzione e molta curiosità. La speranza è che abbia sostanza narrativa originale e non sia un polpettone infarcito alla bell’e meglio. Fosse così, pronti a uscire dalla sala prima della fine della pellicola.

(*) agiovannini.it

Aggiornato il 14 giugno 2021 alle ore 09:18