Grave errore introdurre la politica nel caso di Voghera

Va pur detto che Massimo Adriatici ce la mette tutta anche adesso a infoltire la questione del fatale sparo, anche se il diritto alla difesa è sacrosanto. Ma al di là della sommatoria invero cospicua di analisi e controanalisi, di pareri variegati, di giudizi severi o superficiali, i fatti sono ineludibili nel senso che parlano chiaro, parlano da soli. Semmai il punto vero è, a suo modo, politico.

Non vi è dubbio, infatti, che fin da subito in concomitanza della uccisione del povero Youns El Boussettaoui, la politica ha fatto capolino nel giudizio del fatale colpo di pistola dell’assessore vogherese. Già prima di capire bene non soltanto la dinamica dell’evento ma, soprattutto, senza serie notizie a proposito dello sfortunato marocchino.

Ne sono derivate considerazioni di più parti – persino Enrico Letta ha voluto dire la sua in nome del più scontato e superficiale politically correct – ed era, è inevitabile che il fatto, per meglio dire la pistolettata, sia stata inquadrata innanzitutto nella collocazione leghista dell’assessore Adriatici e poi staremmo per dire nella conseguente logica della caccia all’immigrato, tanto più se sbandato e poveraccio.

Il fatto è che nell’accaduto si sommano tutti gli elementi di una tempesta (politica) perfetta come propaganda anti-leghista e, dunque, anti-Matteo Salvini: la visione della immigrazione, della sicurezza, della legittima difesa e, last but not least, la figura dell’assessore alla Sicurezza ex poliziotto, con la pistola in tasca, con il grilletto facile.

Il che ha fatto scrivere da qualche parte che all’assessore, lo stesso gesto più o meno volontario ma comunque iscritto nell’album della sicurezza personale, altro non poteva essere che, appunto, la manifestazione di una ben precisa identità politica.

La voluta mancanza, anche da parte di certi media schierati, di un approfondimento necessario del contesto, ha fatto degli elementi di cui sopra una sorta di clava anti-salviniana, peraltro nel silenzio diffuso dei suoi alleati, come era del resto prevedibile.

Eppure, proprio dalla cruda realtà dell’accaduto, in primis dalla vittima, una riflessione dovrebbe prevalere e riguarda proprio il tema dell’immigrazione, dell’apertura, dell’accoglienza sempre, comunque e di chiunque, a tutti i costi.

In un tessuto sociale come il nostro nel quale la frequenza degli abitanti non è e non può essere “rose e fiori” per i non pochi sbandati, senza lavoro e senza fissa dimora, il grande problema dei controlli sul territorio e, prima ancora, dei controlli alla frontiera, si impone insieme alle emergenze sanitarie cui porre rimedi tempestivi ed efficaci e di cui quella del povero marocchino è un esempio fra i tanti.

Introdurvi le demagogie e le strumentalizzazioni della politica è, questo sì, il segnale di una caduta di valori e di identità.

Aggiornato il 26 luglio 2021 alle ore 09:37