Il dubbio amletico di Matteo Salvini

mercoledì 4 agosto 2021


Houston, abbiamo un problema. Con l’accelerazione dell’immigrazione illegale dalla sponda africana ieri è stata toccata la cifra record di 29.968 persone sbarcate sulle coste italiane dal 1 gennaio (fonte: ministero dell’Interno – cruscotto statistico immigrazione). Circa il doppio di quelle approdate nello stesso periodo lo scorso anno (14.658) e dieci volte quelle che giunsero nel 2019 (3.923) quando al Viminale c’era Matteo Salvini.

Di questo passo si rischia di sforare quota 100mila sbarchi entro il prossimo 31 dicembre, se non interverranno cambiamenti radicali nella gestione del fenomeno migratorio da parte del ministero dell’Interno. Il leader leghista se la prende con la ministra Luciana Lamorgese, alle cui spalle però si scorgono i profili di due edifici monumentali: Palazzo Chigi e il Quirinale. Lo abbiamo detto in passato, riguardo a una diversa vicenda, e lo ribadiamo adesso con maggiore convinzione: Mario Draghi non è l’essere perfettissimo. Finora ha fatto molte cose giuste ma sul capitolo dell’accoglienza degli immigrati sta sbagliando a non mettere becco nel colpevole immobilismo del Viminale.

In queste ultime ore sull’isola di Lampedusa si sono susseguiti gli sbarchi di centinaia d’immigrati irregolari mentre due navi delle Ong, la Ocean Viking di Sos Mediterranée e la Sea Watch 3 con a bordo rispettivamente 555 e 263 clandestini, fanno rotta verso la perla delle Pelagie provenendo dalle acque antistanti la costa libica. Un numero enorme d’immigrati che vanno a intasare gli hotspot e i centri di accoglienza attivi in Sicilia. Non si può fare. Non si può ricadere nell’incubo nel quale abbiamo vissuto negli anni dei governi di Matteo Renzi e di Paolo Gentiloni. Soprattutto, non lo si può fare con la Lega che è nella maggioranza parlamentare di sostegno a Draghi. Eppure, stringere le maglie di una frontiera meridionale che è tornata a essere un colabrodo non sarebbe un regalo all’ingombrante alleato di governo ma un doveroso atto da spendere per ragioni di sicurezza nazionale. Già, perché a differenza della stagione d’oro (2013-2017) dell’accoglienza illimitata dei clandestini, è sopraggiunta una variabile non prevista che ha inciso profondamente nella vita degli italiani: la pandemia.

Ora, con tutto il rispetto per gli sciagurati che tentano la carta dell’Italia per darsi un futuro lontano dalle terre natie, non è accettabile che masse di disperati giungano indisturbate sulle nostre coste, prive della pur minima protezione sanitaria contro il virus. Tuttavia, saremmo degli ipocriti se ci limitassimo a porre il problema esclusivamente sul piano della prevenzione del contagio, che comunque c’è e non può essere derubricato ad argomentazione dell’armamentario ideologico xenofobo. Il Governo Draghi, per la miscela di destra e sinistra in esso contenuta, è un ircocervo, più mostro mitologico che animale fiabesco. Il principio innaturale che lo regge vuole che nessuna bandiera della propaganda partitica prenda il sopravvento. Ragion per cui la sola presenza della Lega nel “Governo degli opposti” non basta ad annullare il traffico di migranti illegali nel Mediterraneo centrale. Nondimeno, spiacerebbe non poco se Salvini e i suoi dovessero avvitarsi in un rischioso loop generato dal sostegno a Draghi a qualsiasi prezzo e condizione. Ciò detto, il problema va risolto prima che l’emergenza clandestini divenga ingestibile.

Il punto critico da considerare, e che l’approdo a Palazzo Chigi dell’ex capo della Banca centrale europea non ha superato, attiene all’alto numero di nostri concittadini che versano in stato di povertà assoluta. L’ipotesi che si torni a spendere somme stratosferiche, attinte dal bilancio pubblico, per rimettere in piedi la macchina dell’accoglienza quando sono in tanti gli italiani che, dopo quasi due anni di lockdown, non riescono a combinare insieme il pranzo e la cena, potrebbe rappresentare motivo d’innesco della protesta sociale. Nel Paese il clima è tutt’altro che sereno, se poi ci si mettono le esagerazioni di zelanti servitori dello Stato a inasprire gli animi si corre il rischio che l’equilibrio intracomunitario salti del tutto. Si prenda il caso, riportato in un articolo di Chiara Giannini su Il Giornale, di un’ordinanza della Questura di Roma per 25 immigrati che saranno trasferiti presso l’hotel Sheraton Parco dei Medici della Capitale, un resort a 4 stelle, con piscina, wi-fi e servizi d’eccellenza da 100 euro a notte. Cose del genere, se confermate, sono uno schiaffo alla miseria. E che tali decisioni vengano prese da apparati della Pubblica amministrazione, nonostante la presenza della Lega al Governo, può scatenare una reazione negativa nell’elettorato di destra. Si dirà: c’è Giorgia Meloni pronta a raccogliere la delusione del popolo leghista. Andiamoci piano! Non è detto che una fuga dalla destra un tempo più intransigente nel contrasto all’immigrazione clandestina provochi un flusso tra vasi comunicanti. C’è la concreta possibilità che una porzione robusta di quel bacino elettorale leghista, dato finora per consolidato, vada a ingrossare le fila degli astensionisti. Sarebbe un regalo insperato a una sinistra altrimenti perdente. Salvini ha fiutato il pericolo di rimanere incastrato in una contraddizione irrisolvibile, perciò ha fatto la sua mossa (tiepidina) adombrando la possibilità di non proseguire l’esperienza governativa se la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, non dovesse cambiare atteggiamento di fronte alla marea montante degli sbarchi incontrollati. Ma sarà vera minaccia? Troppo importante non perdere contatto con la stanza dei bottoni nel momento in cui è avviata la maxi operazione del soccorso finanziario europeo alla ripresa economica dell’Italia.

La strada per Salvini si presenta stretta. La Lega si gioca parte del consenso conquistato se la crisi migratoria dovesse subire nei prossimi giorni un’impennata a causa dell’instabilità politica della vicina Tunisia e visto il chiarissimo rifiuto dei partner europei di farsi carico anche in minima quota della crisi che si sta abbattendo sull’Italia. Con il semestre bianco del presidente della Repubblica appena cominciato siamo alle prime mosse di una partita a scacchi tra forze politiche che si annuncia particolarmente cruenta. Il leader leghista, sulla gestione dell’accoglienza, non può accontentarsi di un compromesso al ribasso per salvare la faccia, ha bisogno di un’inversione di marcia che Mario Draghi non gli concederà, evitando accuratamente di virare in direzione di una politica di contrasto alle Ong che la stanno facendo da padrone nell’attività di trasferimento degli immigrati dalle acque libiche ai nostri porti.

Ora, delle due l’una: se Salvini darà seguito alla minaccia di lasciare l’Esecutivo arresterà l’emorragia di consensi, ma nel contempo avrà “regalato” Mario Draghi alla sinistra che s’intesterà i risultati dell’azione di governo. Se, al contrario, il leghista resterà fermo sulle odierne posizioni, andrà incontro a un bagno di sangue elettorale, accusato di aver ammainato per ragioni di bottega una delle bandiere ideali più avvertite dal popolo della destra. È il momento per il “Capitano” di tentare la “mossa del cavallo”. Gli occorre di estrarre dal cilindro del prestigiatore un’idea originale sulla vicenda migratoria che lo tiri fuori dall’angolo nel quale è stato relegato all’atto stesso della nascita dell’Esecutivo Draghi da un’astuta regia quirinalizia nella distribuzione delle poltrone ministeriali particolarmente sensibili. Come lo è quella del Viminale.

D’altro canto, ci sta che la strada di un leader dalle grandi ambizioni sia costellata di trappole. Non è ipotizzabile che il capo leghista avesse pensato che l’ascesa alla guida dell’Italia sarebbe stata una passeggiata di salute sull’onda dei tweet e dei selfie. Sursum corda! Matteo. È il momento di mostrarci di che pasta sei fatto. Se realmente la guida oggi della destra plurale e, domani, dell’Italia sia pane per i tuoi denti.


di Cristofaro Sola