Il referendum sulla cannabis, occasione liberale per il centrodestra

Perché non abbandonare una volta per tutte le bandierine ideologiche proibizioniste mollando un bello schiaffone ai pregiudizi del centrosinistra e del suo zoccolo duro di elettori nei confronti del tasso di liberalismo interno al centrodestra? Dopo anni di ideologismo punizionista per il centrodestra questo referendum sulla parziale legalizzazione della cannabis potrebbe essere un’occasione da sfruttare.

Non che si debba dimostrare ad alcuno di non essere “brutti, sporchi e cattivi”. Quello no. Ma certo non sarebbe male attrarre quell’enorme potenziale di elettorato liberale che si è da tempo rifugiato in alcuni partiti della sinistra, tra cui “Italia Viva” di Matteo Renzi, o in un disperato e persistente astensionismo, per mancanza di un reale mercato politico nel centrodestra. Che sembra avere un immaginario ancora confinato alle divisioni degli anni ’70, quando a “farsi le canne” erano “solo” i compagni e a essere contro, anche con lo scontro fisico, i camerati. Questa versione ideologica riproposta oggi dall’attuale populismo furbetto di “Fratelli d’Italia” – e in parte condivisa nell’ambiguità oscillante del partito di Matteo Salvini – è una weltanschauung troppo stretta per l’elettore moderato. Che si aspetta dal centrodestra il riproporre temi libertari nell’economia ma anche nella convivenza sociale. Magari evitando battaglie di retroguardia demagogica e irresponsabile come quella sul green pass e sull’obbligatorietà vaccinale che sembrano fatte apposta solo per attrarre a sé qualche migliaio di voti grillini in libera uscita.

Ma chi ci pensa invece nel centrodestra a quelle libertà fondamentali delle scelte umane che comprendono non solo la facoltà di usare una sostanza tutto sommato innocua come la cannabis, che per di più ha anche valenze terapeutiche che né il tabacco né l’alcool possiedono? E chi si occupa nel centrodestra di quelle centinaia di migliaia di potenziali elettori che potrebbero nel corso della propria esistenza trovarsi di fronte al dilemma sull’eutanasia, magari a causa di una vita non più degna di essere ritenuta tale? Per non parlare della seconda giovinezza dell’istituto referendario abrogativo previsto dalla Costituzione – da non confondere con quello propositivo plebiscitario che volevano fare passare i Cinque Stelle – dovuta alla possibilità di mobilitare centinaia di migliaia di cittadini con la firma digitale?

Fosse vivo Marco Pannella, credo che su questa nuova epoca referendaria si sarebbe buttato con entusiasmo. E di certo dal cielo oggi benedirebbe. Ma il centrodestra invece che mobilitare i suoi editorialisti più retrivi, con argomenti già risibili trenta anni orsono e con afflati neo-proibizionisti da Stato etico ormai fuori tempo massimo, che aspetta a cavalcare questa tigre liberale che invece resta a disposizione dell’opportunismo “de sinistra”?

Aggiornato il 21 settembre 2021 alle ore 09:13