Una Lehman Brothers cinese?

Guardiamo questo video sulla demolizione controllata in meno di 45 secondi, con 4,6 tonnellate di esplosivo, del complesso di grattacieli del progetto immobiliare Liyang Star City in Cina. È una bella e plastica metafora del collasso della bolla immobiliare in questo Paese. La Cina ha costruito per anni “città fantasma” per gonfiare il Pil: condomini vuoti che per i pianificatori centrali sarebbero stati occupati da migranti provenienti dalle campagne ma che per mancanza di domanda, alla fine, hanno dovuto essere demoliti come le torri filmate di cui, dopo otto anni di abbandono, le piogge hanno compromesso l’integrità delle fondamenta. Uno dei tanti esempi di come la pianificazione statale genera spreco di risorse su vasta scala.

Ora il Dragone sta vivendo il fallimento di uno dei suoi maggiori attori privati in questo settore, l’Evergrande, società di importanza sistemica cresciuta sulla scia della bolla immobiliare pubblica e sprofondata sotto una montagna di passività per un totale di oltre 300 miliardi di dollari (254 miliardi di euro). Negli ultimi anni, approfittando della frenesia immobiliare, Evergrande aveva intensificato le acquisizioni di terreni edificabili. Ma un anno fa, questo gigante immobiliare ha iniziato a vacillare dopo le misure introdotte da Pechino per controllare il livello di indebitamento dei principali promotori immobiliari. Evergrande ha cercato di mantenersi a galla, facendo affidamento sulle prevendite attuando una politica di sconti elevati. Come riferisce Bloomberg, citando i dati dello scorso dicembre, gli investitori hanno versato acconti su circa 1,5 milioni di unità immobiliari.

La situazione oggi è la seguente: entro la fine di quest’anno la società deve 669 milioni di dollari in pagamenti di cedole di obbligazioni denominate in dollari ma non ha liquidità. Il giorno della resa dei conti si avvicina a gran velocità, perché l’agenzia di rating Fitch ha ridotto il rating creditizio di Evergrande a spazzatura, facendo scendere le sue azioni a Hong Kong di oltre l’80 per cento, mentre la settimana scorsa, la Borsa di Shanghai ha sospeso le negoziazioni. Come evitare una crisi di liquidità capace di innescare una spirale mortale? Ecco perché durante il fine settimana la società immobiliare ha offerto di ripagare gli investitori in natura con le sue stesse proprietà a prezzi scontati. Strategia audace! Se sei creditore, quindi, potresti ottenere, invece di denaro, un appartamento cinese libero da vendere (si spera) in cinque o dieci anni.

Perché la questione è seria? Perché Il settore immobiliare è uno dei principali motori della crescita della Cina, responsabile del 29 per cento della produzione economica, e il fallimento di una società così importante avrebbe enormi ripercussioni, dalle materie prime (l’Australia che fornisce gran parte dei materiali da costruzione è finora il Paese più colpito), alla finanza (i prestiti utilizzati per costruire gli edifici e finanziare i mutui per i consumatori). “Il crollo di Evergrande sarebbe il test più grande che il sistema finanziario cinese ha dovuto affrontare da anni” ha affermato il capo economista asiatico di Capital Economics.

Chi ha familiarità con i cicli e le tendenze dei mercati sa che siamo entrati nel periodo più volatile dell’anno quando, se deve succedere qualcosa di spiacevole, si verifica di solito proprio tra settembre e ottobre. A inaugurare questa fatalità ricorrente è stata questa volta la Cina con Evergrande, il più grande emittente di obbligazioni in dollari ad alto rendimento del Paese e che potrebbe generare una crisi di liquidità a cascata con la prospettiva di contagio molto concreta, non solo per le banche cinesi ma anche per quelle europee che hanno una massiccia esposizione col Dragone.

Il che ci porta a rilevare una coincidenza inquietante. Evergrande ha annunciato la sospensione delle sue obbligazioni nei mercati a metà agosto, lo stesso periodo in cui Lehman Brothers falliva portando alla crisi dei subprime e travolgendo nel 2008 l’economia mondiale. Se la Cina lasciasse fallire Evergrande, potrebbe verificarsi qualcosa di simile. Ma non crediamo che succeda. Dubitiamo infatti che Pechino possa permettere un default che minerebbe la stabilità del regime: scongiurare disordini sociali è sempre in cima all’agenda della leadership cinese. Alla fine, quindi, Evergrande sarebbe ritenuta “troppo grande per fallire”.

Tuttavia, finché un piano di salvataggio convincente non sarà annunciato i mercati resteranno nervosi e, in ogni caso, un rallentamento dell’economia cinese è qualcosa con cui dovranno fare i conti. Per anni, molti osservatori della Cina hanno aspettato che l’economia passasse dalla crescita immobiliare a quella infrastrutturale ad alta intensità di capitale e dalla crescita della domanda esterna a quella interna grazie a una classe media in espansione. Ma se Evergrande verrà salvato, questo processo subirà ritardi. Al momento sappiamo che circa 1,5 milioni di persone hanno collocato depositi su nuove case che devono ancora essere costruite. Ma potrebbero essere di più. Saranno soprattutto loro a pagare l’onere del salvataggio.

Aggiornato il 23 settembre 2021 alle ore 09:26