Quando l’antifascismo diventa un’arma contundente

Più passano i giorni e ci allontaniamo da quel sabato nero, diventano sempre più chiari l’abuso e la strumentalizzazione dei termini fascismo/antifascismo che hanno riempito pagine su pagine, talk show, social, discussioni nei bar. Ci dobbiamo porre, onestamente, l’antica domanda del “cui prodest?” a meno che il chiederlo non costi fin da subito qualche rimorso che l’abuso ha indotto.

Del resto, all’interrogativo non mancano risposte al di là degli stessi media, giacché la giornata di sabato, voluta fortemente dal Partito Democratico seguito da uno scodinzolante Movimento Cinque Stelle, intende essere, appunto, la risposta antifascista al sabato fascista e squadristico ai danni della Cgil e del pronto soccorso del Policlinico Umberto I. Una risposta antifascista, dunque, tanto più pressante quanto più piazzaiola e tanto più urgente quanto più in violazione del silenzio elettorale, violazione che un leader come Enrico Letta ha tranquillamente imposto. Silenzio, peraltro, rotto proprio dalla piazza urlante e sfascista della settimana precedente. In questa sintonia contro le regole va da detto che fascismo e antifascismo pari sono. Ed è inquietante l’indifferenza dei due contendenti rispetto a una sacra norma voluta dai nostri padri costituenti, e, da allora, sempre rispettata.

A mente fredda, si dovrebbe rivedere il nastro di quella giornata perché da una più attenta analisi, senza condizionamenti ideologici, potremmo innanzitutto attribuire ai violenti scalmanati il termine più appropriato di ribelli contro l’ordine pubblico (peraltro mantenuto con larga insufficienza da parte della ministra competente). Il ribellismo non è né di destra né di sinistra, è, per molti aspettti, pre-politico anche se, come in questo caso, ha trovato una sponda con i populisti, il che non basta ad additarlo come fascista. Ed è ulteriormente dovuto a una certa superficialità paragonare il violento teppismo con lo squadrismo del 1921; è anzi probabile che l’attributo di fascista non dispiaccia affatto alla marmaglia vista una settimana fa, nobilitata da una qualifica a suo modo “migliorativa” della loro volgare indisciplina, ribellista e confusionaria.

Il Paese è percorso da inquietudini e difficoltà ed è su questo diffuso malcontento che si enfatizza l’antifascismo non ignorando che, storicamente, tale enfasi è da sempre una strategia comunista e post-comunista da utilizzare senza scrupoli contro la “famigerata estrema destra” in combutta se non, addirittura, figlia del fascismo. Ed è così che una manifestazione contro il Green pass, turbata da un finale di violenza a essa estranea, diventa l’occasione per evocare il pericolo fascista inneggiando all’antifascismo con lo scopo, innanzitutto, di indebolire Matteo Salvini e Giorgia Meloni.

Aggiornato il 19 ottobre 2021 alle ore 09:10