Per non saper né leggere né scrivere

lunedì 22 novembre 2021


Anno 1977. Prima Liceo scientifico di una graziosa cittadina ligure, cattocomunista, (sia la cittadina, sia l’istituto scolastico). Insegnante di Lettere, tronfia della propria ideologia marxista, decide di “indottrinare” gli “ignoranti” studenti della propria classe, offrendo gentilmente loro la propria biblioteca personale, dalla quale attingere le fonti della letteratura italiana. Tutti accettano tranne uno. Sì, il solito bastian contrario, il solito anarcoide, il solito ad andare controcorrente, il solito Dalmazio, subito quindi marchiato come “fascista”. “Fascista” semplicemente perché già allora il sottoscritto leggeva – e dai su, Internet non c’era e avevamo soltanto la carta stampata, la tv, la radio e il cinema se volevamo sapere qualcosa che esulasse dalla “formazione scolastica” – una mole di libri e di altro, nettamente superiore non solo a quella letta dai suoi compagni di classe, ma di sicuro anche di quella vantata dall’insegnante stessa. Semplicemente il sottoscritto aveva deciso di pensare da individuo libero e scegliere le proprie letture – giuste o meno che fossero – senza farsele imporre da nessuno. Né di destra né di sinistra, ne confessionale né ateo. Questo e altre ribellioni mi valsero la bocciatura della quale vado fieramente orgoglioso ancora oggi.

Oggi, anno 2021, è notizia ormai diffusa del voler abrogare, abolire, cancellare, obliterare, la prova scritta d’italiano all’esame di maturità. Non potevamo che giungere a questo punto di non ritorno, cosa vi aspettavate? Quale miglior metodo di Governo distopico, di dittatura morbida come la carta igienica a quadruplo strato di pura cellulosa, di quello che crea soltanto una fonte di “cultura” e d’informazione basata sui media digitali, televisivi e cartacei, abilmente pilotati? Togliere la lettura, obliare i libri e la carta stampata libera, è il primo passo verso l’imposizione del pensiero unico e a qualcuno questo forse potrebbe ricordare non soltanto il rogo dei libri “immorali” compiuto durante il Terzo Reich, ma anche il caso di una certa Ipazia uccisa per aver voluto essere libera nel proprio pensiero. Sì, perché esiste una grande differenza tra essere “liberi pensatori” e “pensatori liberi” e questi ultimi, l’attuale liquida e inclusiva società, li rifiuta e li condanna a una vera e propria morte civile.

Togliamo dunque il “tema” anche dalla maturità – io che alla mia feci anche quello di altri due miei compagni – togliendo così qualsiasi forma di educazione al pensare, oltreché allo scrivere in un italiano che sia degno di tale nome e non un coacervo di errori sintattici da prima elementare, così come troppo spesso si vede anche in persone che vantano master e dottorati. Pertanto, non leggendo, non scrivendo, se non i messaggi su Facebook o su Whatsapp, si rimbecilliranno ancora maggiormente e sempre di più le menti ancora in formazione, retrocedendole di fatto a quelli che chi ha la mia età ricorda come i “pensierini” della Prima classe elementare. L’Italia che è stata per secoli la patria del bello scrivere, dell’arte della scrittura, esempio fulgido persino per i popoli di lingua non neolatina, ancora una volta compie così un passo verso il suicidio culturale, gettandosi nel baratro tanto agognato dell’ignoranza accogliente. Non c’è bisogno di bruciare i libri come in Fahrenheit 451, lo stanno già facendo rendendo la vita difficile alle case editrici, soprattutto a quelle libere dai grandi colossi corporativi, con una media di lettura pro capite oggi bassissima rispetto a quella, non dico dei nostri genitori o nonni, ma anche soltanto a quella degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso.

Toglieranno dunque, forse, anche il tema, sostituito magari da un modulario da riempire con le crocette o con le spunte, sia mai che qualche burlone “fascista” alla crocetta unisca un cerchio per irridere questa istituzione scolastica che negli ultimi decenni, fatti salvi rari casi, ha prodotto la più vasta pletora d’ignoranti di ogni altro secolo. E il primo che sento dire male del Medio Evo, giuro, lo prendo a calci nel deretano!


di Dalmazio Frau