Abuso di Costituzione

lunedì 10 gennaio 2022


Chissà perché, quando si inscena una protesta, l’argomento più abusato è la difesa della Costituzione, nella quale – si dice – sono scolpiti i baluardi che proteggono, senza eccezione, tutte le libertà oggetto di rivendicazione. Confesso che l’automatismo in questione mi ha sempre fatto sorridere, apparendomi frutto di una presunzione fondata più che sulla lettura del testo costituzionale, sulla creatività dei fantasiosi interpreti.

La Costituzione, al pari di ogni legge – dalla quale differisce esclusivamente per la posizione nel sistema delle fonti – non è il lasciapassare per le velleità di chi la sventola, ma un complesso di regole, prevalentemente a contenuto precettivo, che definiscono l’intero ordinamento giuridico di un certo Paese. I contenuti del testo esprimono, in termini generali, concetti consolidati tradotti in norme vincolanti per tutti: per il legislatore che deve impiegarli nelle leggi ordinarie; per il Governo cui spetta realizzarli; per i giudici sui quali incombe il dovere di garantirne l’applicazione. I cittadini, le persone sanno, o dovrebbero sapere, che la Costituzione è, anche, il limite al potere dello Stato. La sintesi che precede consente di cogliere lo scopo che anima chi si contrappone ai provvedimenti emanati dal legislatore, dall’Esecutivo o dai giudici: riaffermare la Costituzione violata.

Questa, però, è una semplice prospettiva, un punto di vista che esprime soltanto la posizione di chi decide di protestare, magari leggendo in Costituzione ciò che, nella Carta, non è scritto. Ho letto della intenzione di dare vita a un Comitato di liberazione nazionale, come accadde in passato. Fedele al mio impegno di non entrare nel merito delle questioni, mi limito a sottolineare che, pur al netto della eccessiva enfatizzazione, la Costituzione non è una bandiera da agitare per finalità politiche, ma un pezzo di carta sul quale è scritto che cosa si può fare quando i provvedimenti (di legge, amministrativi, giudiziari) sembrano contrastarla. I giuristi, queste cose, le sanno. Dovrebbero anche dirle, per evitare di essere scambiati per semplici comizianti.


di Mauro Anetrini