Elezioni, il centrodestra e la portata della vittoria

Una cosa è certa: il centrodestra vincerà le prossime elezioni politiche. Meno certa, invece, è la portata della vittoria. In proposito, ritengo che i dieci punti di vantaggio che i sondaggi assegnano al centrodestra siano eccessivi. Prudentemente, ne possiamo dare cinque o sei di punti, sufficienti per una larga affermazione. Infatti, è plausibile che Fratelli d’Italia giungerà al 15 o 16 per cento, ma anche che i pentastellati, da soli, possano superare il 10 per cento, mentre Carlo Calenda potrebbe pagare caro il suo errore nell’essersi alleato (inizialmente) con Enrico Letta e Forza Italia, pur risollevata da un impegno elettorale personale di Silvio Berlusconi, difficilmente potrà superare il dodici o tredici per cento.

Detto questo, va notato come oggi il vero problema per il centrodestra non sia vincere le elezioni, ma riuscire a governare dopo aver ottenuto il successo. Intendo dire che a parte la Lega, la quale gode di un personale politico avvezzo almeno ad amministrare le Regioni, Forza Italia e Fratelli d’Italia non sembrano possederne uno all’altezza per formare un Governo nazionale autorevole. Per ciò che riguarda Forza Italia, basti considerare come essa abbia mandato, nell’Esecutivo presieduto da Mario Draghi, Mariastella Gelmini e Mara Carfagna, vale a dire due esponenti politici di assai modesta caratura e tali da non far rimpiangere Luigi Di Maio quale ministro degli Esteri: segno, questo, che non ne aveva di migliori. E, d’altra parte, Forza Italia nel corso degli anni ha subito l’uscita di scena dei suoi elementi più significativi: si pensi a Giuliano Urbani, Antonio Martino, Vittorio Mathieu.

Fratelli d’Italia, invece, a parte Ignazio La Russa, Lucio Malan e la stessa Giorgia Meloni, non pare avere nessuno. Ma a ciò si potrà ovviare ricorrendo a personalità politiche – come si dice – “di area”, vale a dire non formalmente iscritte al partito ma idealmente vicine. Tuttavia, il vero problema è un altro. È che dopo oltre un decennio di astinenza governativa – considerando l’Esecutivo Draghi quale Governo di unità nazionale estraneo a queste logiche – i desideri e le attese di coloro che finora sono stati esclusi appaiono emergere in modo prepotente, mettendo in pericolo la sana gestione del Governo nazionale. In altre parole, la Meloni dovrà essere così brava da arginare le logiche della rivendicazione personale o di corrente dei tre partiti di centrodestra nell’accaparramento delle poltrone, facendo prevalere quelle di una sana ed efficiente capacità di Governo.

Il pericolo che qui segnalo non è puramente ipotetico. Basti vedere quanto da mesi accade in Sicilia in ordine alle elezioni regionali. Gianfranco Miccichè, insoddisfatto della gestione di Nello Musumeci perché si è sentito escluso da molte scelte strategiche, lo vuole escludere a favore di Stefania Prestigiacomo: e il bello è che pare aver convinto anche Berlusconi. Da qui polemiche a non finire, interviste, riunioni, vertici e controvertici, un balletto politicamente osceno e incomprensibile. Particolare non trascurabile: Miccichè si guarda bene dal censurare Musumeci nel merito di questa o di quella decisione, limitandosi a lamentare uno scarso coinvolgimento. Come dire: non so se hai fatto bene o male ma adesso basta. Ora è il mio turno di occupare la poltrona di presidente regionale tramite una mia affiliata politica, quale la Prestigiacomo.

Se queste dinamiche, che nulla hanno a che fare con la politica, si ripeteranno in sede nazionale, assegno al Governo un anno e mezzo di vita, al massimo due. Sergio Mattarella è già pronto per un nuovo scioglimento anticipato: manca solo la data.

Aggiornato il 23 agosto 2022 alle ore 09:39