La flat tax è un programma di legislatura, o non è

“Uno stimolo, temporaneo ma decisivo, ad alzarsi dal divano, darsi da fare, migliorare per se stessi, la propria famiglia e il Paese”. Le parole con cui un esponente autorevole della principale forza politica del centrodestra ha descritto la cosiddetta “flat tax incrementale” sono, oggettivamente, fra i pochi elementi di novità di una campagna elettorale finora piuttosto ripetitiva e noiosa. Perché era tempo, molto tempo, che non si sentiva un simile, chiaro e inequivoco, invito agli italiani a rimboccarsi le maniche, a darsi da fare, a cambiare la propria condizione e con essa la situazione dell’intero Paese. Al contrario, per molti anni, le forze politiche altro non hanno fatto se non compatire e giustificare, commiserare e compiangere. E distribuire bonus e ristori.

Motivo di più, quindi, per valutare la proposta della flat tax incrementale con attenzione e senza pregiudizi. “L’idea di fondo è semplice – le parole sono di Maurizio Leo – su tutto ciò che si dichiara in eccedenza rispetto al pregresso (il massimo dichiarato in un periodo pluriennale di riferimento), si pagheranno meno tasse, solo il 15 per cento per il solo anno in cui l’incremento di reddito si realizza”. Tralasciamo le risibili critiche di anticostituzionalità e superiamo il tema della complicazione del sistema che inevitabilmente deriverebbe dalla flat tax (difficile rendere il sistema più complicato di quello che già è oggi). Così congegnata, la proposta sembrerebbe destinata a una applicazione tutto sommato limitata. All’interno del bacino dei contribuenti leali, dovrebbe interessare il lavoratore dipendente che immagina di poter fare un significativo ammontare di straordinari. O anche il lavoratore autonomo (con un reddito, si noti, superiore ai 65mila euro) che potrebbe valutare di ampliare la propria clientela temporaneamente. Difficile immaginare che possa rappresentare uno stimolo reale a impegnarsi per raggiungere una promozione e, di conseguenza, un incremento stipendiale permanente (su quale, tempo 12 mesi, si abbatterebbero implacabili le attuali aliquote Irpef). Difficile, altresì, supporre che possa costituire una molla sufficiente a far partire, per esempio, piccole attività professionali o imprenditoriali o ad ampliare quelle esistenti, ponendo le basi per una crescita di lungo periodo del reddito. All’interno del bacino dei contribuenti poco leali c’è da domandarsi se l’incentivo potrebbe valere la candela. È ragionevole far emergere base imponibile sommersa (su cui potrebbe gravare una aliquota pari a zero) per uscire allo scoperto ed essere tassati meno del normale per un solo anno? Può anche darsi che lo sia in qualche caso isolato ma è meno facile che lo sia in tutti gli altri.

Detto in sintesi: propositi più che meritori per uno strumento forse non alla loro altezza. Il che non significa dare per scontato che la flat tax incrementale troverebbe solo una applicazione residuale. Al contrario. La Commissione europea prevede che il tasso di crescita dei prezzi al consumo si attesti nel 2022 poco al di sotto dell’8 per cento nel 2022 e intorno al 4 per cento nel 2023. È lecito immaginare, di conseguenza, che tanto nel 2022 quanto nel 2023 si possa assistere a una lievitazione più o meno contenuta dei redditi nominali. E, quindi, che l’adesione al trattamento di favore previsto dalla flat tax incrementale possa essere molto ampia se non proprio di massa, al fine di evitare fenomeni di fiscal drag. Con le conseguenze del caso sui conti pubblici. Sia chiaro: evitare aumenti della pressione fiscale derivanti dall’incremento dei redditi nominali in presenza di aliquote crescenti è più che apprezzabile. Ma, se questo è il punto, non sarebbe più semplice rivedere al rialzo i limiti degli scaglioni per tenere conto dell’incremento generalizzato dei prezzi in corso?

Ultimo ma non meno importante: si sostiene che sarebbe “necessario – è sempre l’onorevole Leo che parla – un percorso graduale che, partendo dalla flat tax incrementale, passi per un progressivo appiattimento e semplificazione delle aliquote Irpef, fino ad arrivare, valutata la compatibilità finanziaria, ad una aliquota unica”. Consiglio non richiesto: se si vuole che la flat tax incrementale abbia qualche concreto effetto in termini reali nel medio periodo, la si iscriva fin dal primo momento – fin dalla prossima legge di bilancio – in un percorso di legislatura chiaro e definito in ogni aspetto che abbia, come obiettivo finale, l’aliquota unica, in condizioni di piena sostenibilità finanziaria. Tornare a rimboccarsi le maniche e ad assumere rischi e possibile ed è desiderabile, ma un quadro di certezze dal punto di vista fiscale è essenziale.

Aggiornato il 26 agosto 2022 alle ore 09:32