Le ombre sulla politica, gli affari del Pd

Le campagne elettorali sono sempre state dominate dall’ipocrisia, dalle bugie all’elettorato, dalla consapevolezza che si tratti d’un rito da dover fare per salvare il fascino discreto della borghesia (qui Luis Buñuel centra poco) che dell’apparenza democratica ha fatto la propria essenza quanto la precedente aristocrazia il rango e l’alterigia.

Tra il popolo votante c’è anche chi ama pensar male, alla luce delle condotte di certi partiti collusi con dirigenza di Stato, magistratura e media. Quindi, ci si domanda se le “ombre russe” sulla campagna elettorale italiana non siano altro che l’ennesima trovata del Partito Democratico per seppellire le tracce dei fondi Dem Usa inviati circa due anni fa al Pd per sostenerne l’azione sul territorio italiano. La notizia campeggiava timidamente sui giornali, e nei tiggì si notava l’imbarazzo del telegiornalista che, con smorfie facciali, quasi ci diceva “io non c’entro nulla, m’hanno obbligato a passarla”.

Il deputato Giovanni Donzelli (Fratelli d’Italia) aveva denunciato che erano stati tracciati soldi provenienti da una organizzazione vicina all’ex presidente Usa, Barack Obama, fondi statunitensi indirizzati ai candidati del Pd. Ecco la prova delle ingerenze straniere, con ampio spettro d’illecito, sulla vita politica italiana. Nessuno sembra si sia indignato, e qualcuno ha anche detto “cosa volete che siano… aiuti americani”: aiutini degli stessi esponenti di Wall Street che nel ’92 ordivano il “golpe” del Britannia contro il governo di Bettino Craxi, e perché “gli invisibili, gli 007 della speculazione finanziaria, non si fidavano di Craxi” (per dirla con le parole di Rino Formica, che denunciava queste ingerenze in uno storico vertice del Partito Socialista italiano).

“Fondi stranieri al Partito Democratico. Solo che quando a beneficiarne è la sinistra nessuno ne parla – affermava Giovanni Donzelli nel 2020 – i Democratici Usa finanziano il Pd italiano attraverso una organizzazione”. E il quotidiano Il Foglio certificava l’arrivo di fondi Usa al Pd prima delle ultime elezioni regionali. A farli arrivare in Italia sarebbe stata “Social Changes”: organizzazione diretta da Arun Chaudhary, “filmaker” della Casa Bianca ai tempi di Barack Obama e oggi tuttofare dem. Il Foglio sosteneva che Social Changes avrebbe dato soldi per aiutare il partito di Enrico Letta a postare su Facebook notizie di propaganda, soprattutto nelle ultime settimane di campagna elettorale.

“L’utilizzo di fondi stranieri, americani come di chiunque altro, per la politica è illecito – scriveva il deputato Donzelli – il decreto crescita del 2019, ultimo approvato in materia in vigore, vieta i finanziamenti diretti. I finanziamenti dall’estero, pubblici o privati, possono andare solo a fondazioni e associazioni. A patto che i soldi non vengano poi girati alle casse di partiti e movimenti politici”.

Donzelli chiedeva lumi con interrogazioni a Governo e ministro dell’Interno, sporgeva denunce e segnalava il tutto a ogni organo competente. A oggi non sembra abbia ricevuto alcuna risposta. Anzi, chiunque sollevi l’argomento rischia il linciaggio in rete, d’essere bloccato dai social network e non mancano le minacce di querela: non perché il fatto sia diffamante o calunnioso, ma perché la magistratura italiana gode della facoltà arbitraria di poter condannare la “continenza”, ovvero l’effetto nefando e roboante della notizia, seppur vera ed accertata; la capacità di saper ritenere, a mo’ di urina, il fragore della notizia. In parole povere, il magistrato può accusare d’incontinenza chiunque ne parli, limitando così di fatto il diritto di critica politica, il diritto d’espressione.

Sarebbe oltremodo interessante avere un quadro completo delle denunce fatte dal Pd contro gli avversari politici e i giornalisti poco compiacenti, per parametrare il dato con il lavoro svolto dalla magistratura per appurare le effettive fonti di finanziamento che giungono al Pd da organizzazioni estere, associazioni ed imprese.

Il Foglio cita alcuni casi, come i soldi arrivati a sostegno d’una candidata Pd di Livorno. Un esempio alla luce del sole, su cui le procure e gli organi di vigilanza hanno chiuso entrambi gli occhi. “Eppure è difficile credere non si riferiscano esattamente a quest’ultima fattispecie di reato – notava Donzelli – Con fondi di una organizzazione Usa andati a candidati del Pd”.

“Prendiamo il caso di Federica Benifei, candidata a Livorno - scriveva David Allegranti parlando delle liste del Partito Democratico – Benifei è arrivata terza nel suo collegio prendendo 6.332 voti. Per adesso la giovane Benifei è fuori dal Consiglio, ma entrerebbe se Gianni Anselmi diventasse assessore della giunta regionale Giani. L’aspetto più interessante della candidatura Benifei – prosegue l’articolo – sono le risorse economiche impiegate nella campagna elettorale. Tra il 28 luglio e il 23 settembre sono stati spesi 11mila e 267 euro di sponsorizzazioni (140 in totale) su Facebook”.

Insomma, una partita di giro tra dem e Facebook: non dimentichiamo che il social network era chiacchierato, poiché ritenuto che facesse parte dell’intelligence Usa in quota democratica. Soldi americani avrebbero finanziato il Partito Democratico italiano, ma la maggior parte della stampa italiana ha in due anni quasi ignorato la notizia. Certo, come ribadisce Donzelli “non è accettabile che Stati, partiti o organizzazioni estere cerchino di influenzare la politica italiana: e vogliamo venga fatta chiarezza sulle ingerenze, che non possono e non devono esserci”. Ma è sotto gli occhi di tutti che la maggior parte dei giornali italiani temano aprire la porta della questione morale interna al Pd.

Timore di ricadute giudiziarie o una sorta di compiacenza e fedeltà dem? C’è un po’ di tutto. Resta il fatto che la classe dirigente dell’ex Partito Comunista italiano-Partito Democratico della Sinistra-Partito Democratico non abbia mai creduto nel sistema Italia. E sarebbero tantissimi gli esempi dei dirigenti politici, dei vertici di ministeri e magistratura, come di Regioni ed enti locali vari, che avrebbero prima mandato i loro figliuoli a studiare all’estero e poi li avrebbero fatti raggiungere dai loro risparmi. Si sarebbero francescanamente liberati di ogni avere nell’avito paese, reputandolo non degno d’alcun investimento. In questa posizione di nullatenenti avrebbero continuato a fare i vertici Pd, i magistrati, i dirigenti di Stato ed enti vari. Forti della loro posizione avrebbero perorato la causa d’infliggere la patrimoniale contro case e terreni degli italiani, d’aumentare accise e balzelli, di rendere l’Imu un deterrente all’acquisto d’immobili, di chiudere il rubinetto creditizio agli italiani perché vivrebbero sopra le loro possibilità.

Insomma, loro garantiti e con i beni all’estero, ed una bella “povertà sostenibile” per chi sputa sangue in Italia. I loro figli, come bene suggerisce la professoressa Elsa Fornero, sono emigrati con tutte le masserizie a fare i master nelle migliori università americane ed inglesi. Mentre i figli di chi ha sempre lavorato e creduto nell’Italia, fanno i disoccupati pur avendo lauree conseguite nelle statali. Questo mentre i genitori vedono assottigliarsi i sacrifici di una vita, vendendo casa e bottega, terreno e gioie d’ogni tipo. E questa forbice tra “povertà irreversibile” (per motivi fiscali, giudiziari, bancari) e “povertà sostenibile” vorrebbero continuarla a gestire i dem, facendosi casomai aiutare dalle associazioni di Obama, Clinton, Biden e Soros. Queste sarebbero le vere ombre sulla politica italiana.

Aggiornato il 30 agosto 2022 alle ore 13:17