Sanzioni sì, sanzioni no

Le sanzioni inflitte alla Federazione Russa da parte dell’Italia e dell’Europa sono state una boiata pazzesca! Mario Draghi, “portavoce” del presidente statunitense Joe Biden, lascerà al nuovo Esecutivo un Paese devastato dalla crisi causata dalla crescita esponenziale del prezzo del gas. Il rimedio (rimedio?), il price-cap (ovvero tetto al prezzo), è peggiore del male. Da un banchiere del livello del nostro presidente del Consiglio, fortunatamente pro tempore, ci saremmo aspettati più lungimiranza.

La politica di riduzione della dipendenza energetica dalla Russia andava perseguita con più pragmatismo. Il ricorso alla diversificazione dell’offerta da parte dei fornitori di gas doveva essere seguito ex ante e non ex post (ovvero prima di decidere le più recenti sanzioni). Un imprenditore che sa come gestire la propria impresa, prima di rinunciare a un fornitore essenziale per la propria attività produttiva, si preoccupa di trovare nuove figure affidabili che gli consentano di non interrompere il processo produttivo. Solo quando si è assicurato la certezza delle nuove commesse, chiude il rapporto con chi considera inaffidabile.

Vladimir Putin, prima di invadere l’Ucraina, aveva pianificato nel dettaglio tutte le contromosse che avrebbero adottato i Paesi della Nato. Aveva aumentato le sue riserve valutarie e azzerato quasi completamente il debito estero. Inoltre, aveva studiato le contromisure a ogni azione del mondo occidentale. L’Europa, invece, capitanata dal più affidabile “alleato” degli Stati Uniti, Mario Draghi, ha operato d’impulso, senza considerare le conseguenze economiche e sociali di una guerra economica alla Federazione Russa. La Francia di Emmanuel Macron e la Germania di Olaf Scholz hanno cercato di valutare in maniera più pragmatica le conseguenze delle sanzioni. Tuttavia, si sono adeguati. L’effetto “boomerang”, inaspettato nelle dimensioni da parte dell’Europa, ha causato una tempesta perfetta. È esplosa l’inflazione esogena causata dal rialzo prima dell’energia e, a cascata, di tutti i prodotti di largo consumo. L’aumento dei derivati delle fonti fossili ha aumentato il costo dei trasporti e, in conseguenza, dei prodotti alimentari. La crescita dell’inflazione, a livelli che non si verificavano dagli anni Ottanta, ha comportato l’aumento dei tassi di interesse da parte delle Banche centrali che avrà ulteriori effetti negativi sull’economia reale.

Le nostre imprese, che già prima della crisi pagavano l’energia a prezzi più alti rispetto ai loro competitor, si sono viste triplicare il costo dell’energia, rendendo le loro produzioni non più competitive, con il rischio concreto di chiusura definitiva delle loro attività. Le imprese americane non hanno di questi problemi, in quanto il prezzo del’energia per loro è un decimo rispetto alle nostre aziende. In definitiva, abbiamo favorito le imprese americane contro le nostre aziende. Più che il price-cap (i prezzi politici non hanno mai portato fortuna), occorre rivedere la nostra posizione nei confronti della Russia. Solo il nuovo Governo e una politica estera pragmatica ci potranno salvare dal disastro. Si può conciliare la solidarietà verso l’Ucraina e gli interessi economici della nostra nazione. Per paradosso, la crisi economica ormai certa ridurrebbe i margini per poter aiutare la popolazione ucraina.

Infine, un plauso a Matteo Salvini, che ha avuto il coraggio di affrontare il tema delle sanzioni boomerang contro la Russia!

Aggiornato il 06 settembre 2022 alle ore 10:02