Egemonia culturale o di potere?

Perché i consensi, rilevati dalle indagini demoscopiche, per Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia sono in continua e inaspettata crescita? Perché, tra le altre cose, nei comizi la leader di FdI pone in luce ciò a cui forse molti eravamo arrivati da tempo, ma non avevamo formulato quanto intuito chiaramente. La Sinistra d’estrazione comunista ha affermato di avere una egemonia culturale e lei chiarisce che si tratta, invece, solo di un’egemonia di potere. In effetti, se si scorre con la memoria, la cultura italiana del Millenovecento e quella attuale si constata come in filosofia si staglino, come giganti, Benedetto Croce e Giovanni Gentile. Franco Volpi, storico della filosofia prematuramente scomparso, travolto da un’autovettura mentre andava in bicicletta, collaboratore de La Repubblica, aggiunse ai due, tra i principali, Julius Evola.

Poi, oggi, impera un filosofo di sinistra, un tempo comunista, Massimo Cacciari. Vedetevi su YouTube un’intervista al medesimo, davanti al sepolcro di Ezra Pound, nel cimitero di Venezia. Dopo aver segnalato in lui il maggiore poeta del Novecento, viene interrotto dall’intervistatrice, certamente di sinistra, la quale ha cercato di bloccarlo affermando, perentoria, che in politica commise gravi errori. Massimo Cacciari ha replicato netto: “E chi non ne fa”. Lo ha detto con un’aria così sconsolata che è parsa riflettere su di sé.

Eugenio Montale, ricevuto il Premio Nobel, fu nominato senatore a vita. Nell’aula di Palazzo Madama dove si sedette? Tra i banchi del Partito Liberale italiano. Potremmo continuare con Gioacchino Volpe e la fondazione a suo nome che il figlio, l’ingegner Giovanni, gli dedicò. La sociologia italiana? È nata con gli elitisti, tra i quali quello più distante dal fascismo fu Gaetano Mosca che, nel 1922, l’anno della marcia su Roma, scelse di aderire alla prima organizzazione del Partito Liberale italiano. Quanto agli economisti, sulla cattedra di Torino – un tempo di Luigi Einaudi – ci finì il liberale Sergio Ricassa. Antonio Martino, nell’accademia, fu un monetarista rigoroso e rigorista. Forse per questa intransigenza, fece sempre solo – quando il Governo venne espresso dal centrodestra – il ministro degli Esteri. Probabilmente perché in tutta Europa si ricordavano del padre Gaetano, illustre medico e rettore dell’Università degli studi di Roma, promotore della Comunità economica europea e dell’Euratom.

Nel Secondo dopoguerra, Palmiro Togliatti, il cittadino sovietico rientrato in Italia, prese a pubblicare i Quaderni del carcere di Antonio Gramsci. Gramsci era morto mentre lui dirigeva l’Internazionale comunista comodamente da Mosca. Non poteva più essere un suo avversario politico. Ne sfruttò l’idea d’egemonia culturale per emarginare, col sistema di potere in via di costruzione, gli intellettuali non allineati. Per esempio, il Partito Comunista possedeva alcune case editrici. Ben sapeva, però, che molte altre non erano nelle sue mani. Così mirò a impadronirsi delle società di distribuzione libraria. Esse smistano tutti e di tutto, ma consigliano a librerie ed edicolanti chi mettere in vetrina e chi a terra, magari sotto i tavoli. Giorgia Meloni, quando ha scritto un libro sulla sua vicenda, è stata esposta nelle vertine, spesso, a testa in giù. Così, anche gli editori non di sinistra cominciarono a favorire autori schierati a sinistra, per avere più evidenza. Autori non di sinistra si fecero sinistri per essere meglio pubblicati e distribuiti. Questa non è un’egemonia culturale, ma di potere.

Giorgia Meloni è la prima a usare le parole giuste. Forse gli italiani se ne sono accorti quando la possibilità di acquistare libri su Internet ha mostrato loro quanta cultura vera non sia di sinistra, e sono attratti da chi dice le cose come stanno.

Aggiornato il 14 settembre 2022 alle ore 09:50