Al voto per la Lega, il centrodestra e la libertà

Il 25 settembre si decide davvero molto del nostro futuro. Si decide se continueremo a essere una società aperta e libera, se riprenderemo un cammino di sviluppo economico, se saremo una Nazione profondamente inserita nell’Occidente e in Europa, ma orgogliosa nell’azione e indipendente nei giudizi. Resteremo una società aperta e libera, se sapremo combattere la pericolosissima tendenza delle sinistre a introdurre sempre nuovi reati d’opinione, nuove regole di comportamenti obbligatori, nuovi e talvolta perfino stravaganti divieti, che stanno facendo degli italiani dei cittadini in semilibertà vigilata. Riprenderemo la via dello sviluppo economico se la pesante bardatura burocratica fatta di lacci e lacciuoli, che appesantiscono la vita e la nascita delle aziende, verrà drasticamente ridotta; se la politica energetica segnerà una svolta verso l’indipendenza e l’efficienza con un ricorso a un vero mix di fonti alternative, tra cui in primo luogo l’energia nucleare; se, infine, la tassazione verrà anzitutto fortemente ridotta, poi semplificata e infine resa meno progressiva per favorire l’accumulo di capitale necessario all’industria.

Saremo un Paese davvero autorevole, se le forze di tutto il centrodestra, da sempre realmente occidentali ed europeiste e che dunque non devono dire sempre sì per far dimenticare un passato filo-sovietico e terzomondista, saranno al Governo e in condizione di difendere gli interessi italiani credibilmente e a viso aperto. Alla nostra Nazione serve, insomma, una rivoluzione liberale, capace di rimettere in moto le sue grandi energie, oggi mortificate da uno Stato padrone, inefficiente e autoritario. E questa rivoluzione solo il centrodestra – da Maurizio Lupi a Giorgia Meloni – può farla, perché, pur con tutti i suoi limiti, errori e deviazioni, la lezione del liberalismo l’ha almeno in parte introiettata da sempre, da Alcide De Gasperi a Silvio Berlusconi, dal partito di Giovanni Malagodi a quello di Matteo Salvini. La sinistra (soprattutto quella italiana) no. Nata nel nome di una palingenesi comunista, la sinistra italiana, anche a tanti anni dall’inevitabile crollo del comunismo originario della Russia bolscevica, è incapace di liberarsi anche solo in parte del mito dell’egualitarismo e dello Stato onnipresente. E, come qualcuno cerca di riprendere la via di un accettabile riformismo, si scatenano delle forze che accusano di tradimento i socialdemocratici protagonisti del tentativo di svolta (ieri Giuseppe Saragat e Bettino Craxi, oggi Matteo Renzi) e si cerca invece di salvare in ogni modo il mito fondante con i succedanei più disparati.

Lo Stato per loro è sempre e comunque onnipotente, solo formalmente democratico, ma nel pieno diritto di fare leggi contro le opinioni sgradite, di sospendere diritti costituzionali con semplici decreti governativi, di garantire l’arbitrio delle procure distruggendo i diritti della difesa. L’egualitarismo fideistico, che ha ormai rinunciato del tutto all’uguaglianza sociale (la Russia comunista era molto più gerarchica di qualunque altro stato, proprio come oggi la Cina) cerca di sopravvivere con altre forme mutuate dai “radical” americani, una tendenziale uguaglianza tra gli onesti e i disonesti se per necessità, tra i profughi perseguitati e quelli poveri, tra i naufraghi per casuale disgrazia e quelli invece postisi in quella condizione, tra migranti legali o illegali. Così pure in materia di “dirittisessuali, dove un problema di libertà – per cui ognuno deve certamente potersi esprimere secondo la sua natura – viene trasformato in un assurdo problema di eguaglianza dato che, se l’omosessualità fosse davvero uguale e sostitutiva del rapporto uomo donna, saremmo estinti.

È sempre il problema di comprendere realmente la Libertà, che affligge il complesso della sinistra italiana, che non crede che i cittadini possano autogovernarsi, che ritiene di doverli guidare per il loro bene, anche se è ormai composta da uomini mediocri e in nome di principi sbagliati e questo ancor più oggi, che il loro Stato hegeliano è un pericolo di dimensioni ben maggiori in epoca di schedature elettroniche e armamenti atomici. Questa sinistra che, orfana della distopia marxista, non è riuscita a darsi un credibile cammino di sviluppo da sinistra socialdemocratica e anzi, sottoposta alla prova, ha finito per scegliere l’estrema sinistra in luogo dei suoi riformatori, Nicola Fratoianni e Roberto Speranza invece di Ettore Rosato ed Enrico Costa. Insomma, sembra essersi affidata al peggior nichilismo verde ed è ormai incapace di sviluppare una credibile agenda di sviluppo economico e civile. Dalla scelta giustizialista in materia di diritto, a quella antindustriale in materia di energia, la sinistra italiana sembra ormai senza bussola e senza rotta, contagiata da un politically correct, che, rifiutando a priori ogni tradizione, sembra voler destrutturare completamente la società, in una sorta di “cupio dissolvi”, che neanche Mario Draghi, nonostante il consapevole sacrificio di Lega e Forza Italia, è riuscito ad arrestare se non per un momento. Enrico Letta, che non ha certo la capacità di leadership di Romano Prodi, non si sa se sia vittima o complice delle pulsioni profonde del suo partito, se sia trascinato dagli estremisti o lucidamente consenziente con i nuovi “massimalisti senza programma”, che non hanno alcuna idea sul modello di Paese che vorrebbero, ma solo un ottuso rancore contro i cittadini che vogliono vivere e lavorare nell’ordine democratico e restare liberi. Ho aspettato per anni una Bad Godesberg italiana, ormai purtroppo non ci credo più.

Il 25 settembre non è più neanche soltanto una scelta tra il buon Governo delle destre, con i bilanci in ordine, l’economia di mercato in ripresa, la tassazione in diminuzione. È ben di più: è una scelta tra una efficiente democrazia e il caos sprovveduto e prepotente di uno Stato divenuto destrutturato e autoritario. L’incompetenza elevata a sistema del complesso delle forze di sinistra ci assicurerebbe il sottosviluppo, il degrado delle istituzioni, la fine definitiva dello Stato di diritto. Pur con tutte le sue insufficienze (e le sue ingenuità) il centrodestra – e in particolare la Lega come suo elemento centrale – è l’unico strumento a disposizione di noi elettori per invertire la rotta, per riprendere la via della liberal-democrazia occidentale e della ripresa economica e per garantire la continuità di quella “tradizione Italiana” che ha fatto grande nei secoli il nostro Paese. E quando parlo di noi elettori, descrivo sostanzialmente la verità perché, dato l’ordine di lista, non sarò nel prossimo Parlamento ma, se pure mi spiace di perdere la condizione di parlamentare, ho accettato lo stesso la candidatura per contribuire, per quanto posso, a non perdere ciò a cui non sono assolutamente disposto a rinunciare. E cioè i miei diritti di cittadino di una Nazione libera. Tutti al voto il 25 settembre: per la Lega, il centrodestra e, soprattutto, la Libertà.

Aggiornato il 15 settembre 2022 alle ore 09:46