Repetita iuvant

Lo schema, ormai, è diventato quasi banale. “Fonti di intelligence” lanciano una “notizia” che viene prontamente ripresa dai “mezzi di informazione”. Gli stessi “mezzi di informazione” confermano la “notizia” con il supporto delle stesse “fonti di intelligence” di cui sopra. E il cerchio si chiude. La “notizia”, poi, si rivelerà essere falsa (o almeno esagerata) qualche mese (o anno) più tardi. Ma ormai la narrazione è penetrata nell’opinione pubblica. Proprio, guarda la coincidenza, alla vigilia di una competizione elettorale.

L’ultima “rivelazione” sul denaro elargito da Mosca a non meglio identificati partiti europei negli ultimi anni, in realtà, non sarebbe neppure degna di essere commentata, visto che il potenziale coinvolgimento di partiti italiani nella vicenda è stato escluso dal presidente del Copasir e dall’Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica. Questo, però, non ha impedito alla stampa mainstream di sparare in prima pagina le accuse dell’ex ambasciatore statunitense alla Nato, Kurt Volker, che chiama direttamente in causa Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Le prove di queste accuse? Non ci sono, naturalmente. Tanto che Volker parla di “ritornello costante”, cioè di gossip senza alcuna pezza d’appoggio.

Esilarante, poi, è il sillogismo con cui viene coinvolto il partito che – secondo gli ultimi sondaggi – si appresta a esprimere il prossimo presidente del Consiglio, Fratelli d’Italia. “FdI è una formazione recente, anche se erede di altri partiti – spiega, sornione, Volker – ed è cresciuta in maniera straordinaria nell’ultimo anno. Ciò obbliga a porsi domande su quali sono le fonti dei loro finanziamenti, delle posizioni prese e dell’aumento di popolarità”. Il consenso per il partito di Giorgia Meloni è cresciuto, insomma. Merito del suo leader? Un premio per la coerenza delle sue posizioni? Un sottoprodotto del calo di Lega e Forza Italia? La riscossione della rendita per aver rappresentato l’unica forza d’opposizione a Mario Draghi? Niente affatto. Tutto merito dei soldi di Mosca. Elementare, Volker.

La vicenda sarebbe perfino divertente, se non fosse che esiste il rischio concreto che qualcuno possa credere a questa favoletta. Basta ricordarsi quello che è successo, proprio negli Stati Uniti, con la storia della “collusione” tra il regime di Vladimir Putin e la campagna elettorale di Donald John Trump. Tutto è nato nei mesi precedenti al voto del 2016, grazie a “fonti di intelligence” che fanno circolare un “dossier” immediatamente ripreso dai “mezzi di informazione”, che poi confermano le “notizie” contenute nel “dossier” attraverso le testimonianze (anonime) di “fonti di intelligence”. Ci sono voluti oltre due anni, una commissione d’inchiesta che ha utilizzato centinaia di investigatori e milioni di dollari dei contribuenti americani, per scoprire che in realtà era tutta fuffa. E che il “dossier” che incriminava Trump era stato preparato da uno spione britannico che lavorava al soldo di Hillary Clinton. Lo stesso schema che stanno cercando di propinarci in questi giorni, dunque. E che è stato utilizzato con il referendum sulla Brexit, con le spinte indipendentiste in Catalogna e con qualsiasi evento mondiale in cui le previsioni auto-consolatorie dell’intelligencija globale sono state smentite dalla cruda realtà dei fatti. Che noia.

Qualche ultima considerazione di carattere squisitamente matematico. Si parla di 300 milioni di dollari distribuiti dalla Russia ai partiti di 20 nazioni dal 2014 a oggi: 37,5 milioni all’anno, quindi, se escludiamo il 2022. Divisi per 20 sarebbero meno di 2 milioni all’anno. E se fosse vera la favoletta dei “tre partiti”, come in Italia, scendiamo a poco più di 600mila euro. Prima considerazione: Putin ha davvero il “braccino corto”. Seconda considerazione: bastano davvero 600mila euro all’anno per crescere dall’1,96 per cento (dato FdI alla Camera nel 2013) al 24,1 per cento (Supermedia Youtrend del 2 settembre 2022)? Qualcosa non torna. I famosi (e mai trovati) milioni “regalati” da Putin alla Lega dal 2008 al 2010 e poi ancora nel 2018 (49+65? Chissà. Facciamo circa 30 milioni all’anno per comodità di calcolo) sarebbero dovuti fruttare molto di più! Con 600mila dollari all’anno Giorgia Meloni ha più che decuplicato i propri voti. Con 30 milioni Matteo Salvini sarebbe dovuto passare dal 17,8 per cento (Politiche del 2018) al 200 per cento. I casi sono due: o la matematica è una fake news finanziata da Putin, oppure qualcuno ci sta prendendo per i fondelli. Tertium non datur.

Aggiornato il 15 settembre 2022 alle ore 09:43