Firenze rogna

L’impianto rigido e duro a scalfirsi del meccanismo delle primarie s’inceppa a Firenze. Il motore ben oliato dal Partito democratico per l’elezione dei candidati ha grippato in maniera abbastanza clamorosa. L’altra notte nel capoluogo toscano è andato in scena il de profundis del tanto amato strumento elettorale. Sara Funaro sarà la nuova candidata sindaco dei dem per il dopo Dario Nardella nonostante le continue richieste di ripensamento da parte di Cecilia Del Re. L’ex assessore all’urbanistica, defenestrata dall’attuale sindaco per visioni diverse e divergenti sulla gestione della città, si era rivolta (senza successo) direttamente al segretario Elly Schlein per chiedere a gran voce le primarie.

Funaro, attuale assessore comunale al welfare, guiderà una coalizione formata da Sinistra Italiana, Verdi, Azione, +Europa, socialisti, Movimento azione laburista e Volt. Il verdetto è arrivato in nottata, al termine dell’assemblea del Pd fiorentino che ha approvato con 137 voti favorevoli su 177 un documento che esclude il ricorso alle primarie.

Contrariato a dir poco l’ex primo cittadino di Rignano sull’Arno, Matteo Renzi: “A Firenze il Pd rinnega le primarie. E sceglie la candidatura alleandosi con la sinistra radicale: sarà interessante leggere il programma sull’aeroporto, sullo stadio, sui servizi pubblici. Sabato racconteremo con Stefania Saccardi perché noi la pensiamo in un altro modo”.

La Saccardi è la scelta di Italia Viva per Palazzo Vecchio, una candidatura definita forte con la quale Renzi pensa e spera di arrivare al ballottaggio. Una corsa in solitaria, quella di Italia Viva, con la Del Re che invece potrebbe presentarsi con una lista civica, consapevole dell’ottima dote di voti fiorentini che riuscirebbe a portarsi dietro (record di preferenze alle Amministrative del 2019).

Il ghigno di Renzi è quello di chi già pregusta uno sgambetto al suo ex delfino ma che dalle colonne de Il Riformista non le manda a dire alla Schlein e all’apparato dem: “Le primarie sono decisive. Il punto è che il Pd ha issato Elly Schlein alla guida con le primarie ma poi – una volta proclamato il risultato – ha pensato bene di tornare alla Ditta, cancellando le primarie e sostituendole con l’indicazione del capo. L’esempio più eclatante è la Sardegna: Renato Soru, già presidente della Regione, già parlamentare europeo, già fondatore del Pd, ha chiesto di candidarsi alla guida della Regione attraverso le primarie. Gli è stato detto: giammai! E perché? Perché le primarie quest’anno non si fanno perché basta dare la presidenza a una grillina, l’onorevole Todde. Soru che ha fondato il Pd viene zittito dal Pd per dar voce a una, la Todde, che il Pd lo ha solo offeso. Che poi se la leggete tutta di fila questa frase è già sintomatica del fatto che il Pd di Veltroni, il Pd della vocazione maggioritaria non esiste più: uno dei 45 fondatori del Pd, storica figura della sinistra sarda, chiede di fare le primarie e gli viene detto di no, e gli viene detto last minute, perché il suo posto tocca a una grillina”.

La superiorità democratica più volte issata sull’albero maestro del Nazareno pare dunque ormai al tramonto, il partito più importante della sinistra italiana sconfessa il suo dna. Quindi i candidati li sceglie il partito. Un paradosso visto che la segretaria Elly Schlein è arrivata al vertice proprio grazie alle primarie. Di fatto, siamo alla rottamazione.

Aggiornato il 07 dicembre 2023 alle ore 09:31