Sfascisti tornate nelle fogne!

Sassolini di Lehner

Caro Christian Di Martino, viceispettore della Polizia di Stato, ti auguro di sopravvivere ai tre terribili fendenti. Il marocchino, che, nella stazione milanese di Lambrate tirava sassi in tutte le direzioni, colpendo anche una signora, alla fine, davanti al rischio di essere immobilizzato, ha utilizzato il coltello con tale ferocia da ridurti quasi in fin di vita. Ora, ti trovi in terapia intensiva, dopo aver dovuto ricorrere, dissanguato com’eri, a 70 trasfusioni.

Devo, però, non solo augurarti di guarire e di ritornare nelle migliori condizioni a difendere il nostro diritto alla sicurezza. Debbo anche chiederti scusa a nome dell’informazione, talora ipocrita, spesso falsa e bugiarda, pronta a demonizzare qualche manganellata, che voi, lavoratori di polizia, siete costretti a usare per frenare le orde dei violenti e degli intolleranti, ai quali il pensiero unico concede la facoltà di tradurre l’espressione del pensiero e il diritto a manifestare in teppismo e vandalismo.

Le scuse sono anche a nome di certa politica e di certa magistratura, le quali, dovendo scegliere se condannare l’aggressore o l’aggredito finiscono troppo spesso per sanzionare l’aggredito e premiare l’aggressore. Mi scuso con te, caro e prezioso lavoratore di Polizia, anche per il “cupio dissolvi” nazionale che ci ha condizionato sino ad accettare l’accoglienza come un comandamento divino, al punto da farci ritenere un comportamento umanitario il trasformare il Belpaese nella brutta Penisola del degrado, dello spaccio, della delinquenza, della barbarie, dei magistrati multiculturalisti pronti a giustificare la belva che tortura la propria consorte, certificato innocente, essendo le percosse alle donne dettate dalla sua “cultura” maomettana.

Nessuno fa caso, neanche nell’attuale intossicata temperie, che uno degli esiti dell’incessante invasione soprattutto islamica è il ritorno degli antisemiti nazicomunisti – tali i tifosi di Hamas, benché i palestinesi siano storicamente più attratti dai nazisti che dai marxisti – e degli squadristi addetti alla caccia all’ebreo. Voi poliziotti dovete rischiare la pelle, per consentire ad una scrittrice di presentare la biografia di Golda Meir: per permettere agli studenti ebrei o soltanto non intifada universitari di partecipare alle lezioni; per garantire lo spazio esistenziale, di parola e di giudizio a quanti, per amor di patria, della civiltà, della libertà, privilegiano l’attualità dell’antisfascismo sull’antifascismo.

Infatti, i picchiatori fascisti di oggi sono gli sfascisti della Costituzione, gentaglia di tagliagole, in senso anche fonetico, che impedisce a pugno chiuso di parlare a Eugenia Maria Roccella, colpevole di rispettare il diritto alla vita. Nella stagione che vede il già Donat – così lo avevano battezzato i servizi segreti della Cecoslovacchia colonizzata dall’Urss –, cioè Corrado Augias, definire come “una volgarità” chiedere se si è anticomunisti, voi lavoratori in divisa siete chiamati a preservare il diritto all’esistenza a quanti, non avendo avuto a che fare con il Kgb o l’Stb come Donat, sono consapevoli dell’orrore dei carnefici, anche italiani, che idolatrarono Iosif Stalin e Lavrentij Berija.

Sono anticomunisti e son fieri di dirlo, ma possono esprimere, sia pure a tratti, il loro pensiero, grazie a persone come te, caro Christian. Magari, domani, saremo liberi di gridare: sfascisti tornate nelle fogne! Nell’inverno della storiografia, nel quale i saggi sulla stagione mussoliniana non sono più partoriti da studiosi seri e acribici, topi di biblioteca e di archivio come Renzo De Felice, ma da dilettanti e gazzettieri, viene impedita anche la possibilità di ragionare e di capire che il fascismo non solo non fu affatto estraneo alla precedente storia d’Italia, ma le sue propaggini continuarono a essere vive e presenti nell’Italia Repubblicana ben dentro una classe politica, comunisti compresi, marcata da tanti, troppi, fascistissimi, nonché firmatari del manifesto sulla razza. E chiunque cercasse di spiegarlo verrebbe messo alla gogna e moralmente giustiziato.

Caro Di Martino, ti prego non te la prendere con Papa Bergoglio, propagandista dell’accoglienza sempre e comunque, che ha osannato gli immigrati, compreso il marocchino tuo accoltellatore, spesso equiparandoli a Gesù Cristo. Perdonalo come Christian e come cristiano, anche se Bergoglio ha il vezzo di indurre in tentazione, esortando a destinare l’8 per mille non più a Sancta Romana Ecclesia, ma direttamente al sodale Luca Casarini, già allievo di Toni Negri. Appena ti sarai rimesso, ti chiederò di tutelarmi, quando mi recherò alla Sapienza, indossando la kippah. Se ne uscirò sano, salvo e vivo, lo dovrò soltanto a te e ai tuoi colleghi. L’atmosfera, infatti, è pregna di ferocia mista a veleno illiberale.

Attualmente, davanti al classico cartello “vietato l’ingresso ai cani ed agli ebrei”, nel totale disfacimento dei metri e dei valori, probabilmente si indignerebbero solo gli animalisti… per leso diritto canino. Da parte mia, è dal 1978 – anno in cui scrissi il saggio “Dalla parte dei poliziotti”, (Mazzotta, Milano) – che sono vicino e solidale con i Di Martino, quindi ti puoi fidare.

Aggiornato il 13 maggio 2024 alle ore 09:54