Page 3 - Opinione del 12-10-2012

di
LUCA PAUTASSO
astano due piccoli punticini di
Iva in più per passare da “no
tax” a “more taxes” nel giro di una
sola legge di stabilità. È quello che
rischia di accadere a otto milioni di
contribuenti italiani attualmente in-
clusi nella cosiddetta “no tax area”:
con l’aumento dell’Imposta sul va-
lore aggiunto sulle aliquote del 4%
e del 21%, infatti, si prevede un au-
mento della pressione fiscale che
potrebbe toccare, per un contri-
buente senza famigliari a carico, i
23
euro nel 2013. E salire addirit-
tura, nel caso di una famiglia mo-
noreddito con moglie e figlio a ca-
rico, a 60 euro nel 2014. A
denunciarlo è la Cgia di Mestre.
«
Il pericolo che si verifichi que-
sta situazione – dichiara il segretario
Giuseppe Bortolussi - è molto pro-
babile, visto che i contribuenti che
attualmente non pagano nessuna
imposta sui redditi non avranno
nessun beneficio dalla diminuzione
dell’Irpef, mentre, come tutti gli al-
tri, si troveranno a subire l’aumento
dell’Iva». Chi sono i cosiddetti in-
capienti? Nella categoria dei non
tassabili si annoverano i lavoratori
dipendenti che dichiarano un red-
dito annuo inferiore agli 8mila eu-
ro, e i pensionati under 75 con una
soglia reddituale inferiore a 7.500
euro l’anno.
Ma dall’Ufficio studi della Cgia
B
di Mestre arrivano alcuni esempi
di come le ricadute dell’Iva potreb-
bero influenzare i redditi dei meno
abbienti nel 2013 e nel 2014. In
questa proiezione, la Cgia ha ipo-
tizzato che per entrambi gli anni
presi in esame i consumi e i livelli
di reddito dei soggetti reddituali ri-
mangano gli stessi del 2012.
Ad esempio, un single senza fa-
miliari a carico con 8mila euro di
reddito si troverà, nel 2013, a pa-
gare 23 euro in più rispetto al 2012.
Nel 2014, invece, la maggiore tas-
sazione rispetto al 2013 salirà a 47
euro, visto che l’incremento dell’Iva
partirà dal 1° luglio del 2013 e,
quindi, avrà un effetto annuo com-
plessivo solo a partire dall’annata
successiva.
Un pensionato al minimo, di 66
anni, con un reddito annuo pari a
7.321
euro, nel 2013 si ritroverà a
pagare 22,75 euro in più di Iva,
mentre nel 2014 l’aumento salirà a
45,50
euro.
Per un pensionato titolare di as-
segno sociale, con reddito annuo di
5.577
euro, l’aumento nel 2013 sa-
rà invece di 16,2 euro, e nel 2013
subirà un aggravio di 32,4 euro
Da ultimo, la Cgia ha calcolato
l’ipotesi di un cassintegrato con mo-
glie ed un figlio a carico, ed un’in-
dennità di 900 euro al mese: per lui
nel 2013 l’aggravio sarà di 35 euro,
mentre nel 2014 il maggior carico
fiscale sarà di 71 euro.
Il paradosso di chi meno gua-
dagna e più paga in tasse funziona
anche all’inverso. «Man mano che
sale il reddito, aumenta progressi-
vamente anche la riduzione della
tassazione» fanno sapere dall’asso-
ciazione degli artigiani e piccoli im-
prenditori mestrini. Infatti, spiega-
no, il calo dell’Irpef è più
consistente dell’effetto economico
legato all’aumento dell’Iva. Il van-
taggio fiscale più elevato? Si rag-
giunge con 30.000 euro di reddito:
«
Nel 2013, questo nostro ipotetico
contribuente risparmierà 212 euro,
mentre nel 2013 il vantaggio fiscale
si abbasserà a 144 euro».
II
POLITICA
II
Aumenta l’Iva, scende l’Irpef
Più tasse per i meno abbienti
I vaticini avverati
suRenata Polverini
on mi piace l’autocitazione
però, come dicono a Roma,
«
quanno ce vo’, ce vo’!».
Era il 27 maggio del 2010
quando, in un pezzo intitolato
At-
tenta Renata!
,
oltre a mettere in
evidenza l’assurda decisione di
escludere dalla tornata della lista
romana del Pdl («a causa di un
panino di troppo o di una sostitu-
zione di candidato troppo tardi-
va»), si mise in evidenza che (pro-
prio in quei giorni) l’ex leader
dell’Ugl era impegnata a fronteg-
giare due grossi problemi. Il pri-
mo, quello di trovare un paio di
posti all’alleato Udc non entrato
in giunta in prima battuta. Il se-
condo, quello di far alzare dalla
loro poltrona appena occupata al-
trettanti assessori Pdl.
Quest’ultimo fattore, insieme
alla epocale topica presa in fase di
(
non) presentazione della lista, det-
te il via alle danze, alle guerre in-
testine che hanno fatto del Pdl la-
ziale un partito (per dirla con
Alemanno) che non ha prodotto
politica e incapace di sfornare pro-
getti in grado di fare obiettivi:
«
quando è così - ha affermato
giorni fa il primo cittadino capi-
tolino in un’intervista - prevalgono
le faide interne e gli scontri tra
gruppi e sottogruppi».
Ritorniamo a quel 27 maggio
e all’
Attenta Renata!
.
Lo scritto
veniva così concluso: «non è nem-
N
manco più possibile che le conse-
guenze delle beghe interne a partiti
e lobbies (a destra come a sinistra)
della Caput Mundi possano essere
in qualche modo scontate dagli al-
tri capoluoghi della Regione. Re-
nata Polverini deve stare molto at-
tenta a non cadere dentro questo
tourbillon, soprattutto fin dall’ini-
zio del suo mandato: rischierebbe
di rimanerne prigioniera (se non
ostaggio) per l’intera legislatura».
Rispetto alle nostre previsioni, la
situazione è addirittura peggiorata
e quelle «beghe interne a partiti e
lobbies» hanno coinvolto anche
esponenti pidiellini del territorio
e la Polverini ne è rimasta coin-
volta fino al midollo tanto da es-
sere costretta alle dimissioni.
Allo stato attuale, non sarà di
certo sufficiente cambiare un no-
me alla lista o allo schieramento:
perchè lo stesso potrebbe anche
chiamarsi “Salcicce per tutti” (an-
che per continuità…), ma se poi
al suo interno vengono ripresentati
i soggetti che poco hanno a che
fare con sezioni, assemblee e con-
gressi, e molto hanno invece sapu-
to districarsi tra euro, rimborsi-
spese e propri tornaconto, il
risultato elettorale (nonostante
l’accattivante nome del movimen-
to) rischia di trasformarsi per il
centro destra nell’ennesima deva-
stante debacle.
GIANLUCA PERRICONE
Lazio: qualcuno
poteva controllare?
ome si legge chiaramente
nell’Art. 70 dello Statuto della
Regione Lazio, il Comitato regio-
nale di controllo contabile, presie-
duto da Carlo Umberto Ponzo (Pd)
e composto da Roberto Buonasor-
te (La Destra), Giovanni Loreto
Colagrossi (Idv), Pino Palmieri (Li-
sta Polverini) e Francesco Pasquali
(
Fli), doveva controllare e verificare
l’adeguatezza delle spese e chiedere
i riscontri. Alcuni esponenti del
gruppo consiliare del Pdl laziale in
queste ore stanno puntando il dito
sull’organismo regionale che avreb-
be dovuto vigilare sugli sprechi che
avrebbero perpetrato alcuni mem-
bri del consiglio. Sottolineando co-
me nell’organo non ci fosse nessun
consigliere azzurro. Un’anomalia
facilmente spiegabile. Pasquali nel
2010
venne eletto nelle liste dei
berluscones, salvo poi seguire
Gianfranco Fini allorché diede vita
a Fli
«
Sarebbe stato sufficiente chie-
dere, anche alla luce degli eventi
che hanno coinvolto Franco Fiori-
to, le pezze di appoggio (fatture,
ecc…) di tutti i gruppi, per evitare
documenti fasulli, come sembra es-
sere quello di Vincenzo Maruccio
nel consuntivo di bilancio del suo
gruppo», osservano alcuni. Molte
sono le pressioni affinché il presi-
dente dell’organo avvii immedia-
tamente tutte le procedure per ve-
rificare se ci sono state delle
C
inadempienze da parte dell’orga-
no.
Pronta la difesa dal gruppo
consiliare del Partito democratico.
Secondo alcuni membri del gruppo
dirigente, il Comitato non ha nes-
sun potere nel chiedere conto delle
singole spese dei gruppi. «Ci dob-
biamo attenere alla rendicontazio-
ne autocertificata che ci vengono
sottoposte. Il 99% delle volte sono
due paginette riassuntive, abbiamo
le mani legate».
Eppure il primo comma dell’ar-
ticolo 70 sembrerebbe condurre in
un’altra direzione: «Il Comitato re-
gionale di controllo contabile, com-
posto da un presidente e da quat-
tro componenti, ha il compito di
riferire al Consiglio regionale sulla
gestione del patrimonio immobi-
liare della Regione, sul rispetto del
bilancio regionale di previsione,
sull’adeguatezza e completezza del-
la documentazione contabile, sulla
regolarità degli adempimenti fiscali,
sul rendiconto generale regionale».
Venendo corroborato anche dal se-
sto, che recita: «Il Comitato regio-
nale di controllo contabile può at-
tivare forme di collaborazione con
la sezione regionale di controllo
della Corte dei conti nonché richie-
dere alla stessa pareri in materia di
contabilità pubblica, in conformità
a quanto previsto dalla normativa
statale vigente».
VLADIMIRO IULIANO
quanto pare, l’Italia è nei Ca-
sini. Riflettiamo: ma davvero
vogliamo mandare l’erede di Arnal-
do Forlani a tenere testa a Frau
Merkel? O Bersani? O Renzi? Od-
dio, e questi ultimi due (ritenuti, nel
bene e nel male i vincitori
in pectore
del prossimo torneo elettorale) in
quale lingua si esprimeranno? Nel
dialetto emiliano strascinato e sibi-
lante del pur pacato Pier Luigi, o in
quello aspirato con la “h” del prode
e furibondo Matteo? Nessuno di
loro, a quanto mi risulta, ha mai
frequentato le Cancellerie occiden-
tali o svolto incarichi significativi a
Bruxelles, per poter assicurare al
loro futuro governo una presenza
autorevole in Europa. Casini lo sa
e, già da tempo, ha fatto scudo alla
propria inconsistenza politica con
la storia del reincarico al prof.
Monti, del tipo “Va avanti tu che a
me vien da ridere”. E, intanto, tran-
ne le rodomontate di Grillo e le urla
al vento della Lega Nord, la que-
stione di fondo alla quale nessuno
intende dare risposte è pur sempre
lì, implacabile: noi italiani, vogliamo
meno” o “più” Europa? Finora,
l’abbiamo pagato caro il nostro fi-
lo-europeismo, tenuto conto che
nell’euro ci siamo entrati da forzati,
imprigionati nel lager tedesco pro-
gettato per tenere a freno il nostro
libertinismo” finanziario. In com-
penso, loro, gli “gnomi” di Franco-
forte, ci hanno chiesto un pedaggio
A
talmente salato che, per il semplice
effetto di un cambio da usura eu-
ro-lira, abbiamo accettato che si ri-
ducesse della metà il nostro potere
di acquisto. Vero è che si è dato un
colpo alla botte, con il giochino del-
la bolla immobiliare e contando sul
fatto che l’80% degli italiani era
proprietario di un’abitazione:con
l’euro, infatti, la valutazione degli
immobili di proprietà è raddoppiata
letteralmente di valore, rispetto al
prezzo precedente in lire. Solo che,
il diavolo fa le pentole, ma non i
coperchi. L’euro ci ha costretto ad
aprire alla globalizzazione senza più
nessuna difesa e, a questo punto, il
deficit produttivo è divenuto strut-
turale, a causa del cambiamento ra-
dicale del fare impresa: chi ha po-
tuto, ha delocalizzato alla svelta,
re-impiantando le produzioni lad-
dove il costo della manodopera e
della pressione fiscale era molto più
basso di quello italiano. Ergo: nulla,
per il prossimo, ragionevole futuro,
tornerà più come prima. Rotto il
patto generazionale, l’Italia spro-
fonda nelle sue contraddizioni di
sempre, grazie a un sindacalismo
cieco e sordo, a un’amministrazione
pubblica allo sbando, agli immensi
sprechi degli innumerevoli centri di
spesa e di governo esistenti sul ter-
ritorio nazionale. Quindi, la que-
stione della futura leadership del
Paese non può essere un giochino
sul filo del tira-e-molla della rican-
didatura di Berlusconi. Nell’uno e
nell’altro campo, a destra come a
sinistra, c’è bisogno di individuare
personalità di punta, apprezzate in
campo internazionale e che abbiano
dimestichezza con le questioni di
politica economica, in questo diffi-
cilissimo periodo di de-crescita. Per-
sonalmente, penso che sia arrivato
il momento di fare spazio alle don-
ne in politica. Per questo, andrebbe
bene, che so, una doppia “Emma”.
A sinistra, ad esempio, la Bonino,
con la sua esperienza di Commis-
sario Ue e la grinta garantista che
la contraddistingue, potrebbe util-
mente addomesticare l’omofilia di
Vendola e tenere a bada i dipietristi
giustizialisti, per una santa alleanza
anti-Pdl (o di quel che sarà lo schie-
ramento di centro-destra), che non
urti più di tanto i moderati e i cat-
tolici “illuminati”. Sull’altro fronte,
Marcegaglia potrebbe rappresentare
i conservatori, facendo valere le sue
doti di mediatrice e di capitano
d’industria, che le consentirebbero
di muoversi con disinvoltura nei
processi di globalizzazione e di ri-
lancio della produzione industriale
italiana. Oltretutto, la Bonino parla
varie lingue e, tra le altre, l’arabo,
mentre la Marcegaglia non ha pro-
blemi con un uditorio internazio-
nale e si presenta piuttosto bene.
Anche la “taglia” conta, quando si
ha a che fare con la Merkel.
MAURIZIO BONANNI
Cavaliere,non vorrai davvero
affidare l’Italia intera aCasini?
L’OPINIONE delle Libertà
VENERDÌ 12 OTTOBRE 2012
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