II
POLITICA
II
Storace ci crede: «Nel Lazio la destra può vincere»
di
STEFANO CECE
l netto dei cinguettii di Silvio
Berlusconi, dei passi indietro
veri o presunti di Giorgia Meloni
con tanto di battito di ali dei gab-
biani (nelle ultime ore alcuni Fra-
telli d’Italia tra cui Fabio Rampelli
sono tornati a fare la voce grossa,
senza dimenticare la presa di po-
sizione dell’ex ministro della Gio-
ventù che deve decidere se correre
da sola per la carica di presidente
della Regione Lazio) e dei mal di
pancia di Alemanno (il sindaco di
Roma avrebbe preferito un can-
didato della società civile come il
magistrato Simonetta Matone e
ieri sull’ipotesi Meloni ha tagliato
corto: «non credo che accadrà»),
questi ultimi calmierati con una
buona dose di sms per tranquil-
lizzare Storace, il leader de La De-
stra si appresta a gareggiare per
la sfida delle regionali (24-25 feb-
braio) contro Nicola Zingaretti.
Sciolte le riserve, al netto dei son-
daggi, della “benedizione” di Ber-
lusconi e del triplo passo all’in-
dietro della Meloni, è lei il
candidato presidente del centro-
destra alla Regione Lazio?
Sono contento che il centrode-
stra abbia scelto di puntare su di
me per riconquistare una Regione
che ho avuto modo di governare
e mi è stata sottratta da uno scan-
dalo che sette anni dopo si è rive-
lato fasullo, con la mia assoluzio-
ne perché il fatto non sussiste. Ora
ci aspettano meno di 40 giorni di
campagna elettorale, tutti uniti,
per far capire a Zingaretti che può
immaginare” di perdere.
A Zingaretti ha già detto “Imma-
gina se perdi”, già sicuro di vin-
cere?
Non sono sicuro di vincere, sa-
rebbe presuntuoso. Se è vero che
il mio competitore è in campagna
elettorale già da un mese, è vero
anche che è grande la mobilitazio-
ne attorno alla mia candidatura
che si percepisce sia dalle tante
chiamate e sms che mi stanno ar-
rivando, sia dall’entusiasmo che
si legge sui social network, da
Twitter a Facebook. Una compat-
tezza che in battaglia può sicura-
mente rompere le uova nel panie-
re alla sinistra che pensava già,
loro sì spocchiosamente, di avere
la Regione in tasca.
Come giudica la sentenza del Tar
del Lazio sul taglio dei consiglie-
ri?
Positivamente. Ed è il frutto
della tenacia della presidente Pol-
verini. Dopo quanto si era verifi-
cato c’era bisogno di un segnale
forte, che lei ha creduto di dover
perseguire in questa maniera, e i
fatti le hanno dato ragione.
Cosa ha insegnato il caso Fiorito,
il cavaliere ha parlato di “mestie-
ranti della politica”, ci libereremo
una buona volta di queste figure?
Vede, noi avevamo presentato
una proposta per il taglio delle in-
dennità ai consiglieri lo scorso
febbraio, perché ritenevamo che
ci fossero troppi soldi in circola-
zione. Proposta passata nel quasi
totale silenzio dei media, e che ci
ha attirato addosso qualche anti-
patia tra gli altri consiglieri. Biso-
gna capire che nelle istituzioni
non sempre il giovanilismo è un
valore, appunto per quello che è
successo nel Consiglio regionale,
A
mentre lo è l’esperienza. E io ne
ho.
Se verrà eletto presidente avrà del-
le belle gatte da pelare, in primis
sanità, rifiuti e trasporti, qual è il
suo impegno?
Quello di non avere più com-
missari del governo. Un presidente
di Regione viene eletto per gover-
nare, e nessuno meglio di lui co-
nosce quali sono le reali esigenze
del territorio. Il mio impegno è
quello di riportare il Lazio ad es-
sere la regione italiana da prende-
re come modello positivo, quella
alla quale guardare con ammira-
zione. Ci possiamo riuscire.
Parlando di alcuni personaggi del-
la Prima Repubblica, tipo Fini, ha
detto che dovevano farsi da parte,
anche la sua però non è proprio
una faccia nuova, non crede?
Io negli ultimi 13 anni ci sono
stato 2 anni in Parlamento. Que-
ste persone che invece vogliono
passare per il rinnovamento, su
quegli scranni ci stanno ininter-
rottamente da 30 anni. C’è una
bella differenza, visto che io pro-
prio per i motivi appena detti ho
avuto modo di concentrarmi, e
molto, sul territorio dal 2000 a
oggi. Il Lazio lo conosco a fondo.
Fallimentare l’esperienza Polveri-
ni?
Assolutamente no, sono state
diverse le azioni positive compiute
in questo periodo della sua am-
ministrazione, e alla presidente va
inoltre riconosciuto un merito
umano oltreché politico: si è di-
messa pur non essendo indagata.
Un segno di grande coraggio che
a sinistra, con i loro presidenti di
Regione indagati, nessuno ha se-
guito.
I suoi avversari la chiamano “mi-
ster 10 miliardi”, la sanità del La-
zio è un buco incolmabile?
I miei avversari sono monotoni
e un po’ testoni: io con i miliardi
che ho investito ho aperto ospe-
dali dove la gente viene guarita,
dal Sant’Andrea al Policlinico Tor
Vergata, al Cpo di Ostia solo per
citarne alcuni. Se si fanno debiti
per garantire un diritto come
quello di cura, credo si tratti di
un merito. Vorrei sapere come la
pensa la sinistra sui 12 miliardi
lasciati in eredità al Campido-
glio…
Una bufala o un’idea da replicare
quella di Maroni: trattenere il
75%
delle tasse dei lombardi in
regione per eliminare Irap, bollo
auto, ticket sanitario?
Il federalismo è sicuramente
una misura importante, ci sono
stati federali anche negli Usa, e
qui in Europa, non è una scoper-
ta. Se certe risorse potessero essere
impiegate sul territorio, certamen-
te il Lazio avrebbe un buon baci-
no cui attingere visto che siamo
tra le regioni più produttive d’Ita-
lia. Ma il vero segreto è andare a
prenderci i quattrini in Europa:
da governatore, con Prodi presi-
dente del consiglio europeo, il La-
zio portò a casa fior di milioni e
il plauso dell’Ue. Ecco, quell’espe-
rienza va replicata.
Perché ce l’ha tanto con Monti?
Perché ha tradito: i partiti che
lo hanno votato; il presidente del-
la Repubblica che lo aveva indi-
cato come tecnico; il popolo, per-
ché ha fatto gli interessi delle
banche.
Il leader de La Destra
è pronto alla sfida
con Nicola Zingaretti
a cui ha già detto:
«
Immagina se perdi»
In caso di vittoria
la promessa
è «di non avere
più commissari
del governo».
un presidente di Regione
viene eletto
per governare e nessuno
meglio di lui
conosce quali sono
le reali esigenze
del territorio.
Il mio impegno
è quello di riportare
il Lazio ad essere
la regione italiana
da prendere
come modello positivo,
quella a cui guardare
con ammirazione.
Ci possiamo riuscire».
L’esperienza Polverini
giudicata positivamente:
«
Alla ex presidente
va riconosciuto
un merito umano
oltreché politico
perché si è dimessa
non essendo indagata,
un segno di coraggio
che a sinistra
con i loro presidenti
di regione indagati,
nessuno ha seguito».
SuMonti: «Ha tradito
in primis i partiti
che lo hanno votato,
il presidente Napolitano
che lo aveva indicato
come tecnico,
e infine il popolo
perché ha fatto
solo gli interessi
delle banche».
L’OPINIONE delle Libertà
VENERDÌ 18 GENNAIO 2013
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