II
POLITICA
II
Pannella, Storace e la retorica dell’antifascismo
di
FRANCESCO PULLIA
oilà, chi aspettava un altro
pretesto per gettare fango sui
radicali e sul “reprobo” Pannella
è stato accontentato. Può essere
soddisfatto. Adesso i signori del
luogo comune, i censori del «so-
no stato radicale ma ora pro-
prio...», gli ipocriti del «mi sono
stancato di dovere sempre giusti-
ficare posizioni indifendibili,
adesso basta...» possono essere
paghi. Per non parlare di coloro
che nella loro vita avranno bene
o male fatto capolino un secondo
a qualche raccolta di firme e poi
si permettono di dire «accettiamo
tutto, ma Storace no, con lui pro-
prio non si può…».
L’antifascismo nominale, ma-
schera ideologica della peggiore
retorica, del conformismo assurto
a logica imperante per menti im-
pigrite, soggette a essere atrofiz-
zate, negazione dell’antifascismo
fattuale, riemerge ogniqualvolta
si tratta di imbellettare la bana-
lità. E sempre si ripete lo stesso
copione.
Negli anni Settanta, Pannella,
sì lui, accettò di confrontarsi, so-
craticamente e da par sua, con
Massimo De Carolis, esponente
dell’allora maggioranza silenziosa
additato come “bubbone clerico-
fascista” dalla solita sinistra pu-
ritana di facciata che, poi, sotto-
banco, trattava, tanto per
cambiare, con il potere vaticano
per privare gli italiani del diritto-
dovere di esprimersi sul divorzio,
sull’aborto, sul concordato mus-
soliniano?
E dell’assistenza legale offerta
da avvocati radicali come De Ca-
taldo e Mellini, proprio in osse-
quio a un autentico spirito libe-
rale e antifascista, agli intoccabili
“tornate nelle fogne” di Avan-
guardia nazionale?
Del caso del filosofo Armando
Plebe che, dimessosi da senatore
del Msi, annunciò l’intenzione di
V
iscriversi ai radicali? Del sonoro
ceffone ricevuto da Pannella da-
vanti al plumbeo portone di via
delle Botteghe Oscure, allora sede
del Pci? Degli attacchi violentis-
simi e mistificatori cui il leader
radicale e l’intero partito erano
quotidianamente sottoposti da
parte di commentatori politici te-
levisivi come gli scomparsi Giu-
seppe Fiori o Emanuele Rocco?
Vi siete, per caso, dimenticati,
d’altro canto, dello scandalo sor-
tito da Pannella quando ha osato
chiamare “compagni assassini” i
brigatisti rossi e, ancora, dell’in-
dignazione di Enzo Biagi dinanzi
alla candidatura di Toni Negri, a
quel tempo esponente di spicco
dell’Autonomia operaia e tra le
principali vittime del teorema del
“7 aprile”, o di Ilona Staller, in
arte Cicciolina, popolarissima
pornostar che, secondo i crismi
di una certa cultura cattocomu-
nista e antiliberale dominante in
Italia, sarebbe rimasta sommersa
nella e dalla mediocrità se non ci
fossero stati i radicali?
Da sincero laico qual era, il re-
pubblicano Giovanni Spadolini
intervenne in controtendenza, af-
fermando sarcasticamente di pre-
ferire «le luci rosse ai fondi neri».
Guardando indietro nella sto-
ria splendida, invidiabile, cristal-
lina, dei radicali italiani, di casi
come quelli riportati ce sono a io-
sa. Solo per elencarli non baste-
rebbe un libro.
L’ultima, in ordine di tempo,
a destare l’indignazione di turno
è stata, appunto, la vicenda Sto-
race. Ma come, è stato detto dai
soliti “luogocomunisti” - che han-
no tollerato e continuano a tolle-
rare, con la propria sciatteria in-
tellettiva, il diffondersi della peste
italiana, l’ammorbamento della
politica da parte della partitocra-
zia - i radicali adesso stanno con
i nostalgici della mano tesa? Ma
siamo sicuri che le cose stanno
proprio così?
Certo, fa comodo mestare nel
guano e lanciarlo addosso a Pan-
nella. Che bello parlare di una
presunta spaccatura tra Pannella
e la Bonino e tra gli stessi mili-
tanti. Ma, ripetiamo, davvero le
cose stanno così?
Chi scrive, va detto a scanso
di equivoci, da più di due anni
non è più dirigente radicale, ha
deciso sua sponte di non svolgere
più l’attività militante, soprattutto
in polemica con l’infelice votazio-
ne pro-sperimentazione animale
espressa alla Camera da alcuni
parlamentari radicali (non tutti,
per fortuna), e ha di conseguenza
rifiutato l’accettazione di candi-
datura ritenendo chiusa la pro-
pria quarantennale esperienza.
Davanti, però, all’ennesimo in-
decoroso, osceno, oltraggio anti-
radicale scatenato, peggio e più
di sempre, dal basso ventre del
giornalismo “sfascista” (altro che
antifascista) nostrano, chi è ani-
mato da laicismo, nonviolenza,
liberalismo non si può che insor-
gere.
Diciamoci la verità: il caso
Storace non è mai esistito. Se è
stato visto così, è perché lo si è
costruito e reso tale. Il fatto, per
dirla tutta, in realtà dovrebbe es-
sere chiamato per ciò che è, cioè
il caso “Rocco Berardo e Giusep-
pe Rossodivita” con riferimento
ai due consiglieri regionali radi-
cali che, da soli, hanno avuto il
coraggio e la tenacia di scoper-
chiare la fogna dei finanziamenti
ai partiti-gruppi consiliari e del-
l’uso disinvolto da parte di con-
siglieri di una e dell’altra parte.
Per questo, anziché premiarli,
come avrebbe dovuto, il candida-
to alla presidenza della Regione
Lazio in quota Pd ha ritenuto di
doverli punire, alla faccia della
trasparenza tanto sbandierata dal
partito di Bersani.
Storace, il “fascista” con cui,
nel nome di una bizzarra conce-
zione della democrazia e dell’an-
tifascismo, non bisognerebbe ne-
anche colloquiare, pur ribadendo
onestamente la propria distanza
dalla visione radicale, ha, però,
lealmente riconosciuto che il pa-
trimonio di legalità costituito dai
due consiglieri radicali non do-
vesse essere disperso e ha offerto
la propria disponibilità ad acco-
glierli.
Dove sta lo scandalo? Lo di-
ciamo noi: nella gratuita ostenta-
zione di antifascismo da parte di
chi, all’indomani del varo della
costituzione, ne aveva accurata-
mente sotterrato lo spirito che
l’informava. A prevalere, è stato
un articolo non scritto: «L’Italia
è una repubblica fondata sulla re-
torica, sul perbenismo del luogo
comune».
Infine dimenticavamo come,
negli anni Settanta, si voleva la
messa al bando del Movimento
sociale italiano, così adesso, nel
nome dell’antifascismo, si raccol-
gono firme per impedire a movi-
menti come Casapound di pre-
sentarsi regolarmente alle
elezioni, cioè di esporre i loro
programmi sottoponendoli, de-
mocraticamente, al giudizio degli
elettori.
Ma, scusate, l’antifascismo
non dovrebbe implicare il rispetto
dell’altrui opinione, il voltairiano
«non condivido le tue idee ma mi
batterò fino alla morte affinché
tu possa esprimerle»? Già, “fasci-
sta” è Storace.
Secondo i soliti
“luogocomunisti”,
i radicali adesso stanno
con i nostalgici
della mano tesa.
Ma siamo sicuri
che questo descriva
accuratamente la verità?
K
Marco PANNELLA
La storia di Pannella
è stata connotata
dal continuo confronto.
Senza l’influenza
di preconcetti viziati,
per loro natura,
dalla retorica
e dal conformismo
segue dalla prima
L’Italia che segue
(...) Ma che un silenzio del genere caratterizzi
chi ha il compito istituzionale di guidare la
politica estera del paese non solo stupisce ma
preoccupa enormemente. Tanto più che pro-
prio chi guida il paese ed è “salito in campo”
con il proposito di continuare a farlo anche
nei prossimi anni, non esita a criticare i partiti
concorrenti per il loro provincialismo e la
loro tendenza ad occuparsi solo di questioni
domestiche e prive di qualsiasi respiro inter-
nazionale. Il riferimento a Mario Monti è fin
troppo esplicito. Nella sua lunghissima in-
tervista al
Corriere della Sera
di domenica
scorsa non figura neppure un riferimento
lontano alla questione di come l’Italia intenda
supplire all’assenza di quel comodo “ombrel-
lo americano” grazie al quale il nostro paese
e aveva potuto evitare l’incombenza (ed i co-
sti) di una propria politica estera. Chi con-
testa il provincialismo e la vocazione dome-
stica degli altri, in sostanza, mette in mostra
lo stesso provincialismo e la stressa vocazione
strapaesana. Con l’aggravante che un presi-
dente del Consiglio che si candida a succedere
a se stesso ha l’obbligo istituzionale di fornire
una risposta al problema evitando di lasciare
intendere agli italiani che, in economia ed in
politica estera, la sua linea politica è quella
del “seguirò la Merkel”. Monti, in sostanza,
ha responsabilità maggiori dei partiti senza
identità. Se non se ne fa carico, non può of-
fendersi se poi qualcuno rileva che il suo slo-
gan elettorale “L’Italia che sale” va letto come
“L’Italia che segue”.
ARTURO DIACONALE
Pannella e Bonino
(...) Il secondo, cioè Marco, si limita a pren-
derlo per i fondelli, cercando di fare tornare
in lui quell’afflato iper liberale, liberista e li-
bertario che era proprio del personaggio pri-
ma che venisse contaminato e inquinato dai
vari Letta, Bossi, Buttiglione, Giovanardi,
Gasparri e così via. Insomma, sotto sotto,
quello tra Marco e il Cav è stato un amore
breve e infelice ma non dimenticato, una sor-
ta di coitus interruptus nel lontano 1994. Per
Emma invece, l’individuo, anzi “il porco”, è
inaffidabile e va posto nel dimenticatoio. Se
non peggio. Conseguenza e corollario di que-
sta opposta visione dell’universo del centro-
destra (e la vicenda in cui Storace ha fatto la
figura del Voltaire italiano rispetto al perbe-
nismo ipocrita di Zingaretti che ha gabellato
per rottamazione la vendetta postuma sul
duo di rompitori di uova nel paniere dei
gruppi regionali, cioè Giuseppe Rossodivita
e Rocco Berardo, è molto indicativa della
“versione di Emma”,
ndr
) è anche il diffe-
rente approccio con il Pd e la galassia del
centrosinistra. Se a Emma arriva addirittura
un invito, respinto, da parte di un giustizia-
lista doc come Ingroia per fare la capolista
al Senato, a Marco giungono gli insulti su
internet e gli sputi in piazza. Che lui continua
a ricambiare con le proprie intemerate pro-
vocazioni. Perché per Pannella l’antifascismo
militante è la caricatura da operetta di uno
stato che conserva, grazie al burocratismo
del Pci prima e del Pd poi, il proprio immu-
tato autoritarismo. E il ventennio fece poca
cosa, guerra a parte, sulla mentalità codina
e conformista dell’italiano medio rispetto ai
sessanta anni di finta democrazia partitocra-
tica di cui il Pci è stato uno dei pilastri e dei
protagonisti. Una volta anche Emma la pen-
sava così, poi l’ambizione da euroburocrate
e i salotti buoni che frequenta, senza Pannella,
le hanno intenerito il cuore e imborghesito
la mentalità radicale. E siccome Marco ormai
è un po’ in là con gli anni, chi glielo fa fare
a seguirlo nelle battaglie più difficili ed estre-
me che di certo non portano voti? La “prin-
cipessa” ha altri programmi: punta in alto,
una vita da “grilla parlante” non fa per lei.
DIMITRI BUFFA
K
Francesco STORACE
Organo del movimento delle Libertà per le garanzie e i Diritti Civili
Registrazione al Tribunale di Roma n.8/96 del 17/01/’96
CHIUSO IN REDAZIONE CENTRALE ALLE ORE 19,00
Direttore Responsabile:
ARTURO DIACONALE
Condirettore:
GIANPAOLO PILLITTERI
Vice Direttore:
ANDREA MANCIA
AMICI DE L’OPINIONE soc. coop.
Presidente
ARTURO DIACONALE
Vice Presidente
GIANPAOLO PILLITTERI
Impresa beneficiaria per questa testata dei contributi
di cui alla legge n. 250/1990 e successive modifiche e integrazioni.
IMPRESA ISCRITTA AL ROC N. 8094
Sede di Roma
VIA DEL CORSO 117, 00186 ROMA
TEL 06.6954901 / FAX 06.69549024
Amministrazione - Abbonamenti
TEL 06.69549037 /
Ufficio Diffusione
TEL 02.6570040 / FAX 02.6570279
Progetto Grafico:
EMILIO GIOVIO
Tipografia
L’OPINIONE S.P.A. - VIA DEL CORSO 117, 00186 ROMA
Centro Stampa edizioni teletrasmesse
POLIGRAFICO SANNIO S.R.L. - ORICOLA (AQ)
TEL 0863.997451 / 06.55261737
Distributore Nazionale
PRESS-DI DISTRIBUZIONE STAMPA E MEDIA S.R.L.
VIA CASSANESE 224, 20090 SEGRATE (MI)
Concessionaria esclusiva per la pubblicità
SISTECO S.P.A. - VIA DEL CORSO 117, 00186 ROMA
TEL 06.6954901 / FAX 06.69549024
L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 22 GENNAIO 2013
2
1 3,4,5,6,7,8