ata, 19 gennaio 2013: piaccia
o no, mi permetto (oramai lo
faccio, ne sono consapevole, con
una puntualità che ricorda quella
tipica degli anziani) di ricordare
l’anniversario – il tredicesimo
quest’anno – della scomparsa di
Bettino Craxi. Ed anche questa vol-
ta mi rivolgo a chi legge con quanto
scritto in quella sentenza del 1997
emessa dalla corte d’Appello di Mi-
lano che condannò il leader socia-
lista per la tangente Enimont (la co-
siddetta “madre di tutte le
tangenti”): «Si può dare atto a Cra-
xi – vi si leggeva tra l’altro – che in
questo processo non è risultato né
che abbia sollecitato contributi al
suo partito né che li abbia ricevuti
a sue mani, ma questa circostanza
– che forse potrebbe avere un va-
lore da un punto di vista per così
dire estetico – nulla significa ai fini
della responsabilità penale». Quin-
di, da come si può intendere quel-
l’assunto, Craxi non aveva solleci-
tato chicchessia al versamento di
contributi né per il partito né per
se stesso: ma tutto questo, eviden-
temente non contava perché il lea-
der doveva essere punito anzi, per
meglio dire, annientato. Bisognava
punirlo comunque perché, quanto
meno, “non poteva non sapere”.
Una formula, quest’ultima, che mol-
to ricorda l’attuale “concorso ester-
no in associazione mafiosa” (alme-
no per come e contro di chi questa
D
accusa viene utilizzata) e che sap-
piamo essere stata applicata soltan-
to nei confronti di chi doveva ne-
cessariamente essere “affondato”:
in materia di finanziamenti illeciti,
alcuni segretari di partito potevano
tranquillamente far finta di “cadere
dal pero”, mentre altri (e Craxi, tra
questi, era il primo della lista) ne-
cessariamente doveva sapere qual-
cosa. Cose già scritte ma che si ri-
tiene necessario ribadire ad ogni
anniversario di quello che da più
parti è stato definito un “delitto po-
litico”: Bettino Craxi doveva paga-
re, in qualsiasi modo, il ruolo che
sapientemente si era ritagliato nella
modernizzazione del nostro Paese;
doveva scontare di essere riuscito a
disgregare quel “gioco delle parti”
tra Pci e Dc che, con il compromes-
so storico, stavano praticamente
soffocando tutto. Qualcuno scrisse
che quella di Bettino Craxi era
«una personalità indiscutibilmente
scomoda da mettere, il più presto
possibile, fuori gioco. E questo po-
teva avvenire scoperchiando il si-
stema del finanziamento illegale che
foraggiava tutti i partiti, e contem-
poraneamente modificando corpo-
samente i poteri dei pm. Il sistema
giudiziario diventava un sistema in
cui questi erano padroni e gestori
di ogni iniziativa accusatoria che è
quella che serve per rivoluzionare
un paese». Molti dei personaggi di
quell’epoca sono ancora in auge e
gestiscono i poteri (non soltanto po-
litici) come facevano lustri fa; un
pm (quello che, in malafede o per
intrinseca ignoranza, definì “forun-
colone” un piede che era invece de-
vastato dalla cancrena come quello
del leader socialista) ha fatto poli-
tica per poi cadere nella rete pseu-
do-moralista da lui stesso tessuta;
i pm, del resto, continuano a “rivo-
luzionare un paese”. E allora si ren-
de quanto meno indispensabile ri-
cordare puntualmente la scomparsa
di uno statista che, in quanto tale,
ha fatto e fa ancora discutere la po-
litica italiana.
GIANLUCA PERRICONE
II
POLITICA
II
Luci ed ombre di una democrazia alla parmigiana
di
GIUSEPPE MELE
rresti e avvisi di garanzia con-
tro esponenti del centrodestra,
nelle settimane antecedenti le ele-
zioni, non fanno notizia. Sono un
classico e ci si meraviglierebbe sol-
tanto del contrario. L’arresto dell’ex
sindaco di Parma Pietro Vignali ha
ridato attenzione indiretta alla ca-
pitale del grillismo la cui ascesa nel
2012, dalla Sicilia alla conquista di
Parma e calcolata in un 20% elet-
torale, oggi è già scesa alla metà. La
vittoria del neosindaco Federico Piz-
zarotti del M5S ha anche ribadito
l’ennesima sconfitta della sinistra
nella città del prosciutto. Governata
dal Pci ininterrottamente dal ’46 al
’70 (sindaci Savani, Botteri, Ferrari,
Baldassi), ebbe poi dal ’70 al ’92,
dei primi cittadini craxiani (Gherri,
Cremonini, Grossi, Colla) in alle-
anza con i comunisti all’inizio poi
con il pentapartito. Tolte le due
giunte post Mani Pulite del Pds Ste-
fano Lavagetto (’92-’98), l’ammini-
strazione Per Parma (’07-’11) dell’ex
segretario Cdu, Vignali continuava
il 40ennale indirizzo eretico comu-
nista della seconda città emiliana,
da Civiltà Parmigiana (’98-’07) del
Dc Elvio Ubaldi già vicesindaco ’85
-’90 e proseguito paradossalmente
oggi dai grillini. Ubaldi, Vignali e
Pizzarotti sono tutti parmigiani, cioè
nativi di Parma o frazioni. Era in-
vece parmense, cioè della provincia
e precisamente di Fidenza, Vincenzo
Bernazzoli, attuale presidente pro-
vinciale, il candidato Pd preposto
al facile compito di prendere il po-
A
sto dell’amministrazione Vignali,
crollata sotto il peso di 170 milioni
di debiti diretti e 400 indiretti del
Comune. Tra Parma e provincia, tra
Parma e Piacenza, le città ducali di
Maria Luigia, corrono diffidenze se-
colari, a partire dalla perdita dello
status capitale per Piacenza, dove
nel 1547 fu sgozzato il duca Pier-
Luigi Farnese per un complotto dei
Gonzaga. Nella nuova capitale Par-
ma, i piacentini divennero leader e
assassen. L’inventore di Don Camil-
lo Giovanni Guareschi, è invece un
cittadino ad honorem, per quanto
nato a Roccabianca, paese che deve
il nome all’amata del Magnifico Pier
Maria II de’ Rossi, il condottiero
parmense, divenuto autore della li-
bertà parmigiana, per le guerre a ve-
neziani e milanesi nel ‘400. In pro-
vincia si lavora duro sugli insaccati
e sui formaggi ma il vanto di metà
del lusso alimentare made in Italy
va tutto alla città. Piacenza è mon-
tanara e Parma aspira al mare, a La
Spezia, dove finisce la sua regione
Lunigiana, che l’ex ministro Ferri
voleva unisse gli spuri toscoligurie-
miliani. Città-vescovato e città na-
poleonica, Parma d’istinto pensa in
grande. Ha sognato la metropolita-
na, una grande stazione Fs, incene-
ritore, nuovi quartieri, terza Esse-
lunga, Scuola Europea, come già si
sognò ai tempi di Tanzi e Parmalat,
capitale finanziaria, magari con tan-
to di scudetto in serie A. Città alla
moda, presente sul web che interes-
sa tutti, non solo i grillini: troppe
voci favorevoli a Vignali sui social
network hanno fatto sospettare di
account falsi, pagati ad hoc. Oggi
l’arrivo a Parma è traumatico, tra
una stazione terremotata come
quella di Napoli e la numerosa po-
polazione interetnica, ed è persa del
tutto l’atmosfera ricca di pochi anni
fa. L’inchiesta rifiuti sovrappostasi
a quella sulla corruzione ha incar-
cerato nel pubblico, nel privato, nel-
la stampa e nel web, contestando la
linea editoriale del quotidiano Polis,
sequestrando il cantiere dell’incene-
ritore e per trascinamento stoppan-
do anche quello di Reggio Emilia.
Una base sostanziale che dà ragione
alle condanne ed ai sospetti agitati
dal M5S in campagna elettorale. I
grillini parmigiani, però, non se ne
fanno vanto; non li trovi a volanti-
nare, a tenere gazebo, a marcare il
territorio. Rintanati in Comune, alle
prese con l’osso duro dell’ammini-
strare, fanno sapere poco di sé. Con
piglio montista hanno tagliato le
spese possibili, compreso il concerto
natalizio in piazza, tra i mugugni
dei commercianti, ma non un enor-
me cono a panelli solari. Serafico,
il sindaco 40enne Pizzarotti ha no-
minato a tozzi e bocconi una giunta
in media poco più che sua coetanea,
tutta parmigiana a parte le donne
(milanese torinese e varesotta). In-
terne al M5S le scelte per la decana
Nicoletta Lia Rosa Paci, vicesindaco
con delega scuola, molto popolare
per avere gestito la comunicazione
M5S, dell’ex presidente Giovani Im-
prenditori Api Cristiano Casa alle
attività produttive e di Gabriele Fol-
li, dell’assessore alla gestione cor-
retta rifiuti, all’ambiente. Il metodo
selettivo per curricula, sventolato
come la diretta streaming per le riu-
nioni di giunta, hanno premiato allo
sport il 35enne pallavolista Giovan-
ni Marani, al bilancio Gino Capelli,
un curatore fallimentare del caso
Parmalat, passato, come dire, dal
tribunale alla politica; all’urbanisti-
ca, l’architetto Michele Alinovi, col-
laboratore in grandi progetti dello
studio milanese Gregotti e dei Co-
muni di Colorno e Collecchio; alla
cultura la giovane torinese Laura
Ferraris, studiosa dei beni culturali,
proveniente dall’associazionismo ed
al welfare Laura Rossi, già al Ser-
vizio Sociale di Cervia, Milano Ma-
rittima e Parma. Non sono mancati
gli impasse: Alinovi ha sostituito
prontamente il già nominato Ro-
berto Bruni, colpevole di un pre-
gresso fallimento aziendale; la pa-
tinata Rossi, dipendente comunale
mobbizzata e risarcita, non ha man-
cato di vendicarsi sui suoi ex supe-
riori d’ufficio. Mancava il cavallo
di battaglia, la democrazia diretta.
Dopo la Befana, il 7 gennaio, il sin-
daco si presenta in assemblea citta-
dina (ma anche in streaming e su
ParmaTV con tutta la giunta, per
una Parma 2013 punto a capo, ti-
tolo accattivante per la presentazio-
ne del bilancio preventivo. Uno die-
tro l’altro, sindaco, Capelli, Rossi,
Paci in due orette di monologo as-
sessorile senza interruzioni spiegano
lo stato debitorio, studiato in 7 me-
si. Il tono è sottotono, democristia-
no, di decrescita, senza tema del-
l’impopolarità, con l’elenco dei tagli,
la spiegazione e la richiesta di quat-
trini da parte di chi può. Una cosa
che si ascolta in ogni consiglio co-
munale da sempre. La novità qui è
il bis serale in assemblea. Il piatto
forte però sono le domande, scritte
dal pubblico su dei bigliettini, dei
pizzini buoni, ma inviabili anche via
web per chi guarda lo streaming.
Scatta subito la protesta assessorile:
c’è chi vuole parlare a braccio, con-
traddire i grillini di governo. Pizza-
rotti li conosce, li chiama per nome
e li zittisce, come nemmeno Grillo:
«I soliti arroganti, che comiziano
sempre e non fanno fare le doman-
de agli altri che tornano a casa con
il pensiero di non avere potuto fare
la propria domanda». Ecco cos’è la
democrazia diretta: non dire la pro-
pria, ma domandare. Poi il gover-
nante risponderà sperando che non
interroghi.
Acqua, tra forum
e forti investimenti
Ripensare Bettino Craxi
a tredici anni dalla morte
Prosciutto e formaggio
i suoi simboli storici
che attualmente
appaiono in declino
Il 5 Stelle comanda
a Palazzo Ducale,
ma rinuncia al confronto
con il suo elettorato
opo l’approvazione (28 di-
cembre 2012) del nuovo
metodo tariffario transitorio
(2012-2013) per il servizio idrico
integrato da parte dell’Autorità
per l’energia elettrica e il gas - al-
la quale di recente sono state at-
tribuite funzioni in materia di
qualità, tariffe e costi dei servizi
idrici integrati, inizialmente as-
segnate all’Agenzia nazionale per
la regolazione e la vigilanza in
materia di acqua, ente costituito
a maggio 2011 e soppresso dopo
pochi mesi dal decreto “Salva Ita-
lia” - in settimana si moltipliche-
ranno in tutta Italia le iniziative
da parte degli attivisti dei vari fo-
rum e movimenti per l’acqua
pubblica (venerdì prossimo a Ro-
ma presidio sotto la sede dell’Au-
torità), la maggior parte scontenti
dell’esito delle decisioni prese
D
successivamente al referendum.
Guido Bortoni, presidente del-
l’Aeeg, era stato chiaro: «Sono in-
dispensabili oltre 65 miliardi di eu-
ro di interventi per i prossimi 30
anni». Il settore idrico, ha spiegato
Bortoni, «è penalizzato da una serie
di criticità che vanno dal 30% delle
perdite di rete al 15% della popo-
lazione privo di sistema fognario,
fino ai depuratori insufficienti o ad-
dirittura inesistenti per un italiano
su tre, per non dimenticare la di-
scontinuità nell’erogazione soprat-
tutto nel Mezzogiorno».
«Il diritto all’acqua non deve
più essere fruito solo sulla carta –
ha sottolineato il presidente del-
l’Autorità – per garantire il diritto
di tutti, in ossequio al principio
che l’acqua è un bene primario e
indispensabile».
STEFANO CECE
K
Bettino CRAXI
L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 22 GENNAIO 2013
3
1,2 4,5,6,7,8