II
CULTURA
II
Amore e Psiche.Milano s’inchina di fronte al mito
di
MARCO RESPINTI
Palazzo Marino, nel capoluogo
lombardo, si è chiusa da poco
la mostra A
more e Psiche a Milano
,
ed è stato un successo grandioso.
L’allestimento presentava due ca-
polavori coevi, di proprietà del Lou-
vre: la scultura
Amore e Psiche
stanti
di Antonio Canova (1757-
1822)
e il dipinto
Psyché et
l’Amour
,
realizzato nel 1798 da
François Gérard (1770-1837). Al
centro sta il mito-favola di Amore
e Psiche nella versione di Lucio
Apuleio (125-170), lo scrittore e fi-
losofo romano di scuola platonica
che non ne fu l’inventore, ma che
ne
Le metamorfosi
la confezionò
nella forma divenuta da allora ca-
nonica. Tant’è che la mostra mila-
nese offriva agli spettatori in attesa
di entrare in sala una introduzione
che del mito ripercorreva l’ordito,
dagli Egizi ai Greci, dal Medioevo
al Rinascimento, dai Preraffaelliti
allo scultore e pittore francese Au-
guste Rodin (1840-1917).
Il mito originario narra di Psiche,
principessa di rara bellezza, forse
persino superiore all’avvenenza della
stessa dea della bellezza, Afrodite
alias
Venere. Tanto che Afrodite si
rode d’invidia per Psiche e, attraver-
so l’oracolo di Delfi (il quale, sacro
al dio Apollo, per i Greci vaticinava
la voce del Cielo fungendo da tra-
mite tra Zeus e i mortali sulla Terra),
ordina ai genitori della bella princi-
pessa di abbandonarla su una roccia
in attesa che il suo sposo venga ad
impalmarla. Ma lo sposo annuncia-
to per Psiche da Afrodite ha il volto
stesso della sciagura e della perdi-
zione, il contrario esatto del candore
e della purezza della giovane: è in-
fatti un mostro orrendo. Per com-
pletare la propria trama, Afrodite
domanda inoltre al proprio figlio
Eros o Cupido, cioè Amore (per al-
cuni Cupido è figura mitologica di-
stinta da Amore, per altri no), d’in-
cantare, com’è in suo potere fare,
Psiche affinché lei s’innamori della
ributtante creatura. Ma quando, re-
sosi invisibile, avvicina Psiche per
portare a termine il complotto, Eros
impatta con la mai vista bellezza
A
della giovane, innamorandosene
profondamente. La conduce così
nella propria dimora e la vede solo
fugacemente la notte, implorandola
di tenere sempre al buio la propria
stanza affinché la sua identità non
venga rivelata e la notizia del suo
tradimento non raggiunga la vendi-
cativa Afrodite. Un giorno però Psi-
che invita nella dimora di Eros an-
che le proprie sorelle e così, anche
per colpa della loro gelosia, una not-
te accende un lume scoprendo il vol-
to di Eros, che è costretto a scappa-
re. Psiche è disperata, Eros le ha
trafitto il cuore e anche lei ora ne ri-
cambia i sentimenti. Tenta il suicidio,
ma poi implora Afrodite: è disposta
a tutto purché Eros torni da lei.
Afrodite le impone sfide immani, la
massima delle quali è scendere
nell’Ade per riportare nel mondo
dei mortali un poco della bellezza
della regina dell’Oltretomba, Pro-
serpina. Psiche riesce, ma è curiosa
proverbialmente come una femmi-
na: apre la scatola contenente i
frammenti della beltà di Proserpina
e su di lei si scatena l’incantesimo
del sonno eterno. La bellezza dei
morti, infatti, è fredda, algida, senza
cuore. Produce solo l’oblio, il sogno,
la dimenticanza. Afrodite cerca poi
la vendetta sul figlio Eros, traditore,
pensando di mozzargli le ali, ma
questi le sfugge e prega Zeus di sal-
vare Psiche. Affinché accada, Eros è
sottoposto a propria volta a delle
prove, che pure gli doneranno la ca-
pacità piena di amare e di conoscere,
risvegliando Psiche dalla fattura. Il
mito-favola medioevale della “bella
addormentata nel bosco”, celebre
dall’inizio dell’Ottocento nella ver-
sione rielaborata dai fratelli tedeschi
Jacob (1785-1863) e Wilhelm
Grimm (1786-1859), filologi, affon-
da le radici qui.
Ebbene, il gruppo marmoreo
realizzato su questa storia dal Ca-
nova raffigura Amore e Psiche come
due fanciulli delicati, lei intenta a
posare una farfalla nella mano di
lui. Gérard, invece, pittore “di corte”
che mise il proprio talento al servizio
dell’autocelebrazione del regime na-
poleonico, e famoso praticamente
solo per il quadro in mostra a Mi-
lano, coglie i due protagonisti nel
momento del loro primo incontro:
Amore vede Psiche non visto e se ne
innamora, e Psiche ne percepisce co-
munque la presenza. Le due scene,
la scultura del Canova e il dipinto
di Gèrard, si compenetrano e si
completano, offrendo nell’insieme
un affresco plastico di soave raffi-
natezza che offre un forte messaggio
di natura spirituale.
Il gruppo “milanese” del Canova
s’intitola
Amore e Psiche stanti
poi-
ché i due sono raffigurati eretti, in
piedi. Non è questa però l’unica rap-
presentazione del mito-favola dello
scultore italiano, è anzi la terza. Una
prima versione,
Amore e Psiche
,
rea-
lizzata tra il 1788 e il 1793, è con-
servata al Louvre e si tratta della più
nota, dove Psiche compare reclinata,
morbidamente accolta sulle ginoc-
chia e tra le braccia di un Amore
alato colto da seduto. Una seconda,
realizzata tra 1800 e il 1803, si trova
all’Ermitage di San Pietroburgo: qui
i due giovani sono già rappresentati
in piedi. La terza e ultima, quella “di
Milano”, realizzata tra 1796 e 1800,
e conservata appunto al Louvre, li
raffigura stanti. Ma soprattutto qui
Eros è privo di ali. Non per colpa
della vendetta di Afrodite, ma per
un alto valore simbolico. Espressa-
mente Canova s’ispirò all’interpre-
tazione del mito offerta da Platone,
il filosofo greco scopritore della me-
tafisica e rilettore del mito attraverso
la ragione contemplativa. Per Ca-
nova, l’amore senza doppi fini, puro,
disinteressato (quello, appunto che
è detto “platonico”) è legato al ri-
sveglio dell’anima sopita, simboleg-
giata proprio dalla farfalla che nel
gruppo scultoreo Psiche dona a Eros
dandosi all’amato, affidandogli la
propria essenza, il suo principio vi-
tale, la sua scintilla divina. L’anima
si risveglia dunque amando e l’amo-
re ridesta l’anima: vi è in gioco mol-
to più che il solo amore carnale
umano, vi sono all’opera le potenze
spirituali. Amore “platonico” non
vuol dire allora, come si crede doz-
zinalmente, passione non consuma-
ta, eterea. Significa invece che la ra-
dice di ogni autentico amore umano
è metafisica, che la fonte di ogni
amore tra gli uomini è lo scambio
di anime che partecipa del divino.
E la notizia delle notizie è che l’amo-
re divino è storicamente sperimen-
tabile dagli uomini; che la metafisica
non fugge la fisica, anzi. Ne è infatti
ragione, causa e senso. Per questo
Amore è privo di ali, umanizzato:
lo spirito non è cosa contraria alla
carne, ne è il modo supremo.
Gérard rincalza poi Canova af-
fermando che sovente l’amore non
si vede ma si sente, poiché il vero
amore è prima spirituale e solo do-
po carnale, ed esso attiene all’anima,
alla farfalla. La farfalla, cioè l’anima,
è quindi un dono, e questa è l’essen-
za dell’amore. Non a caso, Psiche
significa in greco “anima”,
psyché
,
termine che entra nel lessico ellenico
con la poesia e con l’epica di Ome-
ro, al cuore delle cui narrazioni vi è
sempre la relazione fondante tra uo-
mini e dèi, l’amore nelle mille sue
fogge e, si pensi all’
Iliade
,
la gelosia
di Afrodite verso Elena, altra Psi-
che... La scienza dell’anima, cioè del-
la psiche, è del resto la cifra stessa
della filosofia di Socrate, detta ap-
punto psicologia, e Socrate è il mae-
stro di Platone maestro di Apuleio,
Canova e Gérard, dove la sua psi-
cologia costituisce il vero salto in
avanti che la filosofia compie pas-
sando da indagine fisica a conoscen-
za metafisica dell’uomo colto nel
suo rapporto con il divino.
Ora, una importante versione
contemporanea del mito-favola di
Amore e Psiche è stata elaborata da
C.S. Lewis (1898-1963), il grande
studioso di letteratura medioevale
e rinascimentale, amante del mito e
della fiaba, padre di mille libri insu-
perati, dalle
Cronache di Narnia
a
Le lettere di Berlicche
,
dal trattato
sui
Miracoli
a
Il cristianesimo così
com’è
.
La sua versione dell’antico
mito s’intitola
Till We Have Faces:
A Myth Retold
,
e uscì nel 1956. Il
titolo originale suona “Finché non
avremo volto”, e in italiano è stato
pubblicato come
A viso scoperto.
Un mito rinarrato
(
Jaca Book, Mi-
lano 1997). Esplicitamente, ci dice
Lewis con il sottotiolo, la sua è una
riappropriazione di una story tradi-
zionale, rinarrata, riletta, reinterpre-
tata, come sempre accade al simbo-
lo. Da Omero al grande amico e
compagno di Lewis, J.R.R. Tolkien
(1892-1973),
la letteratura è sempre
la riscrittura di topoi intramontabili.
In Lewis l’antica favola è scritta dal
punto di vista di una delle sorelle
della bella Psiche, Orual (nome di
puro parto lewisiano), e ambientata
in un Paese immaginario, Glome, ai
bordi del mondo ellenico, uno o due
secoli prima della nascita di Cristo.
Siamo cioè in Avvento. Il tema è
l’amore puro ferito dal dolore, tanto
che Lewis dedica il libro alla moglie
Joy Davidman Gresham (1915-
1960),
sposata tardi, quando pen-
sava che l’amore non avrebbe mai
più colto di sorpresa un attempato
topo di biblioteca come lui, e poi
colpita dal cancro che la ucciderà
prematuramente. È l’ultima sua ope-
ra narrativa e Lewis la riteneva la
migliore. Si collega direttamente alla
materia del saggio
The Four Loves
del 1960, anno della morte di Joy
(
I quattro amori: affetto, amicizia,
eros e carità
,
Jaca Book, 1990), e af-
ferma che nessun amore può resi-
stere alla capacità umana di rovinare
tutto se non è retto e sublimato
dall’
agape
,
l’amore divino.
Il gruppo marmoreo
di Antonio Canova
è quello conservato
al Louvre di Parigi
ed è stato esposto
a palazzoMarino
insieme a un’opera
contemporanea
del pittore transalpino
François Gérard
intitolata
Psyché et l’Amour,
realizzata nel 1798.
I due protagonisti
della scultura
sono raffigurati
con Eros
privo delle ali
in riferimento
a Platone
ed alla sua teoria
della metafisica
dell’anima
rappresentata
dalla farfalla.
Interessante
la versione
contemporanea
del mito offerta
dallo studioso medievale
Clive Staples Lewis,
autore delle“Cronache
di Narnia”
L’OPINIONE delle Libertà
MERCOLEDÌ 23 GENNAIO 2013
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