Page 5 - Opinione del 27-9-2012

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ESTERI
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Damasco, colpito il comando dell’esercito
K
I ribelli dell’Esercito Siriano Libero hanno tentato di deca-
pitare il comando delle forze armate, con un attacco suicida alla
sede dello stato maggiore di Damasco. Nessun generale ucciso
Atene eMadrid in sommossa
scenari da“tardo Impero”
di
STEFANO MAGNI
e notizie dall’Europa peg-
giorano giorno dopo gior-
no. Depressione economica in tutto
il continente e crisi ricorrenti della
valuta. Con la disoccupazione in
crescita e l’inflazione arrivano an-
che le sommosse di piazza e le pre-
visioni che alcune aree dell’Europa
occidentale sprofondino nell’anar-
chia. Assieme al malcontento dif-
fuso, si rileva una crescita preoccu-
pante di gruppi radicali e
movimenti populisti di estrema de-
stra. Sullo sfondo, i secessionisti
premono per l’indipendenza delle
loro regioni e per la distruzione del-
l’ordine europeo sotto il quale tutti
avevano vissuto in pace e sicurezza
per così tanto tempo. In Gran Bre-
tagna vi sono segnali inquietanti in
ogni contea. Tagli ai servizi hanno
causato la chiusura di bagni pub-
blici e biblioteche, il collasso della
manutenzione viaria, l’interruzione
della filiera alimentare e l’incapacità
di mantenere l’ordine sociale. Men-
tre i commentatori politici e i ve-
scovi parlano di un “generale de-
clino della moralità” e di “apatia
pubblica”, i ricchi si ritirano nelle
loro magioni e proprietà di campa-
gna e nascondono il loro denaro».
Parole scritte dallo storico inglese
Michael Wood. Si riferiscono al-
l’Europa di questi mesi e anni? No.
Wood sta parlando della crisi che
«
L
precedette la caduta dell’Impero
Romano. Usando volutamente ter-
mini moderni per descrivere una si-
tuazione di 1600 anni fa. I fatti di
ieri rientrano perfettamente in que-
sto scenario.
Ci sono i tagli ai servizi pubblici,
che non consistono più solo in ba-
gni e biblioteche, ma anche in interi
sistemi pensionistici, sussidi, am-
mortizzatori sociali, gigantesche bu-
rocrazie locali e nazionali, sanità,
istruzione e tutto quel che è stato
inglobato dagli onnipresenti Stati
sociali europei nel corso del XX Se-
colo. Assieme al malcontento gene-
rale le insurrezioni scoppiano ecco-
me. Ieri è toccato alla Spagna e alla
Grecia, i due Paesi più in crisi.
Aspettiamoci qualcosa di analogo
anche in Italia. Ad Atene, al seguito
dello sciopero generale proclamato
dai sindacati (contro la proposta di
taglio della spesa pubblica di 11,5
miliardi di euro), sono scoppiati
violenti scontri fra anarchici e po-
lizia. Un sondaggio rileva che il
90%
dei greci si oppone ai tagli.
Fuori dall’Ue! Fuori dall’Fmi! Non
ci sottometteremo alla troika!” ur-
lavano i manifestanti (quelli più pa-
cifici), mentre la polizia doveva ri-
correre ai lacrimogeni per
disperdere i più violenti. Scene da
guerriglia urbana anche a Madrid:
35
arresti e 64 feriti dopo uno
scontro nei pressi del Parlamento.
Le forze dell’ordine hanno caricato
e sparato proiettili di gomma per
spezzare “l’assedio” della sede del
potere legislativo condotto da circa
10
mila manifestanti. Anche loro
protestavano per la politica di tagli
alla spesa pubblica decisa dal go-
verno Rajoy.
Per completare il quadro da “ca-
duta dell’Impero”, aggiungiamo an-
che i movimenti populisti di destra:
Alba Dorata (destra neonazista) e
Syriza (sinistra post-comunista) in
Grecia sono gli esempi più eclatanti.
Ci sono anche i secessionisti in ri-
monta, anche se fanno meno cla-
more: la Scozia mira alla separa-
zione dal Regno Unito e nel 2014
punterà tutto sul referendum per
l’indipendenza. La Catalogna, ieri,
ha annunciato elezioni anticipate.
Gli indipendentisti mirano a vin-
cerle per secedere dalla Spagna.
AssembleaOnu: il solito“j’accuse”anti-occidentale
contro di civiltà alle Nazioni
Unite. L’Assemblea Generale, nel-
la sua sessione di apertura di fine
settembre, è sempre stata un’occa-
sione dei “piccoli” per processare i
grandi” del mondo. Non c’è più
un Gheddafi che straccia la Carta
delle Nazioni Unite, ritenendola in-
giusta nei confronti dei Paesi in via
di sviluppo, ma c’è sempre Mah-
moud Ahmadinejad che chiede un
nuovo ordine mondiale” per rie-
quilibrare i rapporti di forza e di-
chiara (arbitrariamente) la banca-
rotta dei sistemi socialista e liberale.
Il discorso di Barack Hussein
Obama (l’ultimo del suo primo
mandato, o l’ultimo in senso lato, a
seconda di come andranno le ele-
zioni) è una giustificazione della sua
politica. E della politica mediorien-
tale, in particolare. Dopo un com-
movente e sentito ricordo dell’am-
basciatore Christopher Stevens,
assassinato nell’assalto del consolato
di Bengasi, Obama ricorda all’As-
semblea che «Il futuro appartiene a
persone come Chris Stevens e non
ai suoi uccisori. Oggi dobbiamo di-
chiarare che questa violenza e que-
sta intolleranza non devono trovare
posto nelle Nazioni Unite».
Ma la violenza e l’intolleranza
sono risuonate eccome nell’aula del
Palazzo di Vetro. Sono emerse dalle
parole di Asif Alì Zardari, presidente
del Pakistan, che chiede di “crimi-
nalizzare” ogni forma di espressione
che offenda la religione islamica.
Nel nome della lotta alla “islamo-
fobia” chiede, in pratica, di abolire
una tradizione pluri-secolare di li-
S
bertà di espressione. «Prima di ini-
ziare il mio discorso – ha dichiarato
il presidente di Islamabad – io vo-
glio esprimere la più dura condanna
agli atti di istigazione all’odio contro
la fede di miliardi di musulmani nel
mondo e al nostro Profeta Maomet-
to». Nel suo governo, il ministro dei
Trasporti, ha emesso la sua perso-
nale taglia da 100mila dollari sulla
testa del regista del video amatoriale
blasfemo”. Il governo pakistano si
è dissociato da questa mossa, ma in-
tanto la taglia c’è. E qualche musul-
mano in America potrebbe anche
tentare di accaparrarsela, trasfor-
mandosi in un “giustiziere religio-
so”. Il Pakistan, tra l’altro, non è un
nemico, bensì un alleato degli Stati
Uniti, da cui riceve ingenti aiuti mi-
litari e finanziari ogni anno. Un altro
alleato, che dipende ancora dagli
Usa, per la sua stessa sopravvivenza,
è il governo di Hamid Karzai, pre-
sidente dell’Afghanistan. Anche il
suo discorso contiene una condanna
e una criminalizzazione della “bla-
sfemia” occidentale. Mentre è estre-
mamente tenero con i suoi nemici
Talebani (che lo vorrebbero morto):
«
la nostra mano per la pace e la ri-
conciliazione rimane tesa non solo
per i talebani ma anche per i mem-
bri di tutti i gruppi armati che desi-
derano tornare ad una vita degna,
pacifica ed indipendente nella loro
terra» e chiede la rimozione dei lea-
der jihadisti dalla lista nera dei ter-
roristi.
Barack Obama ha esaltato la vir-
tù delle rivoluzioni democratiche in
Nord Africa. «Ricordiamoci che
questa è una stagione del progresso.
Per la prima volta in decenni, i tu-
nisini, gli egiziani e i libici hanno vo-
tato per eleggere i loro leader, in ele-
zioni che sono state credibili,
competitive ed eque». Uno di questi
leader eletti era presente, ieri, all’As-
semblea Generale e ha tenuto il suo
discorso: Mohammed Morsi, presi-
dente egiziano e leader dei Fratelli
Musulmani. Anche Morsi ha pun-
tato il dito contro la libertà d’espres-
sione occidentale, sostenendo che
debba essere esercitata solo con “re-
sponsabilità”. Perché le sommosse
scoppiate in queste due settimane
«
impongono una riflessione». Morsi
non ha specificato quali limiti deb-
bano essere imposti alla libertà di
espressione, per far sì che sia “re-
sponsabile”. Possiamo intuire che
debba essere censurato (come chie-
dono i suoi omologhi afgano e pa-
kistano) ciò che possa essere accu-
sato di “islamofobia”.
I loro discorsi sono una risposta
diretta al discorso di Barack Oba-
ma. Che, giustamente, ha ricordato
all’Assemblea: «Io so che alcuni di
voi si staranno chiedendo perché
non censuriamo quel video. La ri-
sposta è scritta nelle nostre leggi: la
Costituzione protegge il diritto di
libertà di espressione. Qui negli Stati
Uniti, innumerevoli pubblicazioni
provocano offese. Come me, la
maggioranza degli americani sono
cristiani, ma noi non censuriamo le
blasfemie contro il nostro credo».
Se la libertà di espressione è stata
al centro dell’attenzione, l’Iran ha
rischiato di passare in secondo pia-
no. Il presidente degli Stati Uniti ha
riservato alla questione poco tempo,
poco spazio e quasi in fondo al suo
discorso. E ha usato argomenti non
privi di ambiguità, alternando deci-
sionismo («Che sia chiaro: un Iran
dotato di armi nucleari è una mi-
naccia che non può essere contenu-
ta») alle consuete aperture («Che
sia chiaro (ancora, ndr): l’America
vuole risolvere la questione con la
diplomazia e crediamo che vi sia an-
cora tempo e modo di farlo»). In
sintesi: prevenire l’Iran tramite
un’azione diplomatica. Secondo il
presidente Usa, di tempo ce n’è an-
cora.
È Ahmadinejad che ha dimostra-
to di non avere né la pazienza, né la
diplomazia necessari per rispondere
positivamente alla mano tesa (an-
cora una volta) da Obama. Il suo
discorso, l’ultimo che ha tenuto
all’Onu (nel 2013 vi saranno le pre-
sidenziali iraniane e lui, per legge,
non può ricandidarsi per un terzo
mandato), ha rispolverato la sua re-
torica più mistica e rivoluzionaria.
Ha condannato i «sionisti incivili»
che «continuano a minacciare
l’Iran». Ha invitato Usa e Israele a
«
non fare prediche» sul nucleari,
perché entrambe sono potenze nu-
cleari. Ha dichiarato unilateralmente
l’archiviazione dei due principali si-
stemi occidentali: il marxismo è
«
morto» e il capitalismo «è entrato
in una crisi irrisolvibile in cui si è
ficcato da solo». E quindi? La sua
tesi è puro millenarismo: il ritorno
del Mahdi sulla Terra per guidare i
popoli. Secondo i musulmani sciiti
più fondamentalisti, il XII Imam, il
Mahdi, non è morto, ma è nascosto.
È destinato a ricomparire, in un fu-
turo imminente, per rimettere ordine
al mondo, rifondando un Califfato
universale fondato sulla legge isla-
mica. Chiunque abbia assistito in
diretta a questa parte del discorso
di Ahmadinejad si è chiesto se fosse
opportuno, per lui, apparire come
un fanatico, invece che come un
pragmatico. È stato questo il com-
mento più ricorrente su Twitter.
Chiunque mastichi di dottrina ira-
niana sa che il riferimento al ritorno
del Mahdi non è pacifico: l’Imam
ristabilirà l’ordine dopo un periodo
di caos e guerra. Il presidente di Te-
heran ha descritto il periodo di caos
che stiamo vivendo. Ci manca la
guerra. La vuole scatenare lui?
(
ste. ma.)
Afghanistan, Pakistan ed
Egitto vogliono la
censura contro
l’islamofobia
Ahmadinejad lancia il
suo programma
rivoluzionario: il ritorno
del Mahdi
Scene da caduta
dell’Impero Romano:
sommosse in Spagna e
Grecia, secessionismo in
Scozia e Catalogna.
L’ordine europeo
collassa? Uno storico
inglese non lo esclude
L’OPINIONE delle Libertà
GIOVEDÌ 27 SETTEMBRE 2012
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