Page 6 - Opinione del 27-9-2012

rimavera araba potrebbe essere il nome
di un drink. Uno di quelli forti, che si beve
ad occhi chiusi per non pensarci più. Solo
che poi il risveglio è durissimo. C’è molto su
cui riflettere. Ci sono tutti i nodi che l’Occi-
dente si è rifiutato di affrontare e che ora
vengono furiosamente al pettine. Sgombrato
il campo dalla falsa idea che un film semi-
sconosciuto, per quanto deplorevole, possa
aver scatenato l’ondata di violenza che è co-
stata la vita all’ambasciatore Stevens e ad
altri innocenti, quello che alcuni analisti chia-
mano risveglio arabo è l’ovvia conseguenza
del vuoto di potere creatosi dopo la caduta
dei vecchi regimi. Magari era proprio nel ti-
more di scenari come
questi che qualcuno aveva
manifestato qualche per-
plessità sull’opportunità
di intervenire militarmen-
te contro Gheddafi, ma la
Francia ha lanciato l’idea,
l’Europa si è accodata,
l’America ha fatto il mi-
nimo indispensabile, l’op-
posizione della Russia è
stata facilmente aggirata.
Un ottimo ritorno d’im-
magine con relativo poco
sforzo. Tutto bene, dun-
que? Proprio no. Perché
la fine di Gheddafi e il sostegno incondizio-
nato ai giovani protagonisti della primavera
araba avevano un significato e un valore che
è stato totalmente rinnegato all’alba delle ri-
volte in Siria. L’Occidente che si illude di po-
ter intervenire a seconda delle circostanze e
senza prendersi la responsabilità delle con-
P
seguenze delle sue azioni è lo stesso che è ca-
duto dal letto la mattina dell’assalto al con-
solato americano di Bengasi e dell’uccisione
dell’ambasciatore Chris Stevens.
E’ stato il totale disimpegno americano
ed europeo per la repressione e la distruzione
di intere città e popolazioni siriane a creare
le condizioni per l’esplosione di violenza che
sta infiammando i paesi arabi. Perché il mes-
saggio è stato chiaro: l’Occidente si è schie-
rato a favore di un non meglio specificato
processo di democratizzazione, ha armato i
ribelli ed è intervenuto militarmente senza
preoccuparsi di gestire il passaggio dalla guer-
ra civile ad un nuovo ordinamento. Caduti
i vecchi dittatori, succeda
quel che succeda. E infatti
è successo. Illusasi, forse,
di poter contare sul soste-
gno occidentale, la rivolta
si è estesa fino in Siria,
dove si è arrestata non
tanto a causa della repres-
sione, quanto dell’indiffe-
renza e del realismo pavi-
do di un’America alle
prese con la campagna
elettorale per le presiden-
ziali, e di un’Europa che
senza le alzate di scudi
della Francia di Sarkozy
non sarebbe andata nemmeno in Libia (non
è curioso che Obama punti sull’immobilismo
per essere rieletto mentre l’ex presidente fran-
cese abbia tentato la carta della guerra a sco-
po umanitario per lo stesso motivo?).
VALENTINA MELIADÒ
valentinameliado.blogspot.it
a Spagna è sull’orlo di una crisi di nervi
o meglio sull’orlo di un baratro. Non so-
no solo i duri scontri che si sono avuti da-
vanti al Parlamento a preoccupare, ma vi so-
no almeno altre quattro punti critici cruciali
che il paese iberico non sembra in grado di
trovare una via d’uscita. 1) La Catalogna,
una delle regioni più ricche del paese, ha de-
ciso di andare alle elezioni anticipate. Il par-
tito nazionalista catalano, il Ciu, dopo aver
vinto le elezioni nel novembre 2010 si è tro-
vato di fronte alla necessità di effettuare duri
tagli della spesa pubblica. Il Parlamento ca-
talano rivendicava un nuovo patto fiscale
con il governo centrale ma questo piano è
stato rigettato dal premier
Mariano Rajoy, perché
troppo costoso. In realtà,
Artur Mas era andato di
fronte a Rajoy con una
proposta “light” dato che
chiedeva solo un miliardo
e mezzo di euro in più
nelle casse della Catalo-
gna, quando la regione ha
invece un surplus fiscale
di circa 15 miliardi di eu-
ro. Tuttavia il premier
spagnolo non poteva fare
diversamente perché le
casse statali spagnole sono
allo stremo. Il sentimento nazionalista cata-
lano è stato supportato da una crisi econo-
mica forte nella regione dove i tagli alla spesa
sociale sono stati molto importanti. I catalani
si sono sentiti accusare dal resto della Spagna
di non essere solidali, mentre altre regioni,
quelle più povere annunciavano che i tagli
L
loro non li avrebbero effettuati. E proprio da
una regioni più povere della Spagna, l’An-
dalusia si è evidenziato un altro problema.
2)
Il Governo di Rajoy ha aperto un fondo
di salvataggio per le regioni in difficoltà e,
notizie dell’ultima ora, indicano che la regio-
ne del sud della Spagna chiederà quasi 5 mi-
liardi di euro. È l’ennesima regione che deve
fare richiesta d’aiuto e il fondo ha pratica-
mente esaurito le risorse dopo un mese di
operatività. 3) Vi è un ulteriore problema: il
deficit a livello statale ha già superato a fine
agosto il massimo consentito e promesso al-
l’Europa. L’obiettivo delle amministrazioni
centrali era al 4,5 per cento, ma ad agosto il
deficit era già al 4,7 per
cento senza conteggiare il
buco del sistema pensio-
nistico. La Spagna non ri-
spetterà gli obiettivi che
si era data e i problemi
del settore bancario sono
ancora lontani dall’essere
risolto. 4) Il quarto pro-
blema riguarda proprio le
casse di risparmio. Il Go-
verno Rajoy ha richiesto
100
miliardi di euro per
il settore sofferente, ma
questi aiuti non saranno
sicuramente sufficienti da-
to che si stima che gli attivi tossici nei bilanci
delle banche spagnole superano ormai i 200
miliardi di euro. Una cifra colossale pari al
20
per cento del Pil che rischia di affossare
definitivamente la Spagna.
ANDREA GIURICIN
La Spagna è sulla soglia
di una grave crisi di nervi
La Catalogna,
una delle regioni
più ricche del paese,
ha deciso di andare
alle elezioni anticipate.
La crisi economica
rischia di trascinare
il paese nel baratro
La Primavera araba
non è roba da aperitivi
L’Occidente che si illude
di poter intervenire
senza prendersi
alcuna responsabilità
è lo stesso che è caduto
dal letto la mattina
dell’assalto al consolato
americano di Bengasi
L’OPINIONE delle Libertà
GIOVEDÌ 27 SETTEMBRE 2012
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