Page 4 - Opinione del 27-10-2012

di
ROSAMARIA GUNNELLA
entiquattro ore. Solo un giorno
all’ora X per il voto in Sicilia
che proclamerà il nuovo presidente
della Regione e i 90 inquilini di Pa-
lazzo dei Normanni. Oggi vi sarà
la consueta pausa di riflessione, do-
po l’orgia di comizi, incontri e di-
battiti che ieri hanno scritto, almeno
ufficialmente, la parola “fine” a
questa strana e non appassionante
campagna elettorale. Un giorno di
silenzio, dopo una campagna elet-
torale caratterizzata più da contrap-
posizioni polemiche, veleni e accuse
tra i candidati piuttosto che da un
serio confronto politico sui pro-
grammi. Immancabile, ieri, la sfilata
dei big dei partiti nazionali sbarcati
sull’Isola per dare l’ultimo sostegno
ai propri candidati e convincere i
tanti elettori siciliani che, secondo
gli ultimi sondaggi, di andare do-
menica al voto non ne hanno pro-
pria voglia. L’astensionismo e l’in-
decisione, infatti, sono le incognite
di queste elezioni che preoccupano
non poco tutte le forze politiche che
dovranno fare i conti anche con il
fenomeno Grillo. Un invito ad un
voto utile arriva dal segretario del
Pdl Angelino Alfano ieri a Palermo
per la chiusura della campagna elet-
torale: «È indispensabile non di-
sperdere i voti tra candidati che non
hanno chance di successo», ha di-
chiarato Alfano. «I siciliani - ha ag-
V
giunto - hanno l’occasione di po-
tere eleggere Musumeci. Ci sono
due modi per fare vincere la sini-
stra: votarla direttamente o disper-
dere i voti». Ribadendo poi che le
elezioni regionali siciliane «sono
una sfida molto importante, ma
non determinano la vita o morte
del Pdl - ha sottolineato che - «ciò
che abbiamo in mente è che dal 16
dicembre, dopo le Primarie, rina-
scerà il centrodestra italiano sotto
nuove forme». E sul passo indietro
di Silvio Berlusconi Alfano non ha
dubbi: «Prescinde dal voto in Sicilia
ed è improprio mettere in correla-
zione la sua decisione politica con
le elezioni regionali». A Catania,
Nello Musumeci, candidato gover-
natore di Pdl, La Destra, Pid e Api,
conta sul voto disgiunto che «per-
cepisco a mio favore da parte del-
l’elettorato centrista e di una larga
parte di quello del centrosinistra».
Mentre Rosario Crocetta in corsa
per la presidenza con il sostegno di
Pd, Udc e Api invita il popolo dei
grillini «a dare un voto al loro par-
tito e una “crocetta”» sul suo no-
me. Di importanza delle elezioni re-
gionali ha parlato il leader dell’Udc
Pierferdinando Casini: «Qui il no-
stro partito è stato azzerato e ab-
biamo ricominciato da zero. Dob-
biamo capire - ha continuato Casini
-
se le nostre liste ed il nostro voto
amministrativo regionale ci darà le
soddisfazioni che pensiamo di me-
ritare». Rivendica, invece, la sua in-
dipendenza dai partiti nazionali
Gianfranco Miccichè, leader di
Grande Sud, candidato del suo par-
tito, Mpa, Fli e Mps: «Crocetta e
Musumeci è chiaro che dipendono
dai partiti romani e ad essi conse-
gneranno il destino dei siciliani. Per
queste ragioni dopo la mia vittoria
non ci potrà essere nessun tipo di
inciucio” con chi ha scelto di sven-
dere la Sicilia». Lunedì si saprà il
nome del nuovo governatore e dei
neo-deputati. Ma soprattutto si sa-
pranno i voti di lista con i quali i
partiti misureranno concretamente
la propria forza.
II
ATTUALITÀ
II
Attenti al voto dei siciliani
Sarà un test per tutti i partiti
Ritiro di Berlusconi
Come andare oltre
K
Nello MUSUMECI
oi che da anni siamo critici
nei confronti di una classe
politica inadeguata a costruire
una società armonica, di proget-
tare il futuro dei giovani e delle
prossime generazioni ci interro-
ghiamo sul vero significato poli-
tico del ritiro di Berlusconi
Saranno necessari 20 anni per
un giudizio storico, di certo con-
sideriamo banali le considerazioni
che sarebbe stato un calcolo per
non perdere le elezioni. Chi lo ha
descritto come fortemente attac-
cato al potere e narcisista non può
oggi sminuire la sua scelta di usci-
re di scena come puro opportuni-
smo quando la storia, anche re-
cente, ci insegna che chi ama il
potere non lo cede nemmeno a ri-
schio della vita. Di fatto la sua ri-
nuncia chiude la II Repubblica,
con la sua politica muscolare, of-
frendo la possibilità per la nascita
di una nuova politica etica che ab-
bia come obiettivo la realizzazione
di una giustizia sociale, che si im-
pegni a creare ricchezza, ma anche
a redistribuirla e che abbia a cuo-
re i diritti e la dignità dell’essere
umano. Ma chi potrà realizzare
questo progetto? Non crediamo
che possano farlo i vecchi politici,
perché maturati con altri obiettivi
e visioni personalistiche della po-
litica come strumento di benessere
personale. Oggi solo l’intervento
della società civile può imporre
N
questo cambiamento attraverso
una rivoluzione culturale che rap-
presenti la vera svolta di un civile
modo di concepire l’impegno po-
litico. Berlusconi ha reso possibile
questo cambiamento con il suo ri-
tiro spontaneo, a sinistra si tenta
in tutti i modi di opporsi alle
istanze di rinnovamento che, al di
là del risultato delle primarie non
potrà realizzarsi perché, se non si
sostituiscono i vecchi protagonisti
non ci sarà alcun cambiamento.
Infatti, a sinistra, in 20 anni, si è
cambiato 4 volte il simbolo, ma
mai gli attori e nulla è cambiato.
Noi riteniamo che Berlusconi, al
di là del giudizio politico, con il
suo disimpegno abbia voluto of-
frire una possibilità di rinnova-
mento alla Nazione, sta alla so-
cietà voler approfittare di questa
opportunità.
È in questo senso che va la
proposta e l’impegno del Mir, pro-
posta di un nuovo risorgimento
nazionale, di un nuovo 25 aprile,
in cui superando le differenze cul-
turali, di classe, di ideologie ormai
anacronistiche,di religione ci si
unisca per la realizzazione di un
nuovo progetto di società alla cui
base ci sia la pulizia morale e che
ponga l’essere umano al vertice
degli interessi.
ENZO MAIORANA
Presidente di Noi Meridionali
Responsabile organizzativo Mir
Delitto Rachida
giustizia è fatta
orbolo Levante di Brescello,
provincia di Reggio Emilia: una
donna marocchina di 35 anni, ma-
dre di due bambine di 11 e 4 anni,
era considerata, dal marito, troppo
vicina agli usi e costumi occidentali.
Ed era sospettata di volersi “addi-
rittura” avvicinare al cristianesimo.
Un reato che nei regimi islamici
(
ma non in Italia) è punito con il
carcere o con la pena capitale. Il
marito di Rachida Radi, questo il
nome della donna, l’ha uccisa con
10
colpi di martello. Accadeva il
19
novembre del 2011. Ora siamo
giunti ad una conclusione di questa
storia: il marito assassino, Moham-
med el Ayani, è stato condannato
a 30 anni di carcere per omicidio,
con l’aggravante dell’azione crude-
le. Il pm Maria Rita Pantani aveva
chiesto l’ergastolo per l’extracomu-
nitario, ma nel corso del processo
è venuta meno l’aggravante della
premeditazione. Alle figlie di Ra-
chida il giudice ha riconosciuto un
risarcimento di 100mila euro a te-
sta, 15 mila euro ai due fratelli e
alla sorella della vittima (che vivono
in Marocco) e 40mila euro al padre
e alla madre, anche loro residenti
in Nord Africa. Mille euro, fra le
parti civili, alla Presidenza del Con-
siglio dei ministri, la cui costituzio-
ne era stata sollecitata dall’allora
ministro delle Pari Opportunità,
Mara Carfagna. Un euro simbolico,
infine, alla deputata del Pdl Souad
S
Sbai, presidente della onlus Acmid
Donna.
Si è trattato di un omicidio re-
ligioso? La sentenza, escludendo la
premeditazione, avalla la tesi del
raptus. La violenza, in quella fami-
glia, non era una novità. Quando
i coniugi abitavano a Langhirano
di Parma, lei aveva già presentato
una denuncia per maltrattamenti,
ma poi l’aveva ritirata. Negli ultimi
mesi la situazione sembrava più se-
rena. Finché non è giunto il mo-
mento del delitto. I vicini di casa li
sentivano litigare spesso, anche per
questioni religiose. Rachida era ac-
cusata di non praticare più la reli-
gione islamica con lo stesso zelo di
prima. Di amare troppo la cultura
del Paese che l’aveva accolta. E di
essere troppo in contatto con la
parrocchia di Brescello, dalla quale
aveva ricevuto aiuti economici per
la famiglia (marito compreso). So-
uad Sbai l’aveva detto sin dalle pri-
me settimane dopo l’omicidio: «Ba-
sta il sospetto di un avvicinamento
alla scelta del Battesimo per pro-
vocare reazioni poco felici». «Aveva
una grande voglia di integrarsi» -
spiegava, al tempo del delitto, il sin-
daco Giuseppe Vezzani. Per arro-
tondare le entrate, faceva lavoretti
per la parrocchia. Un lavoro che le
aveva permesso di aprirsi con il
mondo. Ma che le è costato la vi-
ta.
(
ste. ma.)
l fronte di Al Qaeda si è trasfe-
rito a Sud, nel Continente Ne-
ro. Per la Somalia e il Sahara oc-
cidentale non è una novità. Ma
dalla primavera scorsa si sta ag-
giungendo un tassello in più: il
Nord del Mali.
Al Qaeda ha approfittato della
secessione dell’Azawad, a mag-
gioranza tuareg, che si è separato
dal Mali. L’innesco per l’indipen-
dentismo dell’Azawad fu il golpe
militare maliano. Il problema è
subentrato subito dopo: la regio-
ne tuareg è diventata una solida
base per Al Qaeda. La distruzione
dei mausolei dei santi sufi e del
portale della Moschea di Timbuk-
tu (patrimonio mondiale del-
l’umanità, per l’Unesco), l’estate
scorsa, furono episodi mostruosi,
paragonabili alla demolizione del-
le statue dei Buddha in Afghani-
stan (da parte dei Talebani) nel
2001.
Oltre alla gravità dei danni
inflitti, è ancor più pesante il si-
gnificato politico di quel gesto:
proprio come nell’Afghanistan ta-
lebano, una sola interpretazione
del Corano, fondamentalista e
sunnita, deve essere imposta su
tutte le altre religioni e sulle altre
famiglie dell’Islam. Proprio come
nell’Afghanistan talebano, la ri-
voluzione islamica non è solo lo-
cale, ma universale. E per questo,
il Mali settentrionale sta diven-
tando un epicentro del terrori-
I
smo, pericoloso per tutta l’Afri-
ca.
L’opinione pubblica del Mali
è assolutamente favorevole ad
una “liberazione” (leggasi: inva-
sione) del Nord. E l’organizzazio-
ne degli Stati africani occidentali
(
Ecowas) sta iniziando realmente
a studiare un intervento armato.
Anche l’Europa ne verrebbe coin-
volta. La Francia, ex potenza co-
loniale, è pronta a sostenere
un’azione con proprie truppe. Il
Consiglio di Sicurezza dell’Onu
ha dato all’Ecowas 45 giorni di
tempo per presentare un piano
completo. L’Unione Africana pre-
me per far presto. E a Bamako,
alla fine della settimana scorsa,
ha riunito i vertici militari dei
Paesi interessati per studiare le
prossime mosse. Sempre l’Unione
Africana, ieri, ha sospeso le sue
sanzioni: le aveva imposte al Ma-
li, quando i militari avevano pre-
so il potere, ma ora la giunta è il
minore dei problemi. Anzi: sarà
un alleato nel prossimo conflitto.
Un’eventuale guerra non apri-
rebbe un nuovo fronte per gli Sta-
ti Uniti, sempre meno inclini ad
azioni fuori-area, soprattutto in
un periodo elettorale. Riguarde-
rebbe, piuttosto, la Francia di
François Hollande. È un bel di-
lemma per il presidente socialista,
che ha sempre voluto presentarsi
come l’opposto di Nicolas Sarko-
zy. Se il suo predecessore gollista
era passibile dell’accusa di “neo-
colonialista” per i suoi interventi
in Costa d’Avorio e in Libia (due
conflitti nel solo 2011), Hollande
vuole lasciare più spazio decisio-
nale e operativo agli alleati afri-
cani. È possibile, dunque, che as-
sisteremo ad una guerra tutta
interna al Continente Nero, con
la sola assistenza francese. Ma gli
eserciti locali basteranno? Al Qae-
da si sta preparando ad una resi-
stenza ad oltranza, facendo afflui-
re volontari anche dal Sudan e
dal resto del Sahara occidentale.
La Francia potrebbe trovarsi co-
stretta ad un intervento molto più
massiccio e “neocoloniale” e mol-
to meno politically correct di
quanto voglia Hollande.
STEFANO MAGNI
In arrivo la prossima guerra
Sarà controAlQaeda, inMali
Il danneggiamento
della moschea
di Timbuktu, il 2 luglio
scorso, era un brutto
segno premonitore.
L’Azawad sta
diventando il nuovo
Afghanistan.
L’OPINIONE delle Libertà
SABATO 27 OTTOBRE 2012
4