Page 6 - Opinione del 28-9-2012

eri erano lì, tutti e due. Romney in mat-
tinata arringava una folla di duemila per-
sone nella palestra di un liceo di Columbus,
spiegando che «il suo cuore soffre» per le
famiglie dei disoccupati. Poi, nel pomeriggio,
ha tenuto un comizio nei pressi di Cleveland,
la città più importante dello stato, secondo
alcuni la più povera di tutti gli Stati Uniti.
Poco distante, praticamente spalla a spalla
nella scala di grandezza di una campagna
presidenziale, Barack Obama incontrava i
suoi sostenitori in due città universitarie,
Bowling Green e Kent. E spiegava loro che
Romney è uno che «per anni ha fatto i soldi
con società che trasferivano in Cina i nostri
posti di lavoro», e che
quindi quando chiede la
linea dura contro la con-
correnza cinese «pare
una volpe che chiede di
rendere più sicuro il pol-
laio». Disoccupazione,
concorrenza cinese: ben-
venuti in Ohio, la quin-
tessenza del Midwest con
le sue frustrazioni ed i
suoi incubi. Il cuore, non
solo geograficamente, di
quella striscia di America
un tempo massicciamente
industrializzata ed oggi
vittima della deindustrializzazione, che pas-
sando sotto i Grandi Laghi va dalla Pennsyl-
vania al Nord dell’Illinois, e che già negli
anni Ottanta divenne tristemente nota come
Rust Belt”, la cintura della ruggine, perché
disseminata di innumerevoli fabbriche ab-
bandonate. Negli anni Novanta della delo-
I
calizzazione i posti di lavoro se ne sono an-
dati in Asia. Da un posto simile i politici e
i giornalisti si terrebbero alla larga, se non
si trattasse di uno dei più grandi “swing sta-
te”. Alle ultime presidenziali, nel 2008,
l’Ohio è andato ad Obama, di cinque punti
percentuali; due anni dopo, alle elezioni di
mezzo termine, è tornato in mano ai repub-
blicani, eleggendo fra l’altro un governatore
vicino ai Tea Party, l’ex conduttore Fox
News John Kasich.
In questi giorni, l’Ohio è lo swing-state
in cui Romney appare in maggiore difficoltà.
Sarà perché qui l’occupazione comincia a
dare qualche timido segno di ripresa, sarà
perché dove la disoccu-
pazione è il problema nu-
mero uno è difficile che
gli elettori si appassioni-
no ad un candidato che
da manager di licenzia-
menti ne ha decisi tanti;
fatto sta che i sondaggi
più recenti parlano di un
vantaggio molto consi-
stente di Obama in que-
sto Stato, di ben dieci
punti percentuali secondo
l’ultimo della Quinnipac,
di oltre cinque secondo
la media calcolata da Re-
alClearPolitics. Ci si comincia quindi a chie-
dere se sia possibile per lui conquistare la
Casa Bianca senza vincere in Ohio, impresa
che sino ad oggi non è mai riuscita a nessun
candidato repubblicano.
ALESSANDRO TAPPARINI
alessandrotapparini.blogspot.it
incontro tra il governo e Marchionne
sul caso Fiat e il piano “Fabbrica Italia”
ha aperto nuovi scenari. Il manager del grup-
po torinese ha sempre ripetuto che da parte
sua non chiede incentivi al governo italiano,
ma condizioni più favorevoli per aumentare
la produzione e la competitività. Il governo
ha ascoltato attentamente la situazione del
gruppo Fiat in Italia nella presentazione fatta
alla fine della settimana scorsa, mentre le par-
ti sociali si sono dette preoccupate del fatto
che il piano industriale “Fabbrica Italia” sia
stato cancellato.
L’Italia è in crisi e il mercato dell’automo-
bile sta affondando. E la situazione europea
non è molto diversa. Sono
passati meno di tre anni
dalla precedente crisi e in
quel caso tutti i governi
europei avevano deciso di
aiutare il settore con la
politica degli incentivi.
Quale fu il risultato di
quella politica pubblica di
sussidi?
Il mercato ebbe un bo-
om di vendite nel breve
periodo, ma non risolse
alcuno dei problemi del
settore. La droga degli in-
centivi non ha evitato i
peggiori risultati delle vendite che si registre-
ranno quest’anno, così come non ha attirato
investitori stranieri per produrre nel nostro
paese. Forse la chiusura di Termini Imerese,
che ha ridotto la produzione italiana, potreb-
be aprire gli occhi sia alla politica che all’opi-
nione pubblica. L’attrattività non si crea con
L’
la maggiore rigidità lavorativa richiesta dalla
Fiom e nemmeno con incentivi di breve pe-
riodo, ma con una risoluzione dei problemi
che tengono bassi gli investimenti esteri non
solo nel settore auto. È mai possibile che la
produzione di auto italiana sia ormai infe-
riore anche a quella della Repubblica Ceca
e che non vi sia praticamente nessun produt-
tore straniero sul suolo italiano?
Come ricorda spesso Oscar Giannino il
problema è quello di non sapere attrarre Vol-
kswagen in Italia. Fiat avrà anche sbagliato
le proprie previsioni, ma nel frattempo è riu-
scita a compensare le perdite europee con i
successi negli Stati Uniti e in Brasile. Senza
questi successi probabil-
mente la casa automobi-
listica italiana sarebbe av-
viata verso il fallimento e
questo non deve essere di-
menticato. Ritornare ora
verso una maggiore rigi-
dità o verso nuovi sussidi
pubblici, come richiesto
da una parte dei sindaca-
ti, segnerebbe la fine del
settore automotive in Ita-
lia. Bisogna invece avere
il coraggio di eliminare
tutti quei freni alla com-
petitività italiana, da una
giustizia lenta ad una burocrazia pesante, da
una tassazione elevatissima ad una rigidità
eccessiva, che non solo impediscono l’arrivo
di nuovi investitori nel settore auto, ma in
generale ostacolano tutta l’economia.
ANDREA GIURICIN
I problemi in casa Fiat
sono figli di aiuti statali
La droga degli incentivi
non ha evitato
il peggioramento
delle vendite delle auto
e non ha attirato
imprenditori stranieri
ad investire
nel nostro paese
Romney in difficoltà
L’Ohio fa paura al Gop
Alle ultime presidenziali
lo stato fu conquistato
Obama. Due anni
dopo, è tornato in mano
ai repubblicani,
che hanno vinto
con un governatore
vicino ai Tea Party
L’OPINIONE delle Libertà
VENERDÌ 28 SETTEMBRE 2012
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