Accordo storico o fragile tregua?

L’accordo del 14 luglio tra i 5 + 1 con la risoluzione numero 2231 approvata il 20 luglio all’unanimità dal Consiglio di sicurezza dell’Onu entrerà in vigore dopo 90 giorni. Il documento annullerà le precedenti sette risoluzioni, che il regime iraniano non aveva accettato ufficialmente, quando l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) verificherà che Teheran avrà rispettato tutte le misure previste dall'accordo. Il trattato che entrerà in vigore, ad ottobre, ha il carattere di una tregua, una fragile tregua. Tregua perché non chiude la questione nucleare iraniana e fragile per l’inaffidabilità degli uomini al potere in Iran e per la perseveranza di perseguire la scellerata politica di appeasement da parte i 5+1. Durante la lunga maratona di negoziazioni sono trapelate alcune “notizie” piuttosto interessanti. La prima l’ha data il presidente degli Stati Uniti Barack Hossein Obama: l’Iran ora avrà bisogno di un anno per costruire la bomba nucleare, mentre prima dell’accordo due o tre mesi. Obama, negando l’evidenza fino a ieri, non aveva mai ammesso che il regime teocratico di Teheran fosse in procinto di avere la bomba, e i suoi pari di Teheran lo negavano del tutto. Il presidente degli Stati Uniti in questi anni ha dichiarato sempre che tutte le opzioni stanno sul tavolo; ma non ha mai rivelato ciò che succedeva sotto il tavolo.

Durante la rivolta degli iraniani nel 2009 è incominciato un rapporto epistolare tra Obama e Khamenei, ancora una volta un presidente statunitense si è messo dalla parte della tirannia iraniana e contro il popolo. Nell’estate del 2009, mentre i coraggiosi ragazzi di Teheran, che annusavano l’indugio peloso del presidente statunitense e lanciavano slogan “Obama, Obama, ya ba unà ya ba mà” o con loro o con noi, non sapevano che il giovane presidente americano aveva già scelto di stare con il loro vecchio carnefice.

L’ultima tornata dei negoziati, che ha portato all’accordo del 14 luglio, è partita l’estate 2013. Nell’agosto del 2013 Bashar Assad ordinò un massiccio attacco al quartiere Goutha di Damasco, in cui morirono centinaia di persone per gran parte civili. Il dittatore siriano aveva usato le armi chimiche, il presidente Obama s’indignò. Aveva dichiarato solennemente che se Assad avesse superato la linea rossa delle armi chimiche, lui sarebbe intervenuto. Assad superò la linea rossa. Si dice che gli aerei francesi erano pronti alle operazioni punitive per fermare il cinico boia di Siria. Il presidente degli Stati Uniti però ci ripensò. Perché l’emissario del Sultanato dell'Oman, dopo il fattaccio della Siria, aveva portato precipitosamente il messaggio del vecchio Khamenei al giovane Obama: non toccare Assad, avrai l’accordo sul nucleare. Partirono i nuovi negoziati. A tutto oggi la comunità internazionale e il presidente Barack Hossein Obama devono rispondere su quali iniziative intendono intraprendere per fermare il massacro dei siriani.

Arriviamo all’accordo del 14 luglio; in questo accordo tutte le linee rosse di Khamenei sono state superate una dopo l’altra. Tra le più importanti ci sono le ispezioni in tutti i siti sospetti compresi quelli militari, come quello di Parchin. Le sanzioni non verranno revocate subito dopo l’accordo, ma solo dopo la verifica dell’Aiea. L’accordo però rimane una fragile tregua perché non esclude completamente la possibilità al perfido regime teocratico di arricchire l’uranio, non smaltisce le sue centrifughe e quindi non smantella il suo progetto strategico di produzione di armi di distruzione di massa. Khamenei ha preso uno schiaffo strategico, ma la questione iraniana rimane aperta. Il regime teocratico al guinzaglio rinuncerà alla sua natura? La natura totalitaria ed integralista del regime religioso iraniano è ancora un mistero? Il piano espansionistico, ripetuto in mille salse e da tutti gli uomini del regime, lascia posto a dubbi sulla pericolosità di questi malvagi usciti dalle caverne? Chamberlain si fidava molto di Hitler, in quel settembre del 1938 e abbiamo visto il risultato. Anche Zarif ha lavorato molto sulla conquista della fiducia dei rappresentanti dei 5+1 e a quanto pare c’è riuscito; per ora. Il trattato dovrebbe passare ora al vaglio del Congresso statunitense che difficilmente darà il voto favorevole, anche se un voto contrario non dovrebbe metterlo al riparo dal veto del presidente. Il presidente Obama applicherà il suo veto e lo sgangherato trattato sarà zoppo e andrà avanti in cerca d’autore. I 5+1 hanno potuto mettere allo Stato religioso iraniano il guinzaglio, ma non dormiranno sonni tranquilli. Già Khamenei, il grande perdente della questione, ha ringhiato contro “l'arrogante governo americano” e ha tuonato che né modificherà la politica della Repubblica islamica né “l'aiuto ai suoi amici» nella regione.

La contesa principale in Iran è tra la popolazione iraniana e il regime liberticida. Il nemico principale dell’Iran e degli iraniani non sono i 5+1 ma la Repubblica islamica che né è repubblica né è islamica, ma una feroce e corrotta tirannia. La popolazione iraniana pretende democrazia e lo Stato teocratico né vuole concederla né può. La parola fine della Repubblica islamica la scriveranno gli iraniani nelle strade di Teheran e delle altre città iraniane. Gli Stati Uniti d’America ancora una volta mostrano la volontà ferrea di perseguire la nefasta politica degli anni 50 quando hanno abbattuto il governo democratico di Mossadeg. Se Khomeini ha potuto usurpare la leadership della rivoluzione democratica del 79 anche grazie ai 150 milioni “regalatigli” da Jimmy Carter, Barack Hossein Obama su quel solco vuole salvare un regime sanguinario, a dispetto della volontà di milioni di iraniani desiderosi di libertà e democrazia. Il pensiero infantile di Obama sarebbe questo: il trattato rafforzerebbe la fazione “riformista” del regime che nelle prossime elezioni vincerà e chi sa cos’altro succederà. Ci vuole tutta la semplicità dell’universo a non capire che nella Repubblica islamica gli attriti tra fazioni sono solo giochi di potere e le elezioni sono soltanto un’ingannevole farsa. I ministri, soprattutto dei paesi europei, cominceranno ad affollarsi in Iran. I mas media ripeteranno massicciamente gli osanna ai barbuti iraniani, dividendoli in buoni e cattivi. Gli imprenditori si metteranno in fila davanti ai palazzi di Teheran per intercettare gli affari. Tutti insieme chiuderanno entrambi gli occhi sulla drammatica situazione dei diritti umani in Iran. Anzi chiederanno che lo Stato teocratico di Teheran combatta, per conto degli stanchi occidentali, l’Isis. A chi importa che tutto il Medio Oriente bruci a causa dell’integralismo che ha la fonte proprio in Iran? Ma chi con un poco di sale in zucca scommetterà un soldo bucato sul futuro della dittatura al potere in Iran? Dei 100, 150 200 miliardi di dollari iraniani che dovevano essere scongelati dopo accordo, il direttore della banca Centrale dell’Iran dice che si tratta di soli 29 miliardi. Tra la corruzione impressionante che serpeggia nel paese e il fiume di miliardi che il regime spende per le sue espansioni, chi può dire quanto di questi soldi arriverà alla popolazione iraniana. L’Amministrazione di Obama è proprio sicura che con questo trattato ha salvaguardato gli interessi del suo paese? Il regime iraniano, indebolito e in fortissima difficoltà, per affrontare le conseguenze del trattato intensificherà senz’altro l’oppressione interna in Iran e aumenterà le sue ingerenze nella regione; i 5+1 sentiranno il peso politico e morale della loro responsabilità?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:10