La Croce Rossa e la verità su Israele

Anche il sorgere di questo nuovo anno è stato caratterizzato dalle continue e infondate polemiche di numerose organizzazioni internazionali nei confronti dello stato di Israele e del suo non rispetto dei diritti fondamentali riconosciuti alla popolazione palestinese. Dopo un attento monitoraggio dei territori contesi tra Israele e palestinesi è la Croce Rossa Internazionale a ribadire la sua: “Non c'è un ordine superiore di sparare per uccidere sospetti, come alcuni funzionari politici hanno cercato di convincerci”. E ancora: “Non c'è un regime qui che si basa sulla superiorità di una razza rispetto ad un altra; non vi è alcuna privazione dei diritti umani fondamentali sulla base della cosiddetta inferiorità razziale”, ribadisce pubblicamente Jacques De Maio, che dirige il “Comitato internazionale della delegazione della Croce Rossa in Israele”.

Sono oltre 12.000 i membri del personale della Croce Rossa che lavorano sul campo in 80 paesi diversi, con l'obiettivo di fornire aiuti e assistenza a milioni di persone vittime di conflitti armati e disastri. Team della Croce Rossa forniscono cibo, vestiti e assistenza medica nelle zone a rischio, talvolta, rimettendoci la propria vita. Possiamo seguire il lavoro della Croce Rossa Internazionale in numerosi contesti geografici, come in Siria, Somalia, Ucraina, Haiti e altre zone di guerra, dove regna fame e carestia.

La Croce Rossa è presente nello stato di Israele dal 1948 e ha ampliato la sua presenza nei territori contesi nel 1967. Nonostante ciò, “dobbiamo ancora spiegare al pubblico israeliano quello che stiamo cercando qui e quali sono i nostri principi”, ha dichiarato Jacques De Maio. “La cosa più complicata”, continuato in una recente intervista, “è quella di mantenere valido il principio fondamentale della Croce Rossa: la neutralità, non prendere una posizione in una situazione in cui ogni parte ritiene che la sua posizione è giusta chiedendo alla Croce rossa di condannare l'altra parte”.

Jacques De Maio ha ben ribadito la sua posizione di fronte alle accuse ad Israele di essere uno stato di apartheid: “Noi non rispondiamo a chi accusa Israele di essere uno Stato di apartheid, perché in questo stato non c'è apartheid, qui non c'è un regime che si basa sulla superiorità di una razza rispetto ad un' altra, non vi è alcuna privazione dei diritti umani fondamentali e non si pratica nessuna rivendicazione di superiorità razziale. Ciò che esiste è un sanguinoso conflitto nazionale, che dura da decenni”.

Parole importanti, che dovrebbero far riflettere tutti, indurre a comprendere e riflettere, soprattutto, la stampa nazionale e internazionale che non dedica la giusta e concreta attenzione a ciò che accade in tale contesto. Avigdor Lieberman, il Ministro degli Esteri israeliano, la scorsa settimana ha parlato di un impegno israeliano a ricostruire il porto marittimo e l’aeroporto di Gaza, e a dare ai gazani permessi di lavoro in Israele. Sono tutti segnali che dimostrano che ciò che la stampa tenta di diffondere è semplicemente banale e non approfondito. Nuovamente, si tratta di ribadire il diritto umano alla conoscenza su ciò che davvero accade in tali territori e sulle potenzialità in democrazia e diritto dello stato di Israele.

Aggiornato il 02 maggio 2017 alle ore 19:58