Accordi di Abramo: i Paesi arabi preferiscono Israele

La notizia con cui lo stesso neo insediato presidente Usa Joe Biden dovrà fare i conti è che i Paesi arabi del Golfo preferiscono di gran lunga fare patti politici e soprattutto economici con Israele piuttosto che continuare a finanziare più o meno consapevolmente il terrorismo palestinese (prima terzomondista e oggi a matrice islamica) come invece continua a fare l’Unione europea.

Bastava leggere i meno faziosi quotidiani americani e inglesi per rendersene conto. Ma ieri si è avuta una controprova nel bellissimo convegno organizzato su Zoom promosso da Fiamma Nirenstein, dall’ex ministro degli Affari esteri Giulio Terzi di Sant’Agata e dal presidente della Fondazione Einaudi, Giuseppe Benedetto. Sono intervenuti gli ambasciatori in Italia di Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Israele e Marocco. E, tra gli altri, il consigliere per la politica estera di Benjamin Netanyahu e l’ex presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani.

Nel primo cosiddetto “panel” coordinato da Giulio Terzi – che ha lodato questa iniziativa di Donald Trump che va ricordata con il nome “Accordi di Abramo, che è il primo patriarca tanto per gli ebrei quanto per gli islamici – proprio l’ex ministro degli esteri italiano ha ricordato che adesso nel Golfo soffia un vento di pace. Favorito anche, per usare le parole di Fiamma Nirenstein, dal fatto “che tutti temono le tentazioni imperialiste dell’Iran e l’ambiguità del ruolo della Ue”.

A questo potrebbe aggiungersi la politica espansionista dell’autocrate Recep Tayyip Erdoğan, ovviamente.

Secondo Omar Obeid Mohamed Alhesan Alshamsi, ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti in Italia, gli Accordi sono “una pietra miliare” nella regione, e confermano la volontà degli Emirati Arabi Uniti per la coesistenza e la prosperità. Parole chiave anche del prossimo Expo Dubai 2021, “che potrà essere occasione anche per rafforzare i legami tra Emirati Arabi Uniti e Italia”.

Youssef Balla, ambasciatore del Marocco in Italia, ha invece sottolineato come la riattivazione dei rapporti tra il suo Paese e Israele “servirà alla ripresa della pace in Medioriente e con particolare attenzione alla questione palestinese”. La causa palestinese “è importante per il re Muhammad VI e per il popolo marocchino” – ha detto – e ha aggiunto la necessità di raggiungere la soluzione di due Stati attraverso il dialogo. Dialogo “da sempre sostenuto” da Rabat. L’ambasciatore ha tenuto anche a sottolineare, a pochi giorni da quello in cui si commemora la Shoà, come il Marocco sia stato uno dei pochi Paesi che durante la Seconda guerra mondiale si rifiutò di consegnare “i propri cittadini ebrei” ai nazisti. D’altronde basta aver visto il film “Casablanca” per saperlo.

La questione palestinese è stata sottolineata anche da Naser M.Y. Al Belooshi, ambasciatore del Bahrein in Italia, che ha parlato di “futuro Stato della Palestina”. Il diplomatico del Bahrein ha poi sottolineato l’impegno con Israele: “insieme”, ha detto, “abbiamo lavorato contro il terrorismo, l’Isis e il terrorismo filo-iraniano di Hezbollah”.

L’Iran è stato al centro ovviamente anche dell’intervento di Dror Eydar, ambasciatore dello Stato di Israele in Italia. Il diplomatico si è detto convinto che, negli sforzi per gli Accordi di Abramo, “non era giusto vincolare il futuro” della regione “fino a quando i palestinesi non avessero deciso di tornare ai negoziati”. Gli europei e gli altri Stati arabi, ha continuato, dovrebbero ora “persuadere i palestinesi a tornare ai negoziati diretti. Fino ad allora abbiamo molto da fare per recuperare il divario causato dalla disconnessione tra noi”.

Quanto all’Iran, l’ambasciatore israeliano ha dichiarato che “i Paesi arabi moderati hanno capito quello che non tutti in Europa hanno ancora capito: l’Iran è una minaccia per la pace mondiale”.

Il programma nucleare e le attività per armarsi di missili a lungo raggio “minacciano non solo il Medio Oriente, ma anche l’Europa. Le sue attività terroristiche hanno raggiunto anche il suolo europeo, in maniera diretta o attraverso Hezbollah” – ha rimarcato ancora l’ambasciatore – che poi ha invitato “i Paesi europei a unirsi a noi, Paesi dell’asse moderato, nello sforzo comune per frenare la minaccia iraniana, al fine di garantire la sicurezza e la pace regionale. Un Medio Oriente sicuro e stabile è cosa buona anche per l’Europa”.

Nel secondo “panel” coordinato da Fiamma Nirenstein hanno in seguito preso la parola Ahmed Obaid Almansoori, ex membro del Consiglio federale nazionale degli Emirati arabi uniti (e fondatore dello Strategists Center) e Reuven Azar, consigliere per la politica estera del premier israeliano Benjamin Netanyahu.

Il primo ha rimarcato come attraverso questa pace favorita dal tanto deprecato Trump “possiamo ora contribuire allo sviluppo economico e sociale di tutta la regione”.

Il consigliere strategico di Nethanyhau da parte sua ha sottolineato la soddisfazione del governo dello Stato ebraico per le parole con cui la nuova amministrazione statunitense di Biden ha confermato il suo sostegno agli Accordi firmati dal precedente inquilino della Casa Bianca. Il che, ha aggiunto Azar, conferma il sostengo “bipartisan” da parte di Washington: “Con questi Accordi tanto attesi, il Medio Oriente può diventare un corridoio ancor più grande tra Asia ed Europa, da Emirati e Oman a Grecia e Cipro. Solo rafforzandolo, creeremo più prosperità e stabilità”.

Antonio Tajani ex presidente del Parlamento europeo e attualmente a capo di Forza Italia ha sottolineato anche l’importanza degli Accordi di Abramo sotto un altro aspetto: “Rappresentano un importante sviluppo in chiave europea sul fronte migratorio”.

Last but not least, Dan Diker del Jerusalem Center for Public Affairs, uomo che ben conosce il nuovo segretario di Stato americano Antony Blinken, ha affermato che “la nuova amministrazione dovrebbe evitare di tornare indietro alle logiche del passato, che non hanno funzionato, e mantenere la visione trumpiana del percorso israelo-palestinese”.

Insomma, un peana quasi corale dal mondo arabo e da quello israeliano a proseguire nel solco degli Accordi di Abramo che probabilmente saranno una delle poche cose che Biden non vorrà cambiare durante i primi mesi della propria attività presidenziale. Anche perché i Paesi arabi sunniti che non vogliono più avere tra i piedi i Fratelli mussulmani – e quindi Hamas e i suoi rapporti con l’Iran a Gaza – hanno capito l’antifona: Israele per la loro area geopolitica è il migliore alleato possibile contro i disegni egemonici di Iran e Turchia.

Inoltre, il figurone che lo Stato ebraico ha fatto dimostrando nella campagna di vaccinazione di saper affrontare meglio di chiunque altro al mondo il coronavirus – oltre che, notoriamente, il terrorismo islamista – non è passato inosservato.

“Laddove i palestinesi con le loro continue richieste di denaro – chiosa Fiamma Nirenstein – che poi prevalentemente usano per finanziare il terrorismo e l’odio anti israeliano, antisemita e antioccidentale, stanno cominciando a stufare un po’ tutti, diventando un problema economico oltre che politico”.

Hanno fatto la fine del marziano di Flaiano, insomma. Passeranno di moda anche i sostegni pseudo rivoluzionari di quella sinistra italo-europea che ha ancora nostalgia del terzomondismo e della guerriglia?

Aggiornato il 02 febbraio 2021 alle ore 12:16