Col passaggio ad altra dimensione dell’essere del Duca Filippo di Edimburgo, Principe consorte della Regina Elisabetta II del Regno Unito e sovrana del Commonwealth britannico, questo mondo ha perso più di un gentiluomo. Ha perso una personificazione di quel amor di Patria cosmopolita che le monarchie sanno ispirare, quel tradizionalismo naturale e non intellettuale in grado di rappresentare la stabilità in una società liberale autentica, di per sé conflittuale e quindi instabile.

Era solo un discreto Principe consorte di una grande Regina sotto la quale la Gran Bretagna è passata da sir Winston Churchill al welfare state, dal laburismo al liberismo di Margaret Thatcher, dall’adesione alle Comunità europee alla Brexit che destabilizza di nuovo l’Ulster. Il suo apporto, però, è stato discreto, silenzioso, ma interiore e profondo. Venne da quella famiglia germanica degli Schleswig-Holstein-Sonderburg-Glücksburg, regnante un tempo sulla Grecia, la quale chiamò eruditi filologi tedeschi a ricomporre i dialetti greci sopravvissuti sotto l’Impero ottomano ed il dominio Veneto della costa e delle isole, in quel greco letterario moderno che ha riacquisto la dignità dell’antico.

Fu tra i fondatori del Wwf, il Fondo mondiale per la natura, per propugnare quell’equilibrio dell’ambiente così amato dalle ataviche radici germaniche, dal sentimento antico dei Greci e nel fondo druidico-celtico della Britannia. Ufficiale di Marina pluridecorato, ed al momento Lord grande ammiraglio della flotta britannica, fu, fino a questo passaggio all’Oriente Eterno, attivo massone, iniziato il 5 dicembre del 1952 nella rispettabile loggia Navy Lodge Nº 2612, appartenente alla Gran loggia Unita d’Inghilterra, che ha tra i propri membri ufficiali e marinai della Royal Navy.

Lasciò formalmente la cristianità ortodossa del battesimo per la latitudinaria chiesa anglicana per poi tornare, in tarda età, alla più profonda pienezza spirituale della chiesa greca, come descrisse Helena Smith in un documentato articolo, “Pilgrim prince joins Greek monks for an Orthodox break”, apparso su The Guardian il 12 maggio 2004. In breve, fu un Principe della Tradizione, non babbione e dalla battuta pronta. Ha ragione, una volta tanto, Boris Johnson quando, nel dare l’annuncio alla Nazione, ne ha esaltato il ruolo nella promozione della monarchia, perno stabile della Costituzione britannica.

Questa figura, come quella della consorte Regina, deve far riflettere un liberale di destra. Per eventi noti, la Costituzione italiana ha ripudiato forse l’allora dinastia regnante più antica d’Europa che un liberale poi capo dello Stato eletto, Luigi Einaudi, votò per conservare, come scrisse propugnando quella scelta in un articolo su questa testata nell’edizione d’allora. Per ovvi motivi, dato lo spirito dei tempi, le Istituzioni supernazionali dell’Unione europea non conoscono la figura d’un garante della Tradizione tra gli Stati occidentali del Vecchio Continente. Eppure, la Tradizione è la migliore garanzia di un buon arbitrato nelle partite tra i partiti.

Aggiornato il 12 aprile 2021 alle ore 09:54