Il silenzio dei media su Kabul

I media televisivi e la stampa trattano l’Afghanistan con un’ipocrisia e una censura inaccettabili. Per saperne di più basterebbe seguire i tweet di Mariano Giustino ma non tutti lo sanno. Scrive il corrispondente di Radio Radicale: “Fantomatici esperti di “geopolitica” dicono che i talebani godono di ampio sostegno, che i diritti umani non sono universali e che sarebbero prerogative dell’Occidente”.

Purtroppo, la popolazione che si informa solo via tv o smartphone finisce per avere un’idea distorta sulla realtà afghana (lo stesso avviene in altri contesti). I media generalisti tendono a deformare l’opinione pubblica anche involontariamente, perché il flusso delle notizie mainstream ricopre tutto con la melassa del politicamente corretto, che si avvale anche dell’omissione di notizie “non conformi”. Tra queste quelle sull’Afghanistan, che va lasciato alla “volontà generale” espressa dal suo popolo: cacciare gli odiati yankee. Anche nella seconda guerra in Iraq si dava un’informazione parziale e soffocata sui bombardamenti di gas nervino di Saddam Hussein sui villaggi dei curdi, tanto che ancora oggi il cittadino medio europeo è schierato più dalla parte del dittatore Saddam che dalla parte degli europei e americani intervenuti. Eppure Saddam era una vaccara che parlava e agiva come tale, non era la Dulcinea di cui si innamorarono ciurme di europei al seguito di Chirac & Co. Il silenzio dei media è un lavaggio del cervello, per quanto mascherato.

Eppure, a Kabul ogni giorno avvengono fatti terribili, filmati di nascosto da afghani che rischiano la vita per una foto da inviare a occidentali resi muti-ciechi-sordi dal silenzio dei media (noi eleviamo a eroismo un selfie al ristorante, mica ci sogniamo di volare su una palla di cannone come il barone di Münchhausen). Sui Tg nostrani nulla di tutto ciò appare. Certo è terribile vedere il martirio di un funzionario del precedente Governo, legato mani e piedi in un canale di scolo e preso a bastonate da un mostro barbuto, che lo butta sott’acqua, poi lo tira su e poi di nuovo giù fino alla fine. Ma perché censurare il colpo di bastone inferto a una giovane donna come se nulla fosse, solo perché camminava in strada col capo coperto da una pashmina, costretta a procedere oltre senza voltarsi, perché voltarsi significa prendere altre bastonate.

Per non parlare della gogna inflitta al ladro di un cellulare davanti al “ministero dell’Istruzione” di Kabul, legato a un segnale stradale e preso a bastonate, frustate, calci. Forse perché anche da noi ci sono persone che vorrebbero una giustizia così amministrata? Per tre giorni di seguito ci sono state eroiche manifestazioni delle donne afghane, con lo slogan “non toccate i nostri vestiti”. Silenzio delle donne italiane “impegnate”.

I talebani operano col “ministero della Virtù e della Prevenzione del vizio”, che ha come braccio armato la Polizia morale, attiva sia in difesa della sharia sia nell’andare casa per casa a caccia di radio e cd. È vietato persino far volare gli aquiloni o giocare a scacchi, che è come il calcio da noi. Di fronte a questo la nostra opinione pubblica crede che gli afghani stiano dalla parte dei taliban, e che la democrazia non si debba imporre con le armi, per salvare un popolo dalla dittatura. Lo dicono tra le righe pure Natalia Aspesi o Michele Serra su La Repubblica, del resto. La gente comune, così andando, non concepisce più il funzionamento di una dittatura, anche perché è disinformata peggio che nella Turchia di Recep Tayyip Erdogan o nella Cina di Xi Jinping (il silenzio ne uccide più della spada!). Le masse vengono decapitate a forza di X-Factor o di Festival di Sanremo o delle pagine Instagram della influencer Chiara Ferragni. Così non si riesce più a informarsi correttamente, anche se si vive in mezzo a migliaia di siti e organi di informazione che hanno titoli inequivocabili come “Il Fatto” o “La Verità”. Certo, noi preferiamo avere – e leggere – L’OpinioneJosé Ortega y Gasset denunciava situazioni simili già novanta anni fa. Cosa è cambiato da allora? Oggi nelle democrazie occidentali non abbiamo lager e gulag: le nostre sbarre e catene non sono di ferro ma sono algoritmi, software, quotidiani che stanno dalla “nostra parte” e trasmissioni televisive di approfondimento. Inoltre, fioriscono gli innamorati delle dittature.

Sono ancora sconvolto da una mia recente discussione con un anziano “del popolo” che difendeva Stalin (“doveva ammazzarne di più”, “se pensi così stai con gli americani, sei un democristiano”, “gli americani non li vuole nessuno, fanno sempre guerre”) e se tu gli rispondevi che le immagini dell’aeroporto di Kabul con la gente in fuga raccontano un’altra realtà, diceva: “Quelli sono i traditori che hanno collaborato con la Nato”. E se dicevi che la guerra in Cecenia l’ha fatta la Russia, e che in Cina un terzo del territorio è oppresso e militarizzato (Tibet, Xinjiang, Mongolia interna, Hong Kong, Macao), affermava “Fanno bene”.

Sono questi i risultati di un’informazione in cui circolano solo luoghi comuni. Si pensi all’esaltazione nazionalista di un’Europa über alles rilanciata dopo il caso Aukus, con l’idea gollista di un esercito europeo, subito presa a calci da una persona moderata e “liberal”, come Lucio Caracciolo: “L’Europa vive sulla Luna”. In questo quadro diventa indispensabile lavorare a una diffusione di notizie che moltiplichino almeno “L’Opinione” su un “Fatto” o su una “Verità”. È in gioco la libertà di tutti.

Aggiornato il 20 settembre 2021 alle ore 16:52