La Ue di Putin e il Kazakistan

Non scoppierà una guerra per il Kazakistan, e nemmeno per l’Ucraina, due nazioni che non fanno parte del patto di mutua difesa Nato. Certo viene da pensare che la pressione militare russa ai confini ucraini sia stata una mossa di Putin per sviare l’attenzione occidentale dal fronte kazako, dove gli interessi internazionali sono molto più alti, vista la ricchezza di petrolio, gas, uranio e terre rare.

La nazione più estesa dell’ex Sovietistan – le Repubbliche dell’Asia centrale che si sono rese indipendenti dopo il disfacimento dell’impero fondato da Lenin – è oggetto di massima attenzione da parte della Cina, non a caso schieratasi dalla parte del presidente Qasym-Jomart Tokayev mentre costui faceva sparare ad alzo zero sui manifestanti.

Chi si piglia si somiglia, potremmo dire, e infatti oltre a Xi Jinping anche Recep Tayyip Erdogan, un altro boia della democrazia ha solidarizzato con Tokayev. A questo punto il quadro kazako sembrerebbe entrare nel quadro degli interessi dell’alleanza sino-russa con alleati ondivaghi tra i quali la Turchia di Erdogan e l’Iran. Ma il Kazakistan ha solidi rapporti anche con l’Occidente. L’Italia, per esempio, vi esporta ogni anno per oltre un miliardo di euro, tra trattori e automezzi commerciali Iveco (una fabbrica), mentre il Gruppo Todini-Salini-Impregilo realizza infrastrutture, comprese quelle legate alla nuova Via della Seta. Abbiamo investito in quel territorio 670 milioni (dati Istat) tra i noccioleti, la cui coltivazione Ferrero supporta tra Caucaso e Kazakistan, e gli impianti di gas e petrolio che vedono la compartecipazione azionaria di Eni. Abbiamo comprato petrolio kazako per oltre mezzo miliardo di euro nel 2021: una buona mossa per rendersi indipendente dagli idrocarburi russi, ma forse no.

Probabilmente Tokayev (eletto nel 2019) è lo spin off, l’avatar, il fido maestro sostituto del dittatore eterno kazako, quel Nursultan Nazarbaev le cui gesta leggerete qui di seguito. La politica levantina e orientale è sempre velata, così può anche essere che il Kazakistan non sia oggetto di una spartizione: le proteste sarebbero allora una questione interna tra il nuovo e il vecchio despota, e quello russo solo un tutoraggio. Comunque sia, parliamo di un territorio ricchissimo e immenso – esteso 2, 7 milioni di chilometri quadrati – ed è altrettanto sicuro che la Russia abbia da tempo buone relazioni nel palazzo del Governo kazako.

La Ue di Putin e il Kazakistan

La Unione economica eurasiatica (Uee) è un’associazione economica di Stati modellata sulla Unione europea. Gli Stati che ne fanno parte sono Bielorussia, Kazakistan, Russia, Armenia, Kirghizistan. Il progetto fu annunciato nell’ottobre 2011 da Vladimir Putin, che aveva fatto sua una proposta ideata e proposta in origine proprio dal presidente kazako Nursultan Nazarbaev il quale, nel 1997, pubblicò una Summa titolata L’Unione Eurasiatica. Idee, pratica e prospettive (1994-1997). Anche l’Uzbekistan ha fatto parte della Uee, prima di filarsela all’inglese. Attualmente, Armenia e Moldavia hanno lo status di osservatori (l’Armenia ha bisogno del supporto della Russia per i suoi problemi nel Caucaso).

Durante una tavola rotonda del partito Russia Unita, il politologo Dmitrij Orlov ha dichiarato che, oltre agli Stati ex-sovietici, la Uee potrebbe estendersi anche ad altri Paesi come la Finlandia, l’Ungheria, la Repubblica ceca, la Romania, le Repubbliche baltiche, Slovacchia, Polonia, Bulgaria, la ex Jugoslavia, la Cina e la Mongolia. Orlov parlava di una Federazione in cui il russo verrebbe usato come lingua di comunicazione e cooperazione economica. Altre ipotesi rilanciate dallo stesso Putin riguardano una futura integrazione tra Ue e Uee, così da comprendere una realtà geopolitica che vada dal Portogallo allo stretto di Bering e dal Polo Nord alla Cina. Una follia? Probabile, ma quanta follia si è incarnata in tragici eventi storici?

La Comunità economica eurasiatica è dotata di un Consiglio interstatale, di un comitato per l’integrazione, segretariato, assemblea interparlamentare, una Banca eurasiatica per lo sviluppo, di un fondo anti-crisi, di una Corte di giustizia comunitaria. L’Unione doganale eurasiatica è limitata a Russia, Bielorussia e Kazakistan ma ha già portato a una integrazione economica tra tre paesi. La Uee si va poi a integrare con altre associazioni interstatali dell’area ex sovietica, come il Trattato di sicurezza collettivo (la “piccola Nato” che comprende Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Russia e Tagikistan) e la Comunità degli Stati indipendenti, senza escludere del tutto l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai.

Kazakistan e Russia

La colonizzazione russa iniziò nel XVIII secolo, quando le tribù kazake chiesero l’aiuto dello zar contro le orde di invasori dall’area mongola. Nell’Ottocento molti russi si trasferirono nella steppa e l’ondata migratoria fu ancora più forte negli anni ’50 del Novecento, sotto l’impulso del presidente sovietico Nikita Kruscev, il quale sognava per il Kazakistan settentrionale il ruolo di secondo granaio russo dopo l’Ucraina, sbagliando in pieno, data la salinizzazione e desertificazione della steppa. Negli anni ’30 e ’40, sotto il giogo di Stalin, intere popolazioni furono trascinate in treno in Kazakistan e poi abbandonate lungo i binari con i soli indumenti che avevano indosso. Decine di migliaia di polacchi, tartari della Crimea, ceceni e ingusci: circa sei milioni di persone secondo Erika Fatland. Ecco perché in Kazakistan sono presenti più di cento nazionalità diverse.

I deportati vivevano soprattutto nel gulag di Karaganda (Karlager), esteso su un territorio grande quanto il Kuwait (!), dove ancora nel 1954 furono massacrati 700 confinati, colpevoli di ribellione. Tra il 1934 e il 1953 furono fucilati 25.000 internati su ottocentomila. I russi fino a qualche decennio fa costituivano un quarto della popolazione, poi Nazarbaev, con una campagna pro-nascite, ha ridotto la percentuale di popolazione russa a un terzo del totale. Comunque, ad Astana la lingua ufficiale è il russo, mentre la lingua di Stato è il kazako.

Nonostante i tentativi sovranisti (di facciata?) di Nazarbaev, il Kazakistan dipende dalla Russia per quanto riguarda gli oleodotti (che transitano in territorio russo, vedi per esempio il così detto Oleodotto dell’Amicizia che esporta petrolio russo tra la Repubblica russa del Tatarstan, il Kazakistan e l’Europa). Si pensi anche all’immenso confine tra Russia e Kazakistan, lungo 6846 chilometri.

Sovietistan

Per capire questa nazione così importante ma poco frequentata dai media e dai libri di storia, c’è soprattutto un testo “Sovietistan: Un viaggio in Asia centrale” della studiosa norvegese Erika Fatland, edito da Marsilio nel 2014. Da quell’anno a oggi è cambiato solo il nome dell’autocrate al potere, non la forma di Governo. Oggi c’è la Via della Seta, di cui la capitale Astana (o come diavolo la si deve chiamare oggi) è uno degli hub decisivi. È anche cambiata l’importanza delle Terre rare, che oggi sono una componente centrale della Grande Guerra economica, uno dei disastri della tempesta chiamata Covid.

Secondo Fatland, il Kazakistan è il meno corrotto degli Stati ex sovietici nell’Asia centrale. Ciò non toglie che sia alla centoquarantesima posizione su centosettantasette Paesi. Parliamo dell’economia più forte di quella regione. Nel 2014 governava sempre il presidente Nursultan Nazarbaev, un sultano (nomen omen) nominato da Gorbacev nel 1989, per garantire a Mosca continuità nel controllo di quel territorio. Il Kazakistan cento anni fa era abitato in gran parte da allevatori nomadi, che vivevano nelle iurte, tende ampie e sufficienti a garantire un buon conforto, nonostante un clima infame con temperature che in pochi mesi da equatoriali diventano polari.

Un altro libro per capire come era l’Asia centrale e la regione del lago d’Aral nei primi anni dell’Impero sovietico è un romanzo (in realtà è una denuncia travestita da romanzo) dello scrittore Andrej Platonov titolato “Ricerca di una terra felice” in cui descrive l’annichilimento dei kulaki, gli allevatori kazaki che furono annientati da Stalin.

Fatland spiega il destino di un “ricco” kulak che nel 1929 si vide confiscare tutte le sue 350 pecore. Rimasto senza niente, fu colpito dalle tasse e, non potendo pagarle, fu condannato a due anni di carcere. Due anni dopo la stessa sorte toccò al figlio. Il nipote al tempo aveva 9 anni e fu espulso dalla scuola. La famiglia aveva ancora una casa, dove vivevano i bambini e la nonna, vecchia e malata, cui portarono via il letto, lo scialle da sposa, due secchi e un tappeto logoro. La donna morì due mesi dopo. Gli uomini morirono in carcere. Per anni i bambini kulaki si spostarono da un villaggio all’altro (è il popolo alla “ricerca di una terra felice” di Platonov), cercando lavoretti saltuari. In quanto i kulaki, non ottenevano lavoro dal Soviet russo. Poi arrivò la carestia di inizio anni Trenta, che colpì soprattutto Ucraina e Kazakistan, dove sopravvisse un milione di bovini su sette milioni, e due milioni di ovini su diciannove.

I sovietici, infatti, non avevano tenuto conto che i kazaki non sapevano nulla di agricoltura e che la terra non era per niente adatta alle coltivazioni intensive imposte da Stalin. Nel territorio giravano scheletri viventi: un quarto di abitanti morì per fame. Nessuno sa perché nel 1994 Nazarbaev decise che la capitale dello Stato dovesse diventare Akmola, poi battezzata “Astana”, che significa “capitale” e infine chiamata Nur-Sultan nel 2019, in onore dell’autocrate dimessosi dalla trentennale carica presidenziale. Si tratta di uno dei luoghi più inospitali del mondo, essendo con Ulan Bator in Mongolia la capitale più fredda del pianeta (si arriva a -40°).

Fino al 2030 l’8 per cento del bilancio statale sarà destinato allo sviluppo urbanistico di Astana. Nel centro della città tutto è futuristico e post-moderno, come nei film Dune o nei fumetti anni ’30 di Flash Gordon. Si pensi alla torre Bayterek dell’architetto Norman Foster, sotto la quale è eternata l’impronta di della mano destra di Nazarbaev, e alla moschea decorata con oro e marmo bianco.

Nazarbaev proviene da una famiglia di modesti allevatori di capre, ma seppe farsi valere negli studi, eccellendo rispetto ai compagni. Diventato ingegnere lavorò in alcune fonderie, mentre studiava economia. A 22 anni si iscrisse al Partito Comunista, in cui fece una veloce carriera, diventando segretario del Pck. Dal 1992 è Presidente della Repubblica e, nonostante sia stato preso da manie di grandezza e dalla violenza, ha garantito al Paese asiatico una crescita annua tra il 5 e il 10 per cento dal 2000 in poi. Nel 2011 fu rieletto col 95 per cento dei voti. Quando si dice una votazione “bulgara”.

Negli anni ’50 e fino alla fine dell’impero sovietico la città kazaka di Semipalatinsk fu sede degli esperimenti nucleari dell’Urss, svolti a cielo aperto in parte, e con pesanti conseguenze per la popolazione locale. Secondo Erika Fatland, i sovietici fecero esplodere una bomba atomica al mese, per 456 volte. Nella zona si muore ancora oggi di cancro. Il centro fu inaugurato nel 1949 alla presenza del tristemente famoso ministro Berija con una cerimonia chiamata “Primo raggio”. Altro che Chernobyl.

Il lago

Erika Fatland descrive a lungo la storia del lago d’Aral. Cento anni fa era il quarto lago del mondo, con due poderosi immissari: l’Amu Darya su cui transitò l’esercito di Alessandro il macedone e il Syr Darya. Negli anni ’50 i russi convogliarono i due fiumi in canali necessari a irrigare le nuove coltivazioni di cotone, realizzate senza tener conto del grande consumo di acqua e della qualità del terreno. Nel 1980 il livello del lago scendeva già di un metro ogni anno. Oggi, si trovano carcasse di navi posate su un deserto sormontato dal sale, mentre l’acqua è oltre l’orizzonte. In anni più recenti il Governo kazako ha fatto costruire nuovi canali, per salvare l’Aral del nord dopo che il lago si era spezzato in due: quella meridionale è ormai inutilizzabile, essendo salata come il Mar Morto. Dopo la costruzione della diga che riservava tutta l’acqua dolce degli immissari al lago settentrionale, il livello dell’acqua è risalito di alcuni metri ed è diminuita la concentrazione di sale. Il lago, che prima distava 60 chilometri dalla città di Aralsk, ora è lontano meno di 20 chilometri.

La religione

La religione del 70 per cento dei kazaki è musulmana, anche se Nursultan Nazarbayev, educato in Russia, inventò una forma eterodossa di sunnismo laico, in sintonia con le tradizioni locali. Ovviamente si trattava del tentativo di evitare lo sbarco del fondamentalismo jihadista nato in Arabia e strabordato da Pakistan e Afghanistan nell’Asia centrale. Le donne comunque non escono di casa se non accompagnate da un maschio e, nonostante il divieto, regna la poligamia.

Aggiornato il 12 gennaio 2022 alle ore 10:45