La discesa di Xi, delegittimato dal virus

mercoledì 18 gennaio 2023


Come sta la reputazione di Xi Jinping? A pezzi, si direbbe, stando a quanto con estrema prudenza trapela dalle dichiarazioni di chi ha personalmente partecipato alle manifestazioni anti-lockdown del novembre scorso, costretto a rimanere nell’anonimato per il timore concreto di ritorsioni, così come riportato dall’Observer, periodico settimanale di The Guardian, del primo gennaio 2023, con il suo “Xi’s reputation”. Per Pechino, chi contesta lo U-turn anti-lockdown è, a scelta, un traditore, un venduto agli interessi stranieri o un provocatore prezzolato. Perché, insistono in merito i wolf warrior del Pcc (Partito Comunista cinese), la Cina ha fatto meglio di chiunque altro sul Covid, a dimostrazione della superiorità del suo sistema politico. Per cui, secondo fonti ufficiali, l’inversione attuale di marcia, “accuratamente preparata dai vertici politici” (si pensi se fosse stato il contrario!), non è altro che il frutto di un’attenta riflessione scientifica sulla dinamica del contagio. Difficile smentire i cinici che vedrebbero lo U-turn come una sorta di “Soluzione finale” per conseguire l’immunità di gregge (facendo risparmiare parecchi trilioni di yuan per chiusure forzate), per cui il regime avrebbe messo lucidamente in conto alcuni milioni di decessi tra la popolazione più anziana, fragile e insufficientemente vaccinata.

Vittime che, sempre dal punto di vista dei cinici, comporterebbero significativi risparmi di spesa per cure mediche e assistenza sanitaria: una sorta di politica eugenetica di massa tramite i contagi da Omicron. Silenzio, ovviamente, sui pazienti allineati lungo i marciapiedi che costeggiano gli ospedali con gli aghi della flebo infilati nel braccio; o sulle file di body-bag nere allineate lungo i corridoi dei presidi sanitari; o sull’accumulo di bare negli spazi antistanti ai crematori, in attesa di essere smaltite. Così il cinese Global Times (il quotidiano di regime in lingua inglese) all’apice della disinformazione scrive a proposito dell’inversione di rotta decisa dal Partito: “La mutazione in atto delle varianti del virus, l’accelerazione della vaccinazione di massa e il potenziamento delle risorse mediche hanno fatto sì che sia stato possibile pianificare, nel tempo, un’ordinata manovra di aggiustamento della strategia anti-Covid”. Incredibile ma vero, con pochissimo preavviso i dirigenti del Partito hanno avuto la faccia tosta di invitare i cittadini cinesi a dimenticare i draconiani lockdown, ormai non più necessari (e non è dato di sapere in base a quali criteri si è assunta una simile decisione!), che hanno così tanto penalizzato la qualità della vita e le libertà personali del loro popolo.

Per non farsi mancare nulla del paradosso comunista, è proprio lo stesso Partito a tranquillizzare ufficialmente i cittadini, perché il virus attuale, secondo la versione governativa, è poco più di un banale raffreddore contro il quale funzionano benissimo i metodi della medicina tradizionale, così come lo dimostra il bassissimo indice di mortalità per infezione da Covid, ottenuto come si sa da un dato ignoto alle statistiche ufficiali dell’Oms! A questo punto, persino una popolazione rispettosa delle decisioni delle Autorità come quella cinese (tanto da accettare di far finta che il bianco sia nero!) si sta ribellando alla negazione di fatti evidenti, che sono sotto gli occhi di tutti. Giustamente, oggi i cinesi si indignano per i tre anni di fallimento in cui non sono stati vaccinati un numero sufficiente di fragili, e guardano increduli al gap della propaganda rispetto a tutto ciò che sta accadendo sotto i loro stessi occhi! Se rimangono ignote le spinte politiche che hanno condotto al famoso “U-turn” rispetto ai rigidi lockdown di questo ultimo triennio, è invece del tutto evidente il caos che ha fatto seguito all’ordine opposto di rimozione integrale dei controlli anti-Covid! Del resto, molto prima dello scorso mese di novembre che vide il dilagare delle proteste anti-lockdown erano ben evidenti i costi sociali, politici ed economici della scelta dogmatica riferita allo “Zero-Covid”, data l’altissima diffusività di Omicron che rendeva inutili e costosissimi i lockdown generalizzati per megalopoli di decine di milioni di abitanti.

Eppure, chi di dovere – nel Partito e nell’Amministrazione – era perfettamente a conoscenza del fatto che le campagne di vaccinazione avevano privilegiato i lavoratori delle imprese pubbliche e private, lasciando indietro le fasce più vulnerabili della popolazione cinese. E sono state proprio le promesse del Governo in merito all’eliminazione del virus a dissuadere i più anziani che, da parte loro, già diffidavano dei vaccini nazionali, non avendo a disposizione quelli a mRna prodotti in Occidente e di cui il Governo non aveva autorizzato l’acquisto delle relative licenze. Con il progredire del numero esponenziale di contagi, i cittadini cinesi si sono trovati di fronte agli scaffali vuoti delle farmacie, che in brevissimo tempo hanno esaurito le scorte di medicinali antivirali e antipiretici, malgrado la Cina sia la seconda industria farmaceutica nel mondo! Così un buon numero di pazienti si sono rivolti al mercato nero per l’acquisto dei farmaci necessari, con i prezzi che salivano di ora in ora, oppure hanno fatto ricorso illegalmente a farmaci generici fabbricati in India e privi delle necessarie autorizzazioni alla vendita. E tutto questo è potuto accadere semplicemente per un grave difetto di pianificazione.

Più specificatamente, si tratta di questo: durante il regime di “Zero-Covid” l’accesso a farmaci antivirali del tipo Paxlovid dell’americana Pfizer, e il suo equivalente cinese Azvudine, richiedeva un test di acido nucleico. Nel caso di risultato positivo, i soggetti interessati subivano un confinamento coatto in speciali centri di quarantena gestiti dallo Stato. Questo aspetto ha comportato la letterale fuga dei cinesi dagli accertamenti di sanità pubblica, facendo di conseguenza crollare le vendite e la produzione di farmaci antivirali, mentre le aziende che li distribuivano si sono trovate in breve tempo sprovviste degli stock necessari, dato che le compagnie produttrici di farmaci deperibili nel tempo hanno drasticamente ridotto la propria produzione, provocando così il collasso del mercato relativo. Quando la politica ha letteralmente invertito senza preavviso la strategia del lockdown, le aziende farmaceutiche cinesi si sono trovate del tutto impreparate! Paradossalmente, si è tornati all’inizio della storia partita da Wuhan, quando le Autorità negazioniste di Pechino hanno lasciato che si celebrassero le grandi festività dell’Anno Lunare, con centinaia di milioni di persone che si sarebbero spostate in ogni angolo Paese per raggiungere i luoghi di origine, diffondendo ovunque il contagio da Covid. Oggi, con le aperture indiscriminate sta accadendo la stessa identica cosa, costringendo come allora i Paesi confinanti ad adottare restrizioni nei confronti dei viaggiatori provenienti dalla Cina, nel timore dell’arrivo di nuove, pericolose varianti.

Tra l’altro, è prevedibile che un buon numero di viaggiatori cinesi più benestanti facciano rotta su Macao e Hong Kong per acquistare vaccini occidentali. Come dire: la nemesi dei fini. Tra l’altro, nessuno che da quelle parti risponda a domande ovvie, del tipo: “Perché riaprire d’inverno, quando il virus è più attivo che mai e la difesa immunitaria delle persone è al minimo?”. Il che dà un’idea dell’incompetenza della leadership che governa la Cina odierna. Il problema vero per la casta dei mandarini comunisti è che “anche” gli alti gradi del Partito, al centro e in periferia, muoiono di Covid e, a questo punto, le loro morti non possono essere ignorate perché, in qualche modo, vanno commemorate. Bel problema, in fondo, per chi minimizza al punto i decessi da riconoscerne soltanto alcune decine a livello nazionale su molte centinaia di milioni di contagiati! Per di più, medici e paramedici, così come i dirigenti amministrativi locali degli uffici decentrati del Cdc (“Center for diseases control”) cinese, non sono stati allertati per tempo dalla decisione di favorire le riaperture trovandosi così a fronteggiare senza i necessari presidi farmacologici il picco dei contagi. In base alle stime della Commissione nazionale della Salute cinese, i contagi potrebbero salire a 900 milioni di unità, e nella sola Pechino metà dei 22 milioni di residenti risulta infettata!

Le maggiori responsabilità di questo disastro sono da imputare al leader maximo, soprannominato il “presidente tuttofare” a causa della sua smania di controllo su tutti i livelli di comando del potere politico, militare ed economico. Oggi, l’assoluta fedeltà all’autocrate Xi (che ha saturato tutti i posti strategici di comando con suoi fedelissimi “yesman”) ha come risultato l’eliminazione del dissenso, la soppressione dell’organo collettivo di comando voluto da Deng Xiao Ping, nonché la sterilizzazione del dibattito e della dialettica politica all’interno del Partito, in merito alle scelte cruciali per il destino del Paese. C’è qualcosa da copiare da questa lacrimevole Autocrazia gialla?


di Maurizio Guaitoli