Riflettori spenti sull’Iran

Lo scorso venerdì 12 maggio, la Repubblica islamica dell’Iran è stata eletta alla presidenza del Forum sociale del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite che si terrà il 2 e 3 novembre 2023. Il tema di quest’anno è la tecnologia e la promozione dei diritti umani.

Ed in nome dei diritti umani sarebbe giusto porsi qualche domanda, forse.

I dati dicono che dal 29 aprile all’8 maggio in Iran sono state impiccate almeno 118 persone: quasi 12 al giorno dalla fine del mese sacro del Ramadan.

Le ultime esecuzioni riguardano Yousef Mehrad e Sadrollah Fazeli Zare, entrambi condannati per aver usato i social media al fine di criticare la religione.

In un comunicato il Centro per i Diritti Umani in Iran (Chri) viene dichiarato: “La nomina di Ali Bahreini, ambasciatore della Repubblica islamica e rappresentante permanente presso le Nazioni Unite, a presiedere il Forum sociale 2023 del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite (UNHRC), è un oltraggio e dovrebbe essere ritirata immediatamente”. E ancora: “Chri chiede urgentemente ai governi di tutto il mondo di comunicare direttamente con il presidente dell’Unhrc Václav Balek per chiedere che questa nomina venga ritirata immediatamente al fine di mantenere la legittimità e la credibilità dell’Unhrc”.

Il direttore del Chri, Hadi Ghaemi, ha affermato: “La nomina di un funzionario iraniano a presiedere un organo dell’Unhcr, mentre il Consiglio sta indagando sul massacro di centinaia di manifestanti pacifici da parte della Repubblica islamica, riflette una scioccante cecità etica”.

“Il relatore speciale Javaid Rehman, massimo esperto nominato dall’Unhrc sull’Iran, ha descritto le azioni della Repubblica islamica negli ultimi mesi come un aumento del livello di “crimini contro l’umanità”, ha osservato ancora Ghaemi.

E mentre il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres di recente ha dichiarato che è in corso una “epidemia mondiale di islamofobia”,  continuano gli appelli delle attiviste iraniane (costrette all’esilio) come Golshifteh Farahani: “Ciò che sta avvenendo in Iran è una lotta per la libertà e l’uguaglianza. Non è una lotta contro l’hijab o contro gli uomini. È una lotta contro l’ignoranza. E questo è il motivo per il quale è condotta dagli uomini altrettanto che dalle donne. Per molti versi, le mie sorelle stanno combattendo la loro battaglia anche per tutte le altre donne – per i loro diritti e per l’uguaglianza. L’unica differenza è che loro rischiano ogni giorno le loro vite. E potete stare certi che le ripercussioni di questo movimento non si fermeranno ai confini dell’Iran, ma influenzeranno l’intera regione, dando speranza ad altre donne che non possono neppure sognarsi di alzare la loro voce contro tutti i diversi tipi di oppressione con i quali devono misurarsi ogni giorno della loro vita. Ma senza di voi questo movimento andrà in pezzi”.

Aggiornato il 15 maggio 2023 alle ore 14:34