Come uscirne

Il Forum economico mondiale di Davos è stata l’occasione, in premessa all’evento, per la Confederazione elvetica, facendo leva sulla presenza di Volodymyr Oleksandrovyč Zelens’kyj, presidente dell’Ukraïna, per dirigere la discussione sulla proposta di pace, presentata dal Governo di Kiev, volta a cessare la guerra in corso con la Federazione Russa. Vi hanno partecipato i rappresentanti di un’ottantina di Stati.

L’iniziativa è una delle tante con le quali la Svizzera, profittando della sua neutralità, cerca di rilanciare il suo ruolo internazionale di mediatrice di pace. Peccato che, in questo caso, significhi fare i conti senza l’oste, come si dice. Infatti, l’altra parte in conflitto, la Federazione Russa, ha già respinto il progetto unilaterale ucraino. Per mediare una pace occorrono tutte le parti in conflitto, soprattutto se si parte da posizioni molto distanti. Qui non si ritiene di discutere nel merito. Innanzitutto, non si è nessuno e poi, se si reputa utile fermare il fratricidio, è meglio non mettersi a sparare sentenze che, qualora giungessero all’orecchio delle parti (difficile visto che non si è nessuno), potrebbero portare a irrigidimenti. Invece, potrebbe giovare un aspetto: sollevare una questione di metodo. Nell’articolo sulla causa tra la Repubblica del Sudafrica, con altri, e lo Stato d’Israele, si è ricordato come tutta la costruzione delle Corti internazionali, all’Aia, parta con la Corte permanente d’arbitrato, istituita nel 1899, per dare seguito, anche se molto ridotto, a una iniziativa dello zar Nicola II, e come essa abbia competenza sulla determinazione dei confini, terrestri e marittimi, e su altre questioni di sovranità.

Si tratta non di un organo giurisdizionale ma arbitrale, cioè di una sede per portare le parti a un compromesso consacrato in un lodo. Essa è ancora funzionante e ha sede sempre nel Palazzo della Pace dell’Aia. Se la Federazione Russa ha una comprensibile resistenza a comparire davanti a organi giudicanti, potrebbe convincersi a non averne nei confronti di un’istituzione arbitrale, oltretutto fondata su un’iniziativa di un sovrano russo, giustamente rivalutato dopo il tramonto del regime bolscevico-sovietico. Se si vuole superare le pericolosissime crisi in atto, non bisogna inventarsi nulla ma usare degli strumenti ereditati dalle generazioni passate. Non ricominciamo sempre daccapo, magari ripercorrendo gli stessi errori. Oggi le armi in mano sono troppo pericolose.

Aggiornato il 16 gennaio 2024 alle ore 17:17