L’apostasia dell’Islam sta spopolando sui social

Sono mesi che il Centro studi Averroè, per molte ore, segue l’emergere di un fenomeno che si sta espandendo a macchia d’olio in tutti i Continenti. Un fenomeno rivoluzionario in seno all’Islam: l’apostasia. L’apostata è qualcuno che ha rinunciato alla propria fede, in questo caso si tratta quindi di ex musulmani. Da Canada, Francia, Spagna, Belgio, Germania, Norvegia, Algeria, Tunisia iniziano a essere centinaia di migliaia le persone che su TikTok, YouTube e altre piattaforme social conducono dirette streaming, per confrontarsi e dibattere in diverse lingue su cosa ci sia scritto realmente o meno sul Corano, sulla Sunna e Hadith riguardo, ad esempio, tematiche del diritto di famiglia, diritti della donna, il matrimonio, le punizioni e il velo. Tra loro anche alcuni ex imam, come Mihoub-Bouchama DZ, molto seguito e che converte centinaia di musulmani all’apostasia in 24 ore.

E perché le donne ereditano di meno? Perché gli uomini possono essere poligami? Perché la sua parola vale più di quella di una donna? Perché una donna perbene è decente solo se obbedisce a suo marito? La missione degli apostats è quella di smascherare la strumentalizzazione degli Hadith eseguita da imam che solamente opprimono i fedeli o, peggio, riescono a radicalizzarli alla violenza nel terrore. Quando si mette in dubbio la validità del Corano, non si mette in discussione la religione, ma i pilastri su cui si fondano tutti i regimi teocratici nel mondo arabo e, come ha detto un ragazzo algerino durante una diretta sul suo canale social, il “nazional-islamismo che è diventato l’Islam, secondo il quale essere musulmano è più importante che essere musulmano” del luogo in cui vivi. Questo è il livello, alto e rivoluzionario, degli argomenti che vengono sviluppati, Corano alla mano, dagli apostati.

Durante una delle tante dirette, un ragazzo spagnolo di origine maghrebina spiega cosa rischiano: “Se uccidessi un uomo, mio padre mi porterebbe cibo alla prigione; se fossi un pedofilo, mia madre mi perdonerebbe. Ma se dichiaro che non credo in Allah, la mia famiglia non vorrà sapere nulla di me e penserà che merito la pena di morte. Sì, nel Corano l’apostasia è motivo di pena di morte”. Mentre, A., ingegnere aeronautico iraniano, confessa: “Non rivelerò mai che sono un ex musulmano perché nel Paese da cui provengo, l’Iran, mi condannano a morte”. “Mi sono reso conto che l’Islam antepone una legge nazista alla società. Muhammad era un leader politico, un leader militare, comandò 17 guerre e sposò bambine di nove anni”. “L’Islam non è una religione, è un’ideologia politica”, sottolinea senza mezzi termini.

Hind, invece, ritiene che dichiararsi apostata sia “un atto di ribellione, un atto vendicativo” contro una “religione patriarcale e sessista che non rispetta i diritti”. E racconta: “In Algeria chi rivendica il proprio diritto a non credere è considerato malato di mente. In Tunisia, un giovane che si dichiarava ateo è stato ricoverato in un ospedale psichiatrico e, in Egitto, un altro è stato detenuto più volte e non gli è stato permesso di cambiare nazionalità per lasciare il Paese”. La verità, per lei, è che “il Corano non è pacifico, è scandaloso per le donne e giustifica i maltrattamenti, qualunque interpretazione si voglia dargli”. La loro decisione non è stata quella di opporsi all’Islam – detestano essere definiti anti-musulmani – ma di difendere la laicità. E qualcuno, durante le dirette streaming, lo spiega con un bicchiere di whisky in mano. “Tutti possono credere in quello che vogliono, al proprio interno, non negli spazi pubblici. Il problema è quando non mi lasciano credere in quello che voglio ed è quello che succede con i musulmani”. Però aggiunge che “questo processo non è facile e politicamente nessuno ti aiuta. La destra ti usa e la sinistra ti accusa di avere ragione. Restiamo nel mezzo e nessuno ci lascia parlare senza etichettarci come anti-musulmani. È molto importante distinguere la religione dall’identità stessa della persona, perché nell’Islam ci sono belle persone”: questo sostiene, sollevandone i paradossi e le sfumature della realtà che, invece, non vengono prese in considerazione.

Poi c’è Jack Le Fou, residente in Canada: sta guadagnando popolarità tra i militanti atei, agnostici e gli apostati sui social network. Jack è tra gli apostati (e atei) più conosciuti. “Ricevo centinaia di messaggi al giorno e devo dire che il 99 per cento sono messaggi di incoraggiamento, molte persone mi dicono che hanno lasciato l’Islam grazie a me”. Dichiara nel suo canale social che con migliaia di iscritti, è noto per i suoi confronti oratori con i musulmani sunniti più zelanti. Affronta senza esitazione argomenti delicati come l’età di Aïcha, lo status degli schiavi nell’Islam, il diritto della donna e il destino dei non credenti. Jack crede che molti musulmani, specialmente i giovani francofoni, abbiano una conoscenza limitata dei loro testi religiosi, ma sono convinti della loro perfezione.

È un ateo della Cabilia (regione montuosa dell’Algeria settentrionale, abitata principalmente da berberi: una nazione senza uno Stato) che organizza regolarmente dibattiti con i musulmani sulla piattaforma TikTok (che gli permette di raggiungere un pubblico molto diversificato). Inizialmente, questi dibattiti erano esclusivamente in arabo e in francese, da qualche mese hanno cominciato a svolgersi in berbero e arabo dialettale e ha numerose visualizzazioni. È molto fiducioso e ha una buona conoscenza dell’Islam. Dibatte utilizzando il metodo del “colloquio epistemico”, basandosi quindi su un’accurata ricerca scientifica. Fondamentalmente, è un attivista democratico ed è attraverso ciò che è entrato nella critica alla religione, parlando di una Nazione che ben conosce, l’Algeria, dagli anni Novanta, quelli del “Decennio nero”, divenuta una fucina di terroristi. Non va dimenticato che il gruppo terroristico algerino Gia compì un attentato in Francia durante la guerra civile, segnando il primo caso di terrorismo jihadista in Europa e anticipando l’internazionalizzazione delle loro lotte nazionali. Le attività del Gia coinvolsero reti e individui che, ancora oggi, influenzano la minaccia jihadista in Europa. In Algeria diverse leggi si ispirano alla Sharia. Ad esempio, una donna eredita la metà di suo fratello; un uomo può divorziare con una semplice dichiarazione mentre per una donna è la croce e lo stendardo e un uomo può sposare quattro donne. Questo è assolutamente proibito per una donna.

Inoltre, l’Islam costituisce un’autorità religiosa, vale a dire che i testi sono sufficienti per legittimare le leggi (in qualsiasi dibattito). Gli algerini rischiano addirittura il carcere (5 anni, dice) se mettono in discussione pubblicamente i testi. Ad esempio, se mettono in dubbio l’accuratezza o la rilevanza di un Hadith. Così Jack Le Fou spiega che l’Islam è, in Algeria, uno dei principali ostacoli alla democrazia. Ascoltandolo dibattere, abbiamo imparato parecchio e spesso rimaniamo anche senza parole di fronte alle posizioni dei nostri interlocutori. Si va dall’omofobia, all’antisemitismo, passando per quelli patriarcali. Ma le peggiori sono le giustificazioni della pedofilia, perché uno degli angoli di attacco preferiti di Jack Le Fou è l’età di Aicha al momento del suo matrimonio (e del suo primo “rapporto” sessuale) con il profeta Maometto.

(Café des apostats: https://1veriteparjour.lepodcast.fr/)

Questi sono alcuni nomi degli apostati che conducono la battaglia sul social:

#Djilou aladbim

#Karim Kabyle Fr

#Adila

#casus lady

#mouh dejavu1

Aggiornato il 26 marzo 2024 alle ore 08:33