Cina-Russia: alleanza continua

lunedì 22 aprile 2024


Le sanzioni commerciali verso la Russia vengono spesso applicate con modalità nebbiose e ambigue. Così la settimana scorsa il Regno Unito e gli Stati Uniti hanno annunciato il boicottaggio dell’importazione di rame, alluminio e nichel prodotti dalla Russia. Ma come è consuetudine, il Cremlino da tempo sta aggirando le inutili sanzioni occidentali, rinnovando accordi con Pechino, cooperando – anche “nuclearmente” – con la Corea del Nord al fine di proseguire, in maniera robusta, la guerra in Ucraina.

Ricordo che il primo blocco di sanzioni contro la Russia prodotto dall’Occidente risale al febbraio del 2022, quando è iniziata l’invasione russa in Ucraina. Ma è noto che l’Unione europea non ha applicato le sanzioni alla totalità degli scambi commerciali con Mosca, ma solo su alcuni prodotti come carbone, petrolio, componenti strategici e su aziende di oligarchi e politici. Tuttavia, altre sanzioni sono state aggiunte in seguito: a inizio gennaio di quest’anno è stato bloccato il commercio di diamanti fino a marzo, quando è stato emesso il tredicesimo pacchetto sanzionatorio contro Mosca, che ha riguardato Enti statali e società private. Notoriamente, le sanzioni occidentali influiscono in piccola parte sul sistema economico russo, non solo perché sono inefficaci dal punto di vista della privazione degli scambi, ma anche perché la loro applicazione – se ufficialmente è scandita – ufficiosamente è presente nel mercato “immerso”, il cosiddetto “deep market”. Infatti, gas, petrolio e uranio continuano a essere scambiati, anche indirettamente, tramite intermediari con Stati che non sono sotto le pressioni sanzionatorie.

Comunque, ufficialmente, per i sanzionatori occidentali queste restrizioni commerciali hanno una loro “tabella” che vede ridotto il valore degli scambi da 23 miliardi di euro nel 2022 a 14 miliardi nel 2023. Va considerato, altresì, che parte della riduzione ufficiale di circa nove miliardi di euro è stata “dirottata” su percorsi alternativi, tramite altre dinamiche con Stati “leali”, quindi regolarmente cooperanti, che hanno commerciato indirettamente i prodotti russi. In più, nell’articolato mercato che ignora ogni tipologia di sabotaggio commerciale legato alla geopolitica, si verificano scambi dove metalli sanzionati cambiano “profilo”. In tal modo, il rame viene camuffato dal rottame metallico, mentre i derivati otc, di regola negoziati extra-mercato, quindi trattati direttamente dalle parti, percorrono il loro consueto tragitto commerciale. Tuttavia, le nuove sanzioni sembra che non prevedano più l’accettazione di scambi con derivati otc, che non saranno più accettati dalle borse dei metalli di Chicago e Londra.

Questa nuova azione contro il Cremlino potrebbe frenare il denaro in entrata, che sarebbe utilizzato per rifornire la dispendiosa macchina da guerra russa? E hanno effetti concreti contro lo Zar Vladimir Putin? I dati espressi dai rapporti doganali pubblicati da Mosca attestano che nel 2023 c’è stata una diminuzione delle esportazioni verso l’Europa del sessantotto percento, e del ventotto percento al livello globale. Ciò dimostra quanti Paesi operano ancora scambi con la Russia, rifiutando le sanzioni occidentali. Ma sistematicamente vengono trovate dalle parti, sia dalla Russia che dai Paesi interessati a mantenere anche porzioni di fette commerciali, soluzioni articolate e alternative. Perciò, se a ovest la Russia gioca “carte commerciali” apparentemente complicate, a est ha le porte spalancate. Intanto l’India, membro del Brics (il gruppo composto da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), come la Russia sta assorbendo il commercio mancato verso l’Occidente acquistando petrolio, carbone e metalli dalla Russia, in quantità che quasi compensano le perdite dovute alle sanzioni. La Cina, altro pilastro del Brics, rinforza la produzione di armi di Mosca vendendo componenti elettronici, macchine utensili e tecnologia per missili e soprattutto per droni. Come scritto, Pechino invia quantità enormi di rame a Mosca: materiale, questo, “mascherato” da rottame metallico. Come citano fonti dell’agenzia Reuters, flussi di materiali a uso bellico e non solo – importati dal Golfo Arabico, dall’Asia centrale, dalla Turchia, ma anche da Paesi occidentali – vengono riesportati in Russia per sostenere il suo sforzo bellico. Un traffico di merci quasi impossibile da controllare, che contrasta con la retorica della sanzione a uno “Stato malvagio” con il quale sottobanco trattano e commerciano tutti.

Una cosa è innegabile: l’incontro di fine marzo tra Russia e Cina non ha solo confermato un accordo tra due potenze mondiali, ma una sintonia tra i due longevi autocrati, Vladimir Putin e Xi Jinping, che hanno suggellato lo sviluppo delle relazioni russo-cinesi e programmi di cooperazione in quella che giudicano una “nuova era”. Un’era nella quale anche la “questione” israelo-palestinese ha un peso enorme e dove la visione antioccidentale è il comune denominatore. Parliamo di programmi di cooperazione con possibilità e prospettive illimitate. Un legame che va oltre il semplice ambito bilaterale, ma viene ritenuto cruciale per il mondo e il futuro dell’umanità. Dove la questione Ucraina e “Taiwan” viaggiano sulla stessa linea geostrategica. A maggio si celebrerà il primo vertice Cina-Asia centrale. Saranno invitati, oltre la Russia, Tagikistan, Uzbekistan, Kirghizistan e Kazakistan. Una pesante pietra angolare per il “muro” di Mosca.


di Fabio Marco Fabbri