Meta: un attacco ai “profili” degli adolescenti

Negli Stati Uniti è stata prodotta l’ennesima denuncia verso il gruppo di Mark Zuckerberg; l’accusa è mirata a Meta Platforms, la società che controlla Facebook e Instagram e i servizi di messaggistica Messenger e WhatsApp, in quanto ritenuta priva dei mezzi per impedire ai giovani adolescenti di utilizzare le sue piattaforme. Ma in particolare gli viene addebitato di avere continuato a raccogliere i dati degli accessi dei minori sotto 13 anni ignorando le segnalazioni di prendere provvedimenti in merito. Dall’inizio del 2019 risulterebbero milioni le segnalazioni relative ai “profili” di minorenni sotto i 13 anni; Meta Platforms avrebbe provveduto, in seguito a denunce provenienti da più di trentatré Stati americani, a disattivarne solo una parte, lasciando però ancora attivi innumerevoli utenti e quindi la circolazione dei dati di minorenni, con l’aggravante che il colosso avrebbe nascosto le prove delle conseguenze negative sui giovani.

Le accuse verso le piattaforme di Facebook e Instagram riguardano l’effetto che hanno tali accessi incontrollati su questi giovanissimi, cioè l’impatto nocivo sia sulla salute mentale, che sulla strutturazione del comportamento; riscontrando che sono causa di dipendenza, portatori addirittura di forme depressive, ansiogene e nei casi più gravi anche motivo di suicidi dati dall’assuefazione da “sfide” promosse sui social. Il 22 novembre scorso, alcuni procuratori distrettuali statunitensi, hanno presentato estratti e-mail di conversazioni per dimostrare che la presenza di minori tra gli 11 e 13 anni, che giornalmente utilizzano Instagram e Facebook, è ancora cospicua. La critica mossa nei confronti dei social è stata quella di aver ignorato miriadi di segnalazioni di account, nonostante Meta si sia difesa affermando che “sono stati introdotti sistemi e funzioni di filtraggio” per proteggere i giovani e giovanissimi utenti, ed anche di avere a cuore la salute e sicurezza degli utenti. 

Infatti Meta, proprio attraverso un recente comunicato inviato al New York Times, assicura di aver lavorato per più di dieci anni per rendere la navigazione online più sicura e che la denuncia mossa dai trentatré Stati sia causa di cattiva luce nei confronti del gruppo. Ha inoltre aggiunto che la soluzione potrebbe essere quella di imporre limiti e autorizzazioni ai “negozi delle app” piuttosto che accanirsi contro le “piattaforme”. L’allarmismo sul tema è avvenuto successivamente alle dichiarazioni e documentazioni presentate da un’ex dipendente di Facebook, Frances Haugen, che aveva lanciato l’allarme facendo trapelare più di 20mila pagine di documenti interni, a fondamento dell’idea che Instagram abbia impatto sull’autostima, immagine e dipendenza tra i giovani. Insomma una “rete”, quella delle piattaforme social, che come ormai è noto agisce sulla massa con sistemi che vengono “venduti” come forme di comunicazione veloce e globale, ma che in pratica creano, oltre che enormi banche dati – merce da commercio – di semi ignari utenti, un sistema di “plagio ed isolamento”, che sta gravando sull’equilibrio comportamentale di generazioni, rendendole fragili e facilmente manipolabili.

Aggiornato il 06 dicembre 2023 alle ore 11:33