La libertà sui social alla Corte suprema

Una battaglia aperta fra i singoli Stati e la Corte suprema sulla “censurasocial. La libertà in rete negli Stati Uniti adesso passerà per il più alto organo giudiziario del Paese, visto che in alcuni stati come Texas e Florida si è venuto a creare un curioso cortocircuito. Proibire alle società detentrici di social media di rimuovere post o account per l’espressione di un “punto di vista” potrebbe essere anticostituzionale. Non essendoci una norma federale, i singoli Stati americani hanno preso iniziative locali, spesso per evitare che gli account dei politici venissero bannati e quindi esclusi dalle discussioni in rete. La Corte suprema Usa dovrà decidere se il compito di censurare o no i profili social degli americani spetti allo Stato o alle Big Tech che li controllano.

Da una parte, i leader repubblicani accusano le aziende tecnologiche di avere troppo potere sull’informazione mentre queste, rappresentate dal gruppo NetChoice – di cui fanno parte anche Amazon, PayPal, Meta e TikTok – sostengono che le leggi statali contro la censura violino il Primo emendamento della Costituzione. Ma questa sentenza, in base al suo esito, avrà enormi ripercussioni sulla regolamentazione dell’Intelligenza artificiale e sulla protezione dei bambini sul web. Gli sforzi federali e statali volti a regolamentare questi due punti sensibili dell’alta tecnologia potrebbero essere inutili se la sentenza sarà ampiamente a favore delle Big Tech, che ora come non mai si stanno sempre più appellando al Primo emendamento come fosse uno scudo.

Visto che i social network sono un attore importante del dibattito politico e della res publica a stelle e strisce, l’Alta corte dovrà presentarsi con un verdetto finale non oltre la fine di giugno, periodo che precederà di poco la bagarre elettorale per le Presidenziali del 2024. Per i funzionari della sicurezza nazionale e per alcuni ricercatori, limitare le capacità delle aziende tecnologiche potrebbe spianare la strada alla disinformazione, al terrorismo e al cyberbullismo. Ma lo strapotere delle Big Tech non è ben visto dal Paese reale e dai legislatori statali, quelli texani e della Florida in primis. Anche l’ex presidente Donald Trump si è schierato a favore della legge del Sunshine state.

Aggiornato il 26 febbraio 2024 alle ore 15:57