I diritti calpestati oltre i nostri confini

Non voglio iniziare dicendo che Cristian era un cittadino italiano, come la gran parte di voi che ora state leggendo questa riflessione a cuore aperto. No, mi limiterò a dire che aveva 35 anni e che aveva deciso di fare una scelta di vita, assieme alla sua compagna, stabilendosi in Costa Rica. Ma ad un tratto tutto si è fermato, Cristian è stato ritrovato morto dopo soli tre mesi di permanenza nel Paese centroamericano dalla sua compagna, tornata a casa preoccupata perché non lo aveva trovato fuori dal lavoro. Sulla sua morte, va precisato con chiarezza, non vi sono al momento certezze e tutto è rimandato all’autopsia, che dovrà dire l’ultima parola su questa morte tanto incomprensibile quanto dalle cause ignote.

Poche righe, che certo non spiegano in maniera esaustiva chi era Cristian Gualtieri, compito affidato a chi gli era vicino e a chi lo ha amato per questo breve tratto della sua vita. Ma queste parole di scarna cronaca lasciano un sospeso inquietante, ovvero che dalla data della sua morte, il 20 gennaio, la salma di Cristian ancora non riesce a tornare in Italia per vedere quell’ultima prova sul perché della sua morte. Ed essere abbracciata per l’ultima volta dai suoi familiari. Gli amici, a quanto si apprende, avrebbero organizzato una colletta per sostenere le spese del trasferimento della salma, che oggi rimane in attesa di giustizia. Adesso sì, posso e voglio dire che Cristian era cittadino italiano.

Lo dico a voce alta perché penso che i diritti derivanti dalla cittadinanza non si estinguano passata la frontiera, lo sottolineo con forza perché mi indigna pensare che la salma di un cittadino italiano, come tanti altri sparsi per il mondo, non riesca a rientrare in Italia perché dimenticata. Cosa osta al rientro di Cristian in patria? È un problema di soldi, oppure di scarsa attenzione da parte di chi dovrebbe lavorare ogni giorno affinché i diritti degli italiani all’estero siano rispettati pienamente?

Oppure, non essendo incappato in qualche disavventura durante una vacanza pericolosa, la sua morte non fa notizia? Cerco di capire, con pazienza, quali possano essere le motivazioni di una situazione profondamente lesiva dei diritti di colui che ancora oggi è, a tutti gli effetti, un cittadino italiano e che come tale va trattato, anche se non può più parlare e chiedere giustizia da sé. Si vuol far credere che non esista uno spazio in qualche volo fra i tanti che hanno solcato per ragioni più o meno diplomatiche l’Oceano, in cui caricare la salma di Cristian per farla tornare in patria?

La certezza è una: chi esce dall’Italia, per i motivi più svariati, diventa sostanzialmente apolide e rischia di non tornarvi mai più, visto che ogni Paese si sente in diritto di tenersi i nostri cittadini, i nostri militari, i nostri bambini e chiunque porti in sé sangue italiano. Dalle Istituzioni il silenzio, tombale. E da parte nostra l’ormai consolidata convinzione che il diritto internazionale serve solo quando è contro di noi, manifestando a chiare lettere la decadenza in cui siamo sprofondati come Paese, incapaci di proteggerci a vicenda come fossimo un solo cuore e un solo sangue.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:05