“Radicali e Anarchici, <br / > un incontro possibile”

Mercoledì 2 luglio a Milano (ore 17,30), presso il gruppo consiliare “Radicali-Federalisti Europei” (via Tommaso Marino, 7), si svolgerà un convegno di portata storica politica di inestimabile valore. “Radicali e Anarchici. Un incontro possibile” è il titolo del convegno che vedrà la partecipazione del professor Pietro Adamo, docente di Storia delle dottrine politiche all’Università di Torino, del professor Giampietro Berti, docente di Storia contemporanea all’Università di Padova, di Marco Cappato, tesoriere dell’associazione “Luca Coscioni” e presidente del gruppo consiliare radicale-federalista europeo e dell’avvocato Fabio Massimo Nicosia, giurista, scrittore e filosofo del diritto.

Ad oltre quarant’anni di distanza dalle marce antimilitariste, che videro insieme radicali e anarchici, si è assistito negli ultimi anni ad una ripresa di interesse, da parte di militanti e simpatizzanti radicali, nelle tematiche prima anarco-liberiste e poi anarchiche in senso lato. D’altra parte, nel mondo anarchico si è andato sempre più abbandonando il richiamo al rivoluzionarismo di tipo ottocentesco per un approccio più critico e pragmatico, che ha trovato il culmine nell’ultimo libro di Giampietro Berti, “Libertà senza rivoluzione. L’anarchismo tra la sconfitta del comunismo e la vittoria del capitalismo”, e nel dibattito che ne è scaturito sulle pagine della pubblicistica anarchica, in particolare, su “A/Rivista Anarchica”.

A loro volta, i radicali sono impegnati in una ripresa di temi forti riguardanti i diritti civili (questione carceraria, questione dell’eutanasia, antiproibizionismo, ecc.), che non dovrebbero lasciare indifferenti i vari ambienti della galassia libertaria. Tutto ciò suggerisce che sono forse maturi i tempi per una ripresa in qualche forma di rapporti, politici e culturali, tra mondo anarchico e mondo radicale. Fabio Massimo Nicosia, anche dalle pagine de “L’Opinione” attraverso le sue svariate interviste, ha sottolineato il punto di vista teorico e politico che intravede nel radicalismo il filo conduttore che dal liberalismo conduce all’anarchismo; e da tale approccio in casa radicale, dopo decenni, si ritorna a parlare di libertarismo e anarchismo. Berti nelle sue formulazioni teoriche ha concretizzato l’anarchismo, producendo una versione laica e pragmatica per un anarchismo che possa tornare ad incidere politicamente.

La vittoria moderna e definitiva del capitalismo sul comunismo coincide con l’esaurimento della centralità del movimento operario e socialista, dissolvendo, di fatto, il problema della collocazione politica dell’anarchismo. Concepito in termini politico-sociali, esso si è sempre collocato all’estrema sinistra; concepito invece in termini di teoria politica, presenta una maggiore complessità interpretativa poiché, da un punto di vista teorico, l’anarchismo è oltre la destra e la sinistra; non ha alcuna origine di classe, diversamente dal movimento anarchico in ambito storico. L’anarchismo si è collocato a sinistra perché il suo anticapitalismo è stato predominante rispetto al suo libertarismo. Se l’anarchismo rimane prigioniero del paradigma destra/sinistra, la sua capacità d’azione sarà destinata a rimpicciolirsi ulteriormente. Alla contrapposizione destra/sinistra deve subentrare il paradigma di riferimento autorità/libertà, dominio/libertà e secondo tali concetti vanno analizzati il comunismo e il fenomeno capitalistico. Il politico è più importante del sociale e la libertà è più importante dell’anticapitalismo; quindi, per conseguenza logica, dell’eguaglianza. Ne consegue che per pensare ad un anarchismo oltre la diade destra/sinistra occorre ripensarlo svincolato dalla storia del socialismo e dal movimento operario e, più in generale, dalla storia delle rivoluzioni proletarie. Bisogna passare dalla priorità dell’eguaglianza alla priorità della libertà, e secondo tale analisi concettuale bisogna analizzare anche il fenomeno capitalistico e la società libertaria da rincorrere.

Una corretta analisi libertaria dei fenomeni storici dell’alienazione e dello sfruttamento attuale concepisce che non ha senso imputare al “mercato” la situazione di soggezione dei lavoratori, derivante invece dall’esistenza della credenza sulla sussistenza del monopolio della forza, che nel proteggere i titoli di proprietà, frutto dello statalismo e non del mercato, contribuisce fortemente a mantenere in posizione deteriore lavoratori subordinati e disoccupati. Come ha più volte espresso Nicosia (con formulazioni autenticamente libertarie), il problema teorico fondamentale della dottrina del libero mercato è quella che analizza se l’attribuzione dei diritti di proprietà sia a sua volta immersa nel mercato stesso, ma in effetti non si vede come possa essere diversamente dato che qualsiasi ipotesi difforme implicherebbe la presenza di un’autorità al di fuori del mercato libero. Proprio Nicosia (autore del volume “Il dittatore libertario”) dalle pagine de “L’Opinione” analizzava la bontà libertaria delle battaglie radicali intese come intrinseco ampliamento delle libertà come passi graduali verso una società coerentemente libertaria, ricordando di come Marco Pannella parlava di un diritto che potesse costituire strumento di deperimento del potere. Da quarant’anni i radicali si definiscono “libertari” e hanno agito esattamente su questa linea di condotta; hanno individuato temi specifici di stampo liberale/libertario, hanno lottato per specifiche riforme politiche, i fondamentali “diritti civili”: leggi sul divorzio, sull’aborto, sull’obiezione di coscienza, sulle droghe, sulle carceri. Lo stesso Marco Cappato, che in casa radicale rappresenta con la sua azione l’essenza del libertario doc, in un’intervista del 2005 scriveva che “con la cosiddetta crisi delle ideologie, la debolezza sul piano ideale dei partiti politici ha reso più facile trovare nel Vaticano una riserva di valori, obiettivi ed emozioni che i partiti sentono di non essere più in grado di dare, come si è visto bene con papa Wojtyla. C’è invece una specie di sfiducia nella possibilità di costruire consenso intorno agli ideali libertari”.

Tra radicali e anarchici si potrebbe dar vita a uno stimolante scambio politico su specifiche proposte concrete in nome dell’antiproibizionismo, ricordando che l’assioma “antiproibizionismo su tutto” non è altro che la concreta realizzazione della società libertaria.

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 20:33