Germania e Francia: distruzione e suicidio?

venerdì 12 dicembre 2014


Quattro anni fa, Thilo Sarrazin, un noto consigliere Bundesbank, che è stato anche membro di lunga data del partito socialdemocratico di centrosinistra (SPD), ha sbalordito l’establishment tedesco quando ha pubblicato un libro in cui argomentava che l’immigrazione islamica stava minando la società tedesca. Nel saggio, Deutschland schafft sich ab (La Germania si distruggerà da sé), Sarrazin ha scritto che gli immigrati minacciano la libertà e la prosperità della Germania perché non vogliono integrarsi e dipendono prevalentemente dai sussidi sociali.

Anche se il partito di Sarrazin, così come il governo dei cristianodemocratici della cancelliera Angela Merkel, hanno preso le distanze dall’autore – e le organizzazioni islamiche hanno cercato di portarlo in tribunale con l’accusa di incitamento all’odio razziale – il libro ha fatto centro con i lettori tedeschi. Ha venduto oltre due milioni di copie ed è diventato uno dei saggi più letti in Germania.

Lo scorso ottobre, Éric Zemmour, un giornalista francese, ha pubblicato un libro che può essere considerato l’equivalente francese del saggio di Sarrazin. In Le Suicide français (Il suicidio francese), Zemmour sostiene che le politiche dell’élite politica francese stanno distruggendo il paese. Le sue argomentazioni assomigliano a quelle di Sarrazin e il pamphlet ha avuto lo stesso impatto. Il libro è campione di vendite. Finora, in meno di due mesi, ha venduto oltre mezzo milione di copie, nonostante il premier francese Manuel Valls abbia dichiarato che il saggio “non merita di essere letto”.

Éric Zemmour, un giornalista 56enne del quotidiano conservatore Le Figaro, è nato in Francia da genitori ebreo-algerini che sono scappati dal loro paese natio negli anni Cinquanta durante la guerra d’indipendenza algerina. Zemmour sostiene che la Francia viene distrutta dagli immigrati che rifiutano di integrarsi; dalla correttezza politica che soffoca l’intero dibattito e dalle organizzazioni sovranazionali, come l’Unione Europea, che minano lo Stato-nazione e l’economia francese.

Nonostante il suo successo popolare, il libro di Zemmour difficilmente apre un serio dibattito intellettuale. I suoi critici hanno coniato il termine “zemmourizzazione della mente” per descrivere un’esternazione di idee talmente assurde che non meritano di essere discusse. Altri ridicolizzano le sue idee chiamando il suo saggio “Il suicidio del Puffo” e soprannominando lui “Gargazemmour” – un riferimento a Gargamella, il mago malvagio del mondo immaginario dei Puffi. Oppure lo attaccano come razzista. Secondo la senatrice ebrea Esther Benbassa, membro del partito dei Verdi, Zemmour è un “Frankenstein in mala fede” e antisemita.

Zemmour ha facilitato il lavoro dei suoi critici dedicando sette delle 540 pagine del suo libro al regime collaborazionista di Philippe Pétain. In queste pagine, egli sostiene che il regime di Pétain sia riuscito a salvare un certo numero di ebrei dalle camere a gas della Germania. Anche se la sua opinione sul generale Pétain non è l’essenza del pamphlet, queste sette pagine hanno richiamato l’attenzione dei critici.

Il saggio è anche tipicamente francese nelle critiche mosse agli Stati Uniti, accusati di aver importato in Francia il pensiero politicamente corretto, e al liberalismo economico. Una delle argomentazioni di Zemmour a sfavore dell’UE è che essa impone alla Francia “il pensiero economico tedesco”. C’è anche una certa nostalgia del periodo della conquista imperiale francese, in particolare dell’età napoleonica. Sembra che Bonaparte sia uno degli eroi nazionali di Zemmour.

Tra i pochi giornalisti francesi che difendono apertamente Zemmour c’è Élisabeth Lévy, che – come Zemmour – proviene da una famiglia di ebrei algerini. Ella critica il “bonapartismo” di Zemmour ma definisce anche l’atteggiamento del premier Valls – e di altri che attaccano il libro senza averlo letto – “stalinista e orwelliano”. Secondo la Lévy, i cittadini francesi hanno nostalgia del passato, ma non dell’età napoleonica, quanto invece del periodo in cui le periferie francesi non erano le roccaforti dell’Islam radicale; quando la società francese era ancora basata sui valori autoctoni e la gente che si sentiva insicura era presa in seria considerazione dai politici.

L’enorme successo commerciale del libro di Zemmour evidenzia la profonda insoddisfazione di molti cittadini medi francesi nei confronti della loro élite politica e culturale. Quattro anni fa, il saggio di Thilo Sarrazin ha mostrato che molti tedeschi non volevano che l’élite politica alemanna distruggesse la Germania. Oggi, il pamphlet di Éric Zemmour rileva che molti cittadini francesi non sono disposti al suicidio nazionale.

La Germania si distruggerà da sé? Non ancora. La Francia si suiciderà? Non ancora. Quello che però questi due libri rivelano è che l’Europa sembra matura per degli sconvolgimenti politici.

 

(*) Traduzione a cura di Angelita La Spada

(**) Gatestone Institute

 


di Peter Martino (**)