Povertà e sprechi: binomio inaccettabile

Proprio mentre la Grecia attende con il fiato sospeso, e con risorse che iniziano a scarseggiare - dai supermercati quasi svuotati al carburante in esaurimento - il referendum di domani, che deciderà essenzialmente sulle sorti del Paese - accettare le condizioni di Bruxelles e restare nell’Euro o decidere di uscirne con tutti le possibili conseguenze del caso - una riflessione generale sulla crisi dell’Eurozona viene incoraggiata anche dal recente studio “Food Poverty Food Bank. Aiuti alimentari e inclusione sociale”, realizzato da Giancarlo Rovati e Luca Pesenti (edito da “Vita e Pensiero”). La ricerca analizza la situazione dei consumi alimentari nel nostro Paese proponendo una lettura dei dati dal 2007 (anno di inizio della crisi) ad oggi.

I dati emersi sono alquanto allarmanti e mettono in luce una cronicizzazione del problema. Una persona su dieci vive una condizione di povertà alimentare, ovvero non risulta essere in grado di permettersi un pasto regolare. È spaventoso pensare che questa condizione interessi il 10 per cento della popolazione italiana, vale a dire, in termini numerici, ben 6 milioni di cittadini, di cui 1,3 milioni di minorenni. Lo studio evidenzia un peggioramento delle condizioni di povertà alimentare negli ultimi otto anni: dal 2007 ad oggi le famiglie che non riescono ad assicurarsi un pasto proteico ogni due giorni (due!) sono passate dal 6 al 14 per cento, mentre il dato, in Paesi come Francia o Spagna, rimane relativamente più contenuto, attestandosi rispettivamente al 7,4 e al 3,5 per cento.

Al di là di dati e statistiche quantitative, desta altrettanto allarme la “stabilizzazione”, ovvero l’espansione del fenomeno. Negli ultimi anni gli istituti e gli enti convenzionati al Banco Alimentare hanno riscontrato un forte aumento nel numero dei propri assistiti. La causa di povertà, nella quasi totalità dei casi (80%) è attribuibile alla perdita di lavoro. Le regioni del centrosud, come spesso accade, sono quelle che riscontrano una più forte concentrazione di questa condizione di disagio. È però un paradosso inaccettabile che se da una parte si riscontra questa triste fenomenologia, dall’altra continuano, inarrestabili, gli sprechi.

Il Banco Alimentare auspica una maggiore collaborazione da parte di aziende che possano donare alimenti non più commercializzabili. Proprio in questa prospettiva ha siglato un accordo con Expo e, in soli due mesi, si è riusciti a recuperare ben 5mila chilogrammi di alimenti, donati a strutture caritative dell’hinterland milanese. Solo poche settimane fa la Francia ha approvato all’unanimità una legge contro lo spreco alimentare, che entrerà in vigore proprio in questi giorni. In base alla nuova normativa i negozi con una superficie superiore ai 400 metri quadrati non potranno gettare l’invenduto, ma saranno obbligati a stipulare accordi con le associazioni che si occupano di donare cibo non scaduto. E per i trasgressori sono previste multe salatissime, fino a 75mila euro e 2 anni di reclusione.

Evitare gli sprechi non migliora le condizioni di chi non dispone di risorse tout-court, ma è certamente un primo fondamentale passo verso la consapevolezza dell’importanza di un bene primario. E dovrebbe essere una lezione basilare da insegnare ai nostri figli.

 

Aggiornato il 08 giugno 2017 alle ore 11:35