Battaglia radicale, vittorie democratiche

In Italia, e non solo, l’unico partito e contemporaneamente Organizzazione non governativa che ha fatto dei diritti umani e della democrazia la prerogativa della propria azione politica è il Partito Radicale. L’apporto della galassia radicale può contribuire sostanziosamente a far avanzare il dibattito filosofico, politico e giuridico che circonda la problematica dei “diritti umani”. Una disputa sui diritti che coinvolge soprattutto giuristi e filosofi riguarda la concepibilità dei diritti umani e universali: concepibilità negata dai critici romantici dell’universalismo illuminista e oggetto di discussione di un movimento composito, sia a destra che a sinistra, chiamato particolarismo dei diritti. La discussione verte intorno al problema del carattere universale attribuito ai diritti.

Uno degli effetti della globalizzazione è stato la rilocalizzazione, un processo politico che genera nostalgia per le piccole patrie e per i “bei tempi andati”. L’evoluzione giuridica non fa eccezione a tale dibattito. Ogni ulteriore diffusione, generalizzazione o universalizzazione del concetto produce rifiuti come il rigetto causato dall’anticipazione, ovvero, quel filone politico giuridico che guarda all’instaurazione dei diritti umani come funzione applicata dalla politica: la Rivoluzione Francese ha sostituito la legittimità tradizionale della monarchia con un obiettivo smisurato di cui allora occorreva una giustificazione altrettanto enorme, solo una dichiarazione dei diritti dell’intera umanità poteva apparire all’altezza del compito. Il particolarismo funziona benissimo finché si tratta di demolire le “mitologie universalistiche”. Anche il presidente statunitense Bush ha utilizzato argomentazioni universalistiche per giustificare le proprie guerre preventive e Jürgen Habermas, filosofo, storico e sociologo tedesco, animatore della tradizione della “Teoria critica” della Scuola di Francoforte, ha utilizzato tali argomentazioni a favore dell’intervento Nato in Kosovo. Molti particolaristi hanno sentenziato che “l’universalismo dei diritti, oltreché teoricamente fragile, sarebbe anche politicamente malvagio”.

I particolaristi sembrano dimenticare i propri scheletri nell’armadio. Certo particolarismo è sinonimo di razzismo e identitarismo riproposto in salsa culturalista. L’attualità giuridica ribadisce che il particolarismo dei diritti non serve più a ripudiare i diritti umani, ma a giustificarli in modo alternativo, facendo perno sulla relatività culturale e storica del concetto di diritti. Il filosofo statunitense Richard Rorty sostenne che “la retorica che noi occidentali usiamo per tentare di persuadere tutti quanti ad assomigliarci di più migliorerebbe se noi fossimo più onestamente etnocentrici e smettessimo di professare l’universalismo”. Un approccio che dimentica delle molte risoluzioni Onu e convenzioni internazionali che sono divenute universali, in quanto appartengono a tutti gli individui della specie animale umana per il semplice fatto che esistono. Ma, imparando a far tesoro anche delle critiche, potremmo dire che una difesa dei diritti umani, oggi, potrebbe essere né particolarista né universalistica ma politeista, come ricorda il giurista, teorico del diritto e storico delle idee Mauro Barberis. Discutere, invece di spararsi: “Forse quando ci saremo conosciuti meglio, ci accorgeremo di non pensarla così diversamente”.

La filosofia del dialogo dei diritti umani. E allora non si può che ritornare a Marco Pannella. Cosa ribadisce ogni volta il leader radicale se non il dialogo con il mondo musulmano e le “sue giurisdizioni”? La battaglia radicale di “Nessuno tocchi Caino” e di “Non c’è Pace senza Giustizia” per la transizione “comune” alla democrazia dalla ragion di Stato ha perni precisi dal carattere neo-universalista: “Per lo Stato di diritto, federalista, democratico e i diritti umani”. Quel carattere né particolarista né universalistico, ma politeista e frutto del dialogo sembrerebbe ritrovarsi proprio nell’approccio pragmatico e neo-universalista di Pannella e del mondo radicale. I diritti umani come diritti naturali storicamente acquisiti e quindi “vigenti”. Aggiungo che il federalismo appartiene, oramai di fatto, anche a certa cultura orientale.

Sempre Pannella ricorda costantemente la visione del Dalai Lama e dei tibetani. Non indipendenza, ma libertà nelle Cine, per diffondere libertà e democrazia soprattutto al popolo cinese. Il Partito Radicale ha lanciato tale proposta al mondo globalizzato, partendo dall’area Araba ed Euro-Mediterranea, perché si torni ai principi “universali” fondativi delle Nazioni Unite di ricerca di pace e stabilità internazionale attraverso il pieno rispetto dei diritti fondamentali, a partire da quello che consente ai cittadini di conoscere il processo decisionale dei propri governi per potervi contribuire politicamente. Un processo di riforma che inciderebbe in tutto il globo, dal mondo arabo fino alle nostre “democrazie reali”, un processo universale.

 

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:33