Nessuno tocchi Caino per lo stato di Diritto contro l’autoritarismo

Il 18 e il 19 Dicembre si è svolto presso la Casa Circondariale di Opera, a Milano, il VI Congresso della Ong radicale, “Nessuno tocchi Caino”. Il tema è stato incentrato sulla pena di morte e la morte per pena e non è mancata occasione per descrivere l’attuale situazione internazionale europea e mediorientale, che dopo gli avvenimenti di Parigi, è caratterizzata da una deriva autoritaria, militarista e securitaria. Il Congresso di Nessuno tocchi Caino ha confermato, con il suo sostegno, il progetto transnazionale del Partito Radicale Nonviolento per la transizione dalla ragion di stato allo stato di diritto a partire dalla codificazione e formulazione del diritto umano alla conoscenza.

Le dichiarazioni dalla presidenza francese sull’eventuale e parziale soppressione dello “stato di diritto” in caso di atti di terrore e il ritorno della pena di morte in Europa, nella zona ucraina gestita dai “paramilitari russi”, pone delle urgenti problematiche che diventano alcuni degli obiettivi della Organizzazione non governativa radicale: rilanciare la campagna per la moratoria universale delle esecuzioni capitali in vista del prossimo voto dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite sulla Risoluzione pro moratoria, previsto nel 2016. La problematica del “diritto umano alla conoscenza” resta una priorità per chi si occupa di tutelare e promuovere i diritti umani fondamentali riconosciuti dalle dichiarazioni delle Nazioni Unite. In ambito transnazionale riscontriamo una voluta e concreta mala-informazione riguardante il “caso Iran”.

La presidenza iraniana viene presentata all’Europa come “moderata” e aperta al dialogo. Invece, la violazione dei diritti umani, nel corso del 2015, risulta considerevolmente aggravata. Più di 2000 prigionieri sono stati giustiziati in Iran dall’inizio della presidenza Rouhani. Le esecuzioni in pubblica piazza sono state centinaia nel 2014 e continuano nel 2015. Almeno 64 persone sono state impiccate pubblicamente (l’impiccagione è il metodo preferito con cui è applicata la Sharia in Iran) nel corso del 2014. Sempre nel 2014, almeno 26 donne sono state impiccate e nel 2013 le donne impiccate erano state almeno 30. Sia nel 2014 che nel 2015 sono state eseguite esecuzioni di minorenni, ponendo l’Iran in aperta violazione della Convenzione sui diritti del fanciullo che pure ha ratificato. Nel 2014, almeno 32 persone sono state impiccate per fatti non violenti o di natura essenzialmente politica. Altre 14 sono state giustiziate nel 2015, al 30 giugno. Non c’è solo la pena di morte, secondo i dettami della Sharia iraniana, ci sono anche torture, amputazione degli arti, fustigazioni e altre punizioni crudeli e degradanti per la dignità umana. Non si tratta di casi isolati e avvengono in aperto contrasto con il Patto internazionale sui diritti civili e politici che l’Iran ha ratificato e che queste pratiche vieta.

Migliaia di ragazzi subiscono ogni anno frustate per aver bevuto alcolici o per aver partecipato a feste dove contemporaneamente erano presenti sia maschi che femmine. Le autorità politiche e religiose iraniane considerano le frustate una punizione adeguata per contrastare comportamenti ritenuti immorali e insistono perché siano eseguite in pubblica piazza come “lezione per chi guarda”. Altra problematica di carattere transnazionale è legata all’approccio politico degli stati riguardo le “droghe”. È Marco Perduca del direttivo di Nessuno tocchi Caino che per riassumere gli sviluppi positivi cita gli Usa: “Abbiamo adottato politiche intelligenti sul crimine” hanno esordito gli Stati Uniti sottolineando come all’incarcerazione di chi consuma sia da preferire la cura.

Un messaggio preciso, anche se non totalmente corrispondente alla realtà delle politiche giudiziarie nazionali. Altrettanto chiara l’invocazione della «latitudine» cioè lo spazio di manovra all’interno delle tre Convenzioni Onu sulle droghe per modificare, a impegni internazionali vigenti, leggi e politiche sugli stupefacenti. Il nuovo corso del Paese che ha inventato la “guerra alla droga” ha contribuito a impostare il dibattito relativo all’Ungass, la sessione speciale dell’Assemblea generale prevista per il 2016. Ricordiamo che in molti stati lo spaccio di sostanze stupefacenti è punito con la pena di morte o con condizioni detentive in palese violazione della dignità umana. Il progetto transnazionale per l’affermazione dello stato di diritto è prerogativa non rinviabile, soprattutto in questo contesto storico caratterizzato dalla paura e dalla fobia per il terrore di matrice islamica.

 

(*) Componente del Consiglio direttivo di Nessuno tocchi Caino

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 14:51