“Ti racconto la politica”

Burocrazia e prepotenza (Capitolo 91) - Grazie! Il precedente capitolo n. 90 intitolato “Futuro” ha ricevuto una tale attenzione da lusingarmi. Il record apparteneva al capito n. 16 “Realtà e linguaggio”, pubblicato il 5 dicembre del 2015, ma “Futuro” l’ha battuto e tra mail e messaggi la richiesta più frequente è stata di trattare ulteriormente il tema e pubblicarne una seconda parte. Naturalmente lo farò, mi sento ispirato da certe convinzioni che ho sul futuro, ma lo farò prossimamente. Oggi il presente capitolo è dedicato alla “burocrazia di Stato” che, divenuta paravento della prepotenza istituzionale, opprime il popolo fino al punto che esternare disistima nei confronti di certe istituzioni è una quotidiana normalità.

Nel nostro meraviglioso ma disgraziato Paese è stata proprio la politica e il conseguente “stile” delle amministrazioni pubbliche ad adottare la burocrazia fino a trasformarla in una sorta di morbo che uccide, specialmente nelle nuove generazioni, la fiducia, la genialità, la fantasia e lo spirito d’iniziativa. L’Italia ha reso all’impiego pubblico dei privilegi che ha negato a quello privato e molti, forse troppi amministratori e lavoratori pubblici, si credono portatori di poteri tali da porsi al di sopra dei normali cittadini; non è raro, per esempio, imbattersi nella tracotanza e boria del lavoratore pubblico che, portando una divisa da vigile urbano (pardon, “polizia locale”) o di controllore di biglietti o altro, si sente l’autorità.

Il rapporto inteso come quoziente, ovvero il risultato della divisione matematica che pone al dividendo gli aventi mansione pubblica e al divisore i normali cittadini, è in Italia il più alto del mondo; perché? Beh, non dovrebbe essere difficile capire che il pagamento pubblico dello stipendio, come della parcella, come della “tangente” o qualsiasi altra diavoleria, faccia parte di uno dei maggiori capitoli di “finanziamento” del taciuto ma mai negato voto di scambio. Non facciamo certo di tutta l’erba un fascio né vogliamo mancare di rispetto ai lavoratori pubblici per bene, ma grande parte della normativa burocratica italiana è costituita da una serie di cabale “inventate” per inserire una moltitudine di parassiti nell’apparato pubblico, col fine di accrescere i consensi elettorali di una classe dirigente politica vile, che non si fa scrupolo di portare molti cittadini all’angoscia o all’abbandono dell’Italia, se non al suicidio.

A ciò si aggiunge che le strutture deputate ai poteri costituzionali legislativo ed esecutivo si fanno leggi e decreti ad hoc per legittimare lo sfruttamento, l’usura e il crimine adottati da certe istituzioni pubbliche. Come più volte affermato, è ormai prassi del potere politico usare il vocabolario dell’ipocrisia per dare esteriorità degna alla nefandezza. Nel personale pubblico, è frequente incontrare individui incompetenti e dai modi anche maleducati e boriosi. Che dire, inoltre, dei casi in cui è obbligatorio rivolgersi all’ufficio pubblico tramite lo strumento informatico, quando lo stesso strumento è stato progettato con tale incompetenza da essere inutilizzabile? I cittadini si lamentano? Ovvio.

Aggiornato il 29 luglio 2017 alle ore 12:05