Come uscire da questo stallo?

Uno degli insegnamenti ricevuti da Marco Pannella è la distinzione tra il Governo e il Potere (con la maiuscola), cioè tra senso dello Stato e ragion di Stato o di partito.

Andare al Governo e andare al Potere non sono la stessa cosa. Mi è sempre apparsa come una bellissima distinzione. Tanto è vero che anche Silvio Berlusconi, nel 1994, entrato a Palazzo Chigi, si rese subito conto che non vi era una stanza dei bottoni. A tal proposito, lo stesso Marco - nelle nostre tante occasioni d’incontro e nelle nostre conversazioni - mi ripeteva spesso: “Governare significa prevedere, cioè prevenire”. Ecco perché sono mesi e mesi che, in tutte le sedi in cui mi è concesso, cerco di prevedere quanto sta accadendo oggi e di mostrare il quadro politico di un sistema bloccato. Quindi, ovviamente, anche la strada per evitare (prima) e uscire (oggi) dall’attuale stallo politico e istituzionale in cui si è infilato il Palazzo.

L’Italia che è uscita dalle ultime elezioni del 4 marzo è politicamente divisa in tre poli ma, sul piano geografico, è spaccata in due lungo il confine che coincide con la linea Gustav. Mi riferisco a quel confine che, durante uno dei momenti più tragici della Seconda guerra mondiale, fratturò il nostro Paese in due attraverso la linea tedesca che da Gaeta passava per Cassino e saliva fino a Pescara. È lo stesso confine che ritroviamo oggi guardando la mappa del voto politico di due mesi fa. A sud il Movimento 5 Stelle, al nord la Lega e la coalizione di centrodestra, con qualche sprazzo di presenza del Partito Democratico nel centro Italia. Anche se, stavolta, la separazione non è tra l’Italia liberata dagli alleati angloamericani e quella sotto il dominio nazista e repubblichino, ma tra distruttori e costruttori, tra la legge della giungla e la legge universale degli uomini.

La fotografia che emerge oggi sembra quella di un Paese che ha perduto il senso di un destino comune, di una comunità di destino. Oggi come allora. La frattura, perciò, anche questa volta, non è soltanto geografica, ma soprattutto sociale, economica, civile. E ciascuna forza politica, a cominciare dal M5S, sembra chiusa nei propri egoismi, nelle proprie rivendicazioni, nei distinguo e nei veti reciproci. Lo stallo è drammatico. Sembra che l’unica urgenza sia, per il sistema dominato ormai dai pentastellati, quello di sopravvivere al tracollo del Vecchio Regime occupando il Potere invece che governare. Intorno, si vedono ovunque macerie immateriali, che colpiscono la democrazia liberale, le istituzioni, le coscienze, i sogni, la nostra stessa Carta costituzionale. È in via di distruzione anche il nostro tessuto sociale. La sfiducia dilaga.

Come uscire da un tale stallo?

L’ho scritto e detto in tempi non sospetti, con quella idea politica che ho definito “la sfera sul piano”, di cui esiste anche un video sul web. Le due possibili vie d’uscita sono diverse, sul piano formale, ma hanno entrambe uno stesso punto in comune. E tiene conto sia di quanto hanno detto i Cinque stelle sia le parole di Matteo Renzi, del ministro Carlo Calenda e del centrodestra.

Nel primo caso, il superamento dello stallo passa attraverso un governo di minoranza, ovviamente formato dal centrodestra, che ha avuto la maggioranza relativa dei suffragi nelle ultime consultazioni politiche. Ed è la soluzione proposta da Silvio Berlusconi e da Forza Italia.

L’altra possibilità è un governo politico, ma con tutte le forze ad assumersi una piena responsabilità e inserendo gli esponenti di ciascun partito dentro l’esecutivo, a cominciare dai leader. È necessario che ciascuno di assuma le proprie responsabilità in modo diretto. Come fecero Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti e Pietro Nenni nel 1946 con un governo post-bellico e di transizione verso una Democrazia liberale e la Repubblica italiana.

Nel frattempo, però, una tale collaborazione deve permettere che si avvii subito una fase costituente che elegga, fuori dalle due Camere del Parlamento, una nuova Assemblea costituente che venga votata dagli elettori, separatamente dagli attuali equilibri di forza o di debolezza interni al Palazzo, e che sia composta da figure di riferimento delle diverse anime e culture politiche, ma senza ricorrere agli attuali onorevoli o senatori. Personalità di prestigio e di elevata qualità politica. La collaborazione in Parlamento, come accadde nel 1946, può rimanere operante durante i lavori dell’Assemblea costituente e quindi, così agendo, può condurci verso quella Seconda Repubblica che ancora non c’è. Insomma, questa fase di stallo può essere risolta con la sfera sul piano, come sto cercando di suggerire da mesi e mesi. Ne riparleremo presto e in modo più approfondito.

 

 

Aggiornato il 30 aprile 2018 alle ore 19:05