Un clima politico costituente

L’istinto produce riflessi, l’intuito produce riflessioni. Due anni fa, ad esempio, proprio dalle colonne del nostro giornale, a partire da questo quotidiano, c’è stata un’intuizione che, però, purtroppo, si è scontrata con gli istinti della partitocrazia. Mi riferisco agli istinti famelici, spartitori, bulimici, di occupazione delle libertà e della giustizia. Mi riferisco agli impulsi egoistici, bestiali e senza cuore né pensiero tipici della partitocrazia, come amava chiamarla Marco Pannella. Le conseguenze e i danni di questi due anni sono sotto i nostri occhi. Credo che la politica italiana possa trasformarsi soltanto se saprà essere più intuitiva e meno istintiva. Ecco perché oggi, dopo aver visto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella salire la scalinata che conduce all’Altare della Patria, il sottoscritto – seppur con qualche giorno di ritardo – prova a restituire, con un semplice articolo, l’indescrivibile emozione civile provata, e scrivo: Buon 25 Aprile a tutti!

Perché ora, finalmente, con quello che abbiamo vissuto e che stiamo vivendo in queste settimane, tale data dovrebbe essere sentita, almeno quest’anno o, meglio, almeno a partire da oggi, a partire da quest’anno, dovrebbe vivere in noi come una ricorrenza capace di smuovere un sentimento comune a tutti i cittadini italiani, di unità e di coesione, contro ogni oscurantismo, dittatura, autoritarismo. Come il sentimento che io stesso ho provato guardando in tivù il capo dello Stato rendere omaggio al Milite Ignoto e alla Liberazione del 25 Aprile 1945. Insomma, è come se il presidente Mattarella avesse voluto dire, senza pronunciare nemmeno una parola, ma attraverso quel suo meraviglioso gesto, racchiuso in un’atmosfera anomala e aperto all’intera nazione, il seguente messaggio agli Italiani: non più l’uno contro l’altro, ma l’uno per l’altro, in un’ottica d’interdipendenza, dialogo e contraddittorio. Nel rispetto. Con un sentire comune. Insieme. Questo è ciò che ho percepito e avvertito dentro di me vedendo quella scena allo stesso tempo straziante e carica di speranza, di fiducia, di sentimento, di unità e di unicità. A tal proposito, proprio il giorno prima, venerdì 24 Aprile 2020, sul Corriere della Sera, è stato pubblicato un interessante articolo di Francesco Verderami dal titolo: “Lo smarcamento di Berlusconi da Salvini e Meloni. Così si è ripreso lo spazio”.

Scrive nel suo pezzo il giornalista del Corriere della sera: “A guardare i fogli scarabocchiati di Berlusconi, così pieni di frecce, si intuisce quanto sia intricato il gioco. E in quel gioco c’è anche la Lega”. Si riprende l’idea a cui ho fatto riferimento sopra, in apertura dell’articolo, e si rilancia l’ipotesi che qualcosa si stia muovendo in tale direzione. Insomma, Verderami racconta il dietro le quinte e la cronaca politica dell’ultima settimana e io ritrovo, nelle sue parole e nel suo racconto, il seme della mia proposta avanzata due anni fa proprio da qui, in tempi non sospetti, da queste stesse pagine. Infatti, l’articolo parla di un possibile Governo guidato da Mario Draghi. E il pensiero va subito a quel mio pezzo del 2018, apparso proprio sul quotidiano L’Opinione del 2 maggio di due anni fa, dal titolo “Una proposta per uscire da guano”, in cui proponevo una soluzione politica che rispondesse, in modo serio e appropriato, alla crisi e alla confusione scaturita dal risultato elettorale delle ultime consultazioni politiche, in cui tutte le forze partitiche e movimentiste risultarono vincenti, tutte, ma senza alcun vincitore. In gran parte a causa di una legge elettorale furbastra e complicatissima, il cosiddetto “Rosatellum 2”. Ma sorvoliamo per carità di Patria.

Nell’articolo a cui faccio riferimento, già nella primavera del 2018, si prospettava un Governo degasperiano, di ricostruzione, guidato da Mario Draghi e con dentro tutti i leader dei partiti disposti a sostenere una tale necessità di ricostruzione, come nel 1946/47, come accadde con Ugo La Malfa, Pietro Nenni, Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi, cioè con i Governi costituenti del Secondo Dopoguerra. Ora, forse, anche se con due anni di ritardo, qualcosa sembra muoversi nella direzione auspicata e, in tale contesto, Silvio Berlusconi pare abbia ripreso un po’ il ruolo del regista o, comunque, del principale costruttore dell’intera operazione di unità di intenti come risposta politica, non tecnica, non consociativa, non elettoralistica, alla crisi economica, sociale, sanitaria, culturale, imprenditoriale in corso. Serve un Governo politico di ricostruzione. Politico, non tecnico.

Parliamoci chiaramente, senza pregiudizi e senza ideologismi, senza ipocrisie e senza acrimònia: l’attuale presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, per come è nato il suo secondo governo, rappresenta una logica politica di scontro, di alternanza e di alternativa, ma senza alterità e senza unità. Finché ci sarà il presidente Conte a Palazzo Chigi non potrà mai esserci un clima unitario e coeso. Invece, l’Italia ha necessità proprio di ristabilire una coesione sociale, culturale e politica.

Insomma, sul piano istituzionale, quella di Conte è una figura che si è imposta dividendo il Parlamento italiano in due fronti e imbastendo – fin dall’Agosto scorso, cioè dalla nascita del suo secondo governo – un inevitabile duello, un vero e proprio scontro, con Matteo Salvini e la Lega e, quindi, non può essere Conte l’artefice di un clima nazionale sinergico, cooperativo, resiliente, unificante e di ritrovata comunione di intenti tra le forze politiche italiane. Non può esserlo per la natura stessa del suo governo e per il ruolo che, fin dalla crisi del mese di Agosto 2019, Conte ha deciso di assumere e di interpretare. Mentre, in quel frangente, continuavo a proporre, purtroppo inascoltato dalla partitocrazia, un Governo Draghi con al proprio interno tutte le forze che avrebbero voluto esserci e come ministri i leader politici di oggi: Antonio Tajani, Matteo Salvini, Luigi Di Maio, Enrico Letta, Emma Bonino, Matteo Renzi e tutti quelli che ci stanno. Giuseppe Conte, insomma, è un primo ministro troppo divisivo, inviso a tutto il centrodestra e inaccettabile come Presidente del Consiglio sia per Salvini che per la Meloni, ma anche per Silvio Berlusconi e Forza Italia. In altre parole, finché ci sarà Conte come premier, nessun Governo costituente, unificante, liberale, degasperiano e di ricostruzione sarà possibile.

Allora, la domanda che rivolgo è questa: a che serve avere tutte le chiavi in mano, in un mondo senza porte? La mia risposta è: costruiamo le porte. Infatti, ormai, in tale contesto, l’attuale capo del Governo è divenuto un ostacolo sulla via della ricostruzione. Prima verrà rimosso e prima ci sarà il clima costituente di cui parlo da due anni. Dal 3 Maggio in poi, in altre parole, ogni giorno che passerà con questo vecchio schema di parte e di partito, che si è creato intorno alla figura politico–istituzionale dell’attuale primo ministro, sarà un giorno perso per l’Italia. Più tempo ancora avremo l’avvocato Giuseppe Conte a Palazzo Chigi e più ritarderemo la fase di ripartenza e di ricostruzione. Non è la persona giusta per la cosiddetta Fase 2 dell’emergenza sul coronavirus. Conte è un premier che rende gli animi inevitabilmente astiosi perché sono esacerbati. Non va bene. Sul piano politico, per la fantomatica seconda fase, sarebbe la persona sbagliata al posto sbagliato. Per una questione politica evidente, per il difetto originario, cioè per come è nato e per come si è connotato l’attuale governo attraverso questa maggioranza Pd-cinque Stelle. Serve un Governo Draghi con tutti i leader politici dentro come ministri. Lo ripeto. E concludo.

Quello della fine della funzione nobile dei partiti è il male più pericoloso del nostro tempo. Occorre riscrivere l’abbecedario della Politica, formulare un nuovo Dizionario della Politica italiana: individuare e coltivare un campo “altro”. Serve un Governo di ricostruzione come quello proposto, in tempi non sospetti, ben due anni fa, dalle colonne del quotidiano L’Opinione, serve un’Assemblea costituente eletta dai cittadini e in cui non vi siano esponenti del Governo o del Parlamento, ma personalità autorevoli, di spessore, preparate, come espresso nell’articolo del 10 Aprile scorso e intitolato “Una soluzione politica possibile”, che ha riscosso molti apprezzamenti e plausi. Anche sul web. A tal proposito, ad esempio, tra i nuovi padri costituenti mi piacerebbe che ci fosse il direttore Arturo Diaconale e lo scrivo senza piaggeria, semplicemente perché lo penso. Perché lo merita. Grazie al presidente Sergio Mattarella, dunque, per averci regalato una grande emozione per il 25 Aprile, Festa della Liberazione. Una Festa per tutti gli italiani. Da oggi, a cominciare da questa data, può finalmente ripartire una visione democratica, liberale, riformatrice, innovativa e culturale dell’Italia e dell’Europa, per gli Stati Uniti d’Europa. Per un nuovo umanesimo. Per la libertà.

Aggiornato il 27 aprile 2020 alle ore 14:00