Stiamo a carissimo amico

Vivono in un mondo parallelo. Non c’è altra spiegazione alla caotica inconsistenza del sinedrio politico. Da bravi crapuloni non sono minimamente avvezzi alle cose serie e provano un senso di repulsione quasi istintivo ad applicarsi e studiare.

In compenso, quando si tratta del futile, sono in prima fila a fare vacui elenchi di ciò che si dovrebbe fare. Ciò nonostante te li devi sorbire quotidianamente in tv a parlare dell’ovvio: “Si dovrebbe puntare sul rilancio, sull’occupazione, sugli aiuti alle famiglie”, dicono tutti strappandoti un sonoro grazie al piffero. Dopo aver ascoltato questi peti d’artificio, superato il momento di fastidio, capisci che il mondo politico è divenuto pian piano il terreno fertile per chi abbina ai grossi limiti cognitivi una naturale propensione a non saper fare fieramente una mazza. Poi vedi il professor Enrico Letta ruttare di accordi con Silvio Berlusconi per spaccare il centrodestra, di Ong e di Ius soli in un momento così disperato e capisci che il cortocircuito deve essere ben più diffuso e che esso interessa almeno anche il mondo accademico.

Assistiamo quotidianamente a dibattiti deprimenti come quello sulle cosiddette riaperture, un pappone indigesto che vede una spaccatura tra aperturisti e rigoristi, tra insufflatori sul dramma delle Partite Iva e rappresentanti di un mondo di cosiddetti garantiti che vengono macchiettisticamente descritti come a proprio agio in ciabatte e vestaglia. Proviamo anche un certo imbarazzo nel dover spiegare l’ovvio, ma l’insipienza della classe dirigente lo rende oltremodo necessario. E allora facciamolo: non scopriamo l’acqua calda se diciamo che si riparte quando ci si vaccina e che prima ci si vaccina e prima si riparte. Però è evidente che il filo conduttore che lega Mario Draghi a Giuseppe Conte risiede in una gestione fallimentare della campagna vaccinale. Ma su questo punto ovviamente c’è un silenzio interessato e si preferiscono polemiche di lana caprina. In fin dei conti l’esempio inglese è la prova provata del fatto che le aperture seguono di pari passo l’andamento dei vaccini.

L’Inghilterra del tanto vituperato Boris Johnson – quello preso in giro per mesi dai fighetti progressisti – ha iniziato una campagna di vaccinazione come se non ci fosse un domani, produce il vaccino in casa, ha scelto gli interlocutori giusti e adesso – avendo una situazione più gestibile – può permettersi di avere un barlume di normalità. Noi, quelli belli pettinati e filoeuropeisti che davamo la perfida Albione per morta in seguito alle Brexit, abbiamo sbagliato tutto, non riceviamo i vaccini, non li produciamo, abbiamo una forza contrattuale inferiore a San Marino (che con lo Sputnik ha fatto bingo) e procediamo in ordine sparso fingendo di essere un monolite.

Ancora una volta l’Europa ha fatto una figura pessima: quando marcia unita non cava un ragno dal buco e puntualmente detta regole (anche sui vaccini) che valgono per tutti fatta eccezione per i soliti tedeschi e compari vari. Facile liquidare i cosiddetti sovranisti come balordi antieuropeisti: questa Europa così com’è fa schifo con buona pace dei politically correct che si ostinano a reggere il moccolo a un carrozzone – nella migliore delle ipotesi – inutile. Inutile tanto quanto il sistema delle autonomie regionali, espressione di quel federalismo tanto in voga nei passati decenni, che alla prova dei fatti ha fallito miseramente.

Aggiornato il 16 aprile 2021 alle ore 15:41