La Via del Virus

I lunghi mesi di restrizioni hanno annebbiato i ricordi a molti di noi. Era febbraio del 2020 quando Sergio Mattarella riceveva l’ambasciatore cinese per esprimergli solidarietà per le accuse che, da più parti, venivano lanciate contro la Cina per aver diffuso il virus. Xi Jinping e il capo dello Stato si promettevano reciproca solidarietà e amicizia.

Era l’epoca dell’onnipresente virologo che giurava dai salotti televisivi che, tanto, il Covid-19 in Italia non circolava (“Capito? Non circola”). Nicola Zingaretti invitava a condividere spritz e abbracci con i cittadini cinesi nelle nostre città. Più tardi avremmo imparato a salutarci con il pugno chiuso al posto della stretta di mano. Sarebbe diventato un simbolo anche quello.

Di lì a poco l’epidemia sarebbe esplosa a partire dai focolai del Nord. Altro film, stessi tribuni dagli schermi tv. Il medesimo virologo – sempre sicuro, fin dalla prima ora, del salto di specie del Covid-19 – avrebbe iniziato a indossare la casacca (o l’eskimo) del talebano del lockdown.

Chissà se nei prossimi giorni l’ambasciatore di Xi Jinping in Italia vorrà ricambiare la cortesia dopo che il proprio Governo, sbugiardato dall’intelligence sanitaria americana (mica dall’Oms) ha dovuto ammettere le proprie responsabilità, bisbigliare stupito cordoglio e promettere punizioni esemplari. Di qualche disgraziato capro espiatorio, ça va sans dire. Nelle crisi gravi la colpa è sempre dell’addetto alle fotocopie o del funzionario appena passato a miglior vita. Così, tanto per evitare il contraddittorio.

Dal nostro lato dovremmo attenderci titoloni e articoli a quattro colonne in prima pagina su ogni quotidiano e servizi televisivi a reti unificate. Anche per dovuta, seppur tardiva, riparazione della gogna riservata ai rari politici e scienziati che, da noi e all’estero, sostenevano che il virus fosse partito dallo sciagurato laboratorio di Wuhan. E non da qualche poco appetibile animaletto, macellato al “wet market” locale. Qualcosa di analogo non era già successo nel 1977?

Invece non succederà nulla di tutto questo. E di citare per danni – in qualche assise internazionale – il Governo cinese… state sicuri: non se ne parlerà proprio. E se vorrete incavolarvi, fatelo a bassa voce. Meglio: in “smart silence”. Altrimenti il nostro vispo presidente sarà nuovamente costretto a invitare il rappresentante diplomatico del regime di Pechino per offrire le proprie scuse e scambiare voti di sincera amicizia.

Aggiornato il 22 luglio 2021 alle ore 16:46